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Non solo calamite e spillette, a Bologna una mostra per andare ‘oltre’ l’onda di Hokusai

L'esposizione è al Museo Civico archeologico dal 12 ottobre al 3 marzo

Pubblicato:12-10-2018 09:26
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:40

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BOLOGNA – L’onda di Hokusai e quella di Hiroshige arrivano, con tutta la loro potenza iconica, a Bologna. E se quell’immagine del maestro giapponese Hokusai è ormai diventata più che pop, dopo essere stata usata da Nick Mason dei Pink Floyd sulla sua batteria, da Google come doodle per il compleanno del suo autore (il 26 gennaio) e persino dal nostrano Jovanotti come sfondo per un suo show, la mostra ha in serbo molte altre opere ukiyoe. Cioè le xilografie che, a partire proprio da Katsushika Hokusai (1760-1849) Utagawa Hiroshige (1797-1858), fecero diventare quest’arte alla portata di tutti, con la stampe vendute persino dei mercati delle città.

L’onda, come La veduta rossa del Monte Fuji, però, sono state usate così tanto da aver oscurato agli occhi dei più buona parte della fiorentissima produzione di Hokusai. Non tutta, ma molta di essa, assieme a quella di Hiroshige, viene appunto ripercorsa, a Bologna al Museo Civico archeologico, dal 12 ottobre al 3 marzo con la mostra “Hokusai Horoshige – Oltre l’onda‘ a cura di Rossella Menegazzo con Sarah E. Thompson.





Con 250 stampe su legno di ciliegio provenienti dal Museum of Fine Arts di Boston e divise in sei sezioni tematiche riconoscibili dai colori delle stanze. Ogni stanza è punteggiata dalle stampe di piccole dimensioni che rappresentano villaggi, vedute, giardini, pioggia, mare, laghi, pesci, personaggi con molteplici sfumature di colore. E’ proprio Menegazzo, nel presentare l’esposizione, a dire che l’onda è stata usata per ogni tipo di gadget e che con questa selezione di opere “si vogliono sfatare alcuni stereotipi del Giappone”.

Persino i colori delle sette sezioni non sono causali, “sono un viaggio” attraverso di Giappone di quei tempi, i suoi usi, i gusti. C’è chiaramente il Fuji visto da tante regioni e ammirato dai viaggiatori, che erano feudatari che si muovevano per giorni, per imposizione dell’impero. Quelle opere, poi, “rappresentano il sunto e l’apice Dall’Ukiyo”. Immagini che possono essere considerate delle “antenate delle cartoline“, anche per il fatto che potevano essere stampate più volte, prosegue Menegazzo. Alla fine dell’Ottocento, poi, cominciarono a diventare famose anche i Europa, influenzando gli artisti.

Nella prima sezione della mostra c’è soprattutto lui, Hokusai. Poi ‘mischiato’ a Hiroshige, per mettere a confronto i due artisti. Alle loro due Onde, messe una accanto all’altra è dedicata una stanza. Nella seconda sezione si trovano le immagini di viaggio con Tokaido e Kisokaido, nella terza i fiori, gli uccelli e i pesci, mentre nella quarta ci sono le xilografie a tema comico e ironico. Passando alla quinta sezione, si possono ammirare le vedute di luoghi lontani e infine la sesta mostra stampe della capitale orientale. Insomma, una serie di panorami tradizionali, che forse non esistono più e che, però, affascinano ancora molto.


L’onda di Hokusai

L’onda di Hiroshige

Non è un caso, sottolinea il console generale aggiunto del Giappone, Makoto Tominaga, alla presentazione se l’interesse degli italiani per il Paese del sol levante è in crescita. Solo l’anno scorso sono stati 125.000 i visitatori che l’hanno scelto. Forse, aggiunge il console, anche per un fattore che “ci avvicina”: Ukiyo-e significa sì “immagini dal mondo fluttuante”, ma quella stessa parola può essere tradotta anche come “malinconico”, di una malinconia suscitata da ciò che non c’è più. E “come sapete, il Giappone è un paese vulnerabile alle calamità, come l’Italia”.

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