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Atletica, la rivelazione del campionissimo Mo Farah: “Sono un immigrato irregolare e il mio nome è un altro”

Il due volte oro olimpico nei 5.000 e 10.000 metri racconta per la prima volta la sua storia: non è arrivato nel Regno Unito dalla Somalia come rifugiato, ma dal Gibuti con documenti falsi

Pubblicato:12-07-2022 09:32
Ultimo aggiornamento:12-07-2022 09:32

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(Foto dal profilo Instagram di Mo Farah)

ROMA – Mo Farah non è il vero nome del campione olimpico dei 5.000 e 10.000 metri alle Olimpiadi di Londra 2012 e Rio de Janeiro 2016, il sei volte campione mondiale, il detentore del record mondiale dell’ora e del record europeo dei 10.000. Di Sir Mo Farah è vero solo il “sir”. Uno dei più forti mezzofondisti della storia è stato portato nel Regno Unito illegalmente da bambino e costretto a lavorare come domestico. Lo ha rivelato lui stesso in un documentario della Bbc.

LA VERA STORIA DI MO FARAH

Il nome di Mohamed Farah gli è stato dato da coloro che lo hanno introdotto in Inghilterra dal Gibuti. Il suo vero nome è Hussein Abdi Kahin. È stato trasportato in aereo dal Paese dell’Africa orientale all’età di nove anni da una donna che non aveva mai incontrato e poi costretto a prendersi cura dei figli di un’altra famiglia. È la prima volta che il campione confessa la sua vera storia. Aveva sempre raccontato di essere arrivato nel Regno Unito dalla Somalia con i suoi genitori, come rifugiato. Ma alla Bbc ammette che sua madre e due fratelli vivono ancora nella loro fattoria di famiglia nello stato separatista del Somaliland, che ha dichiarato l’indipendenza nel 1991 ma non è riconosciuto a livello internazionale. Suo padre, Abdi, è stato ucciso da colpi vaganti quando aveva quattro anni, durante la guerra civile in Somalia.


A circa otto o nove anni è stato portato via da casa per stare con la famiglia nel Gibuti. In Inghilterra è stato portato da una donna che non aveva mai incontrato e con cui non era imparentato. Gli avevano detto che sarebbe andato in Europa per vivere lì con i parenti: “Non ero mai stato su un aereo prima, ero eccitato”. Aveva con sé documenti di viaggio falsi che mostravano la sua foto accanto al nome “Mohamed Farah”. La leggenda dell’atletica è nata così.

L’ARRIVO TRAUMATICO IN INGHILTERRA

Quando sono arrivati nel Regno Unito, la donna lo ha portato nel suo appartamento a Hounslow, a ovest di Londra, e ha strappato il pezzo di carta con i contatti dei suoi parenti: “Proprio davanti a me, l’ha strappato e messo nel cestino. In quel momento ho capito di essere nei guai”, dice Farah alla Bbc. È stato costretto a fare i lavori domestici per sfamarsi. La donna lo minaccia: “Se mai vuoi rivedere la tua famiglia, non dire niente”. “Spesso mi chiudevo in bagno e piangevo“, dice.

IL RUOLO DELL’INSEGNANTE DI EDUCAZIONE FISICA

Per i primi anni non gli hanno permesso di andare a scuola, poi a 12 anni si è iscritto al settimo anno al Feltham Community College. La sua vecchia tutor, Sarah Rennie, racconta alla Bbc che era “trascurato”, che parlava pochissimo inglese ed era un bambino “emotivamente e culturalmente alienato”. L’insegnante di educazione fisica, Alan Watkinson, lo nota quando lo vede correre in pista: “L’unica lingua che sembrava capire era la lingua dell’educazione fisica e dello sport”. “L’unica cosa che potevo fare per allontanarmi da questa situazione era uscire e correre“, si sfoga lui.

L’insegnante di educazione fisica contatta i servizi sociali e lo aiuta ad essere affidato a un’altra famiglia somala. “Da quel momento tutto è migliorato. Mi sentivo come se molte cose mi fossero state tolte dalle spalle. È allora che è uscito fuori Mo, il vero Mo“. A 14 anni viene invitato a gareggiare per le scuole inglesi in una gara in Lettonia, ma non ha alcun documento di viaggio. Il signor Watkinson lo aiuta a richiedere la cittadinanza britannica con il nome di Mohamed Farah. Gli viene concessa nel luglio del 2000. Nel documentario, l’avvocato Alan Briddock dice a Sir Mo che la sua nazionalità è stata tecnicamente “ottenuta con una frode”. Legalmente, il governo potrebbe ritirargli la nazionalità britannica. Nel suo caso è un rischio quasi inesistente.

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