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Famiglia, Towandadem a Governo: “Fermare norma su affido condiviso”

La nuova proposta di legge potrebbe creare problemi alle madri e anche ai figli

Pubblicato:12-09-2018 13:41
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:32

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ROMA – Ritirare la proposta di legge sull’affido condiviso. E’ la richiesta che TowandaDem, l’associazione di oltre 1000 donne impegnate nelle istituzioni e nella rifondazione del Partito Democratico, invia per lettera alle donne del governo e della maggioranza M5s-Lega. “Vi chiediamo di impegnarvi insieme a noi e a tante altre associazioni che vi stanno scrivendo, per il ritiro della proposta di legge del Senatore Pillon su “Nuove norme in materia di affido condiviso” incardinata in Commissione Giustizia. E’ una legge che stravolge il diritto di famiglia vigente del nostro Paese, riconosciuto tra le legislazioni più avanzate in Europa, frutto delle lotte di emancipazione delle donne”, scrivono nella missiva inviata a ministre, sottosegretarie e parlamentari.

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Secondo Towandadem, inoltre, la pdl Pillon “mina alla base lo sviluppo armonico di bambine e bambini figli di coppie separate, costringendoli a vivere scissi in tempi paritetici tra genitori, tra due domicili e due vite in cui c’è ciò che compera direttamente papà e ciò che compera direttamente mamma. Abolito l’assegno di mantenimento, stabilito dal giudice dopo aver valutato la situazione economica di entrambi i coniugi, toccherà a loro tenere la contabilità dei bisogni? Aggrava i costi della separazione inserendo obbligatoriamente la figura del “mediatore familiare”, che è a carico di chi si separa”.


Ma non è tutto per chi non lavora. L’art. 11 del progetto di legge, spiegano le iscritte a Towandadem, “prevede che chi non ha la possibilità di ospitare il figlio in spazi adeguati non ha il diritto di tenerlo con sé secondo tempi “paritetici”. Dunque, il genitore più povero rischia di perdere anche la possibilità di vedere il figlio. Se la casa viene, in via del tutto eccezionale, assegnata a uno dei due genitori, costui deve versare all’altro un’indennità di occupazione che, però, sarà soggetta a tassazione, essendoci un passaggio di denaro. In buona sostanza si rischia che per questioni economiche siano sempre meno quelli che potranno separarsi, mentre aumenterà il numero di figli costretti a vivere con due genitori che si odiano. E soprattutto, ci chiediamo, come faranno le donne del mezzogiorno d’Italia, visto che solo 3 su 10 hanno un’occupazione? Anche in caso di violenza domestica, continueranno a subire, poiché prive di qualsiasi sostegno per uscirne”.

La proposta riconosce in una legge dello Stato “la PAS, ovvero la sindrome di alienazione parentale, un “costrutto psichiatrico” introdotto da Richard Gardner che, nonostante ne sia stata decretata l’infondatezza scientifica a livello internazionale, in Italia ancora oggi, tende ad essere utilizzata contro le donne. E in questo caso le norme della legge Pillon fanno carne da macello dei diritti delle bambine e dei bambini e del loro diritto ad essere ascoltati. In caso di PAS infatti possono essere posti dal giudice in una casa famiglia in attesa che “il mediatore familiare” ricostruisca il loro rapporto con il padre“.

Nella lettera alle donne del governo e della maggioranza, Towandadem aggiunge: “Infine vogliamo dire ‘basta’ alla retorica sui padri separati, che nella narrazione pubblica sono le uniche vittime e in stato di povertà. Nella separazione è tutto il nucleo familiare che si impoverisce purtroppo. Ma come sempre le donne molto spesso “non dicono”, non denunciano la violenza economica e psicologica che subiscono nella separazione.

Nel 2015 l’Istat ci dice che le separazioni con figli in affido condiviso sono state circa l’89% di tutte le separazioni con affido. Soltanto l’8,9% dei figli è affidato esclusivamente alla madre. Chi ha intrapreso le vie legali ha scelto un procedimento consensuale nella maggior parte dei casi (82,4%). Secondo l’indagine EU-Silc pubblicata nel 2011, le donne separate, divorziate o riconiugate a rischio di povertà sono il 24% rispetto al 15,3% degli uomini nella stessa condizione e rispetto alle altre donne (19,2%). Le percentuali più elevate di donne a rischio di povertà si trovano tra le single (28,7%) e tra le madri sole (24,9%). Ce lo dicono i dati raccolti dalle avvocate dell’UDI e dagli uffici di statistica dei Comuni. Dopo la separazione, a veder peggiorare la propria condizione economica sono soprattutto le donne (il 50,9% contro il 40,1%), chi al momento dello scioglimento non aveva un’occupazione a tempo pieno (54,7%) e chi aveva figli (52,9%). Nonché solo un quarto degli uomini versa regolarmente denaro per l’ex moglie o per i figli. Quasi il 30% delle donne non ha ricevuto il contributo per il mantenimento“.

Di queste, sottolineano, “il 41.6% non lo ha ricevuto perché ha perso i contatti con l’ex partner, il 22,2% ha richiesto denaro ma non le è stato riconosciuto perché l’ex marito non poteva permetterselo, il 16%, sebbene avesse ottenuto il riconoscimento di una determinata somma di denaro, di fatto non ha mai ricevuto nulla. Il 46,1% delle donne che avrebbero dovuto ricevere denaro dall’ex partner e non lo hanno avuto perché questi si è rifiutato di pagarlo o ha pagato meno del pattuito, ha intrapreso un’azione legale per ottenere quanto dovuto”. Per tutte queste ragioni, concludono le aderenti a Towandadem, “vi chiediamo, come già accaduto per altre storiche battaglie delle donne, di unirvi a noi in una trasversale richiesta rivolta ai firmatari della proposta di legge. Per la dignità, i diritti e le prospettive delle famiglie, delle donne separate e dei tantissimi bambini e adolescenti ‘fermateli'”.

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