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Cibo, da Cracco e Covatta i consigli per una ‘cucina etica’

[caption id="attachment_252908" align="alignleft" width="360"] GIOBBE COVATTA ATTORE[/caption] ROMA - "Si deve dare valore non solo

Pubblicato:12-10-2018 12:35
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:40
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GIOBBE COVATTA ATTORE

ROMA – “Si deve dare valore non solo alla qualità ma anche a chi ha creato il prodotto, alle condizioni in cui vive e al modo in cui coltiva”. Così Carlo Cracco, noto chef che di recente ha aderito a ‘Recipes for change’, (in italiano Ricette per il cambiamento) campagna del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad) per recuperare ricette antiche e con ingredienti in via d’estinzione a causa dei cambiamenti climatici.

Cracco è tra gli esperti che oggi in Farnesina hanno partecipato al seminario ‘Il valore della tradizione: sapere innovare senza sprecare. Le produzioni locali per promuovere la salute, la salvaguardia dell’ambiente, lo sviluppo sostenibile’, in vista della Giornata mondiale dell’alimentazione.

“Con Ifad – ha detto lo chef – abbiamo viaggiato per trovare questi alimenti, convinti che se si perdono a soffrirne saranno il territorio, ma anche tradizioni e popolazioni”. In Marocco ad esempio l’avanzata del deserto costringe gli abitanti a spostarsi e abbandonare attività autoctone – di agricoltura e allevamento – tipiche e secolari. “Siamo andati in una regione in cui si sta abbandonando l’allevamento di una certa qualità di agnello, che si ciba di una pianta locale, e con cui abbiamo preparato un piatto fantastico” dice Cracco.


CARLO CRACCO CHEF

“Lo stesso è accaduto con una qualità di tartufo”. Sempre in Marocco, ricorda lo chef, “una famiglia che ci ha invitato a prendere il tè usava 6-7 zollette di zucchero a tazza”. Un’abitudine scorretta che si è inserita in un contesto culturale già colpito da diversi problemi economici.

“Il ministro Salvini ha ragione a dire che i migranti vengono da noi ma mangiano il tartufo”, scherza il comico Giobbe Covatta, da anni impegnato contro la fame nel mondo. Per Covatta bisogna partire “dall’informare la gente comune sulle ricette tradizionali” più sane e ecosostenibili, oggi scalzate anche dalle difficoltà economiche o dalla mancanza di tempo delle famiglie.

“La fame nel mondo si risolve con la solidarietà – più complessa della beneficenza – ma anche con le nostre abitudini quotidiane” dice Covatta: “A casa mia un piatto si butta solo alla quinta volta che cambia colore, altrimenti torna a tavola. Ogni giorno 30mila persone muoiono nel mondo, è una questione etica”.

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