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Africa, Menta (Gruppo Ferrero): “Ma quant’è buono il cacao sociale”

L'impegno del gruppo Ferrero per promuovere lo sviluppo delle comunità e delle economie locali

Pubblicato:12-06-2018 15:34
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:15

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Roberto Menta

ROMA – “Imprese sociali”, che reinvestano parte del fatturato per promuovere lo sviluppo in Paesi poveri ed emergenti: è l’impegno, spiega all’agenzia ‘Dire’ Roberto Menta, dirigente di Ferrero, che il gruppo italiano sta portando avanti dal Sudafrica al Camerun. Secondo Menta, “a sud del Sahara ormai da tempo Ferrero è impegnata a reinvestire annualmente parte del fatturato, non del profitto, per promuovere lo sviluppo delle comunità e delle economie locali”. L’obiettivo sarebbe creare posti di lavoro nelle aree sfavorite, anche indipendentemente da risultati di bilancio positivi. In quest’ottica Ferrero si muoverebbe in Sudafrica, a Walkerville dal 2006, e a Baramati, nello Stato indiano del Maharashtra, dal 2007. C’è poi l’impianto di Yaoundé, operativo dal 2005, pronto a diventare punto di forza anche in un’ottica di sostenibilità.

“In Camerun stiamo trasferendo know-how e collaborando con la popolazione per migliorare le tecnologie produttive” sottolinea Menta. “L’obiettivo è far sì che lo standard qualitativo del cacao locale raggiunga i massimi livelli internazionali ed entri a tutto diritto, con vantaggio economico, nel mercato internazionale”. L’intervista si tiene a Roma, a margine di un incontro intitolato ‘Focus on Africa. Sicurezza alimentare, tutela ambientale e sviluppo sostenibile: nuove prospettive per le istituzioni e le imprese italiane’.

Secondo Menta, direttore nutrizione e sostenibilità di Soremartec, la società del gruppo Ferrero che si occupa di innovazione e ricerca, la condivisione di competenze deve riguardare anche il cibo e la salute. “Qualche giorno fa a livello di Federazione internazionale di Food & Beverage ho partecipato a un workshop nel quale insieme con l’Organizzazione mondiale della sanità e la Fao abbiamo discusso di una nuova iniziativa che sta partendo” spiega il dirigente di Ferrero: “L’idea è trasferire competenze in una chiave di sicurezza alimentare, in particolare per la riduzione degli acidi grassi idrogenati, pericolosi per la salute”.


Il cammino prevede più tappe, secondo Menta: “Le aziende metteranno a disposizione il loro know-how, che sarà portato in due ‘country test‘; poi faremo in modo che il trasferimento aumenti le competenze locali e che allo stesso tempo siano assunti tutti quegli elementi che i Paesi africani ed emergenti possono offrire per migliorare il nostro approccio culturale al business”.

D’AGATA (CONFINDUSTRIA): AIUTIAMOLA A PRODURRE IN LOCO

Aiutare l’Africa a trasformare in loco le materie prime, consentendole di produrre sul posto ciò che oggi importa: è questo, secondo Pier Luigi D’Agata, direttore di Confindustria Assafrica & Mediterraneo, il contributo che l’Italia e le sue imprese possono dare al continente. Il dirigente è intervenuto a Roma all’incontro ‘Focus on Africa’ su sicurezza alimentare, tutela ambientale e sviluppo sostenibile.

“Siamo il secondo Paese manifatturiero d’Europa – ha detto D’Agata – e possiamo aiutare l’Africa a trasformare le sue materie prime e a produrre in loco quello che importa”. Secondo il direttore, le dinamiche subsahariane oggi sono dominate da alcuni “megatrend”. “Nel 2050 un terzo della popolazione mondiale sarà africana, con tanti giovani e necessità di consumi e lavoro” ha sottolineato D’Agata. “Poi c’è l’urbanizzazione, con il bisogno di infrastrutture e di gestione delle complessità del territorio, e infine l’emergere di una classe media che vuole nuovi prodotti e servizi”. E’ questo, secondo D’Agata, il contesto delle spinte per l’integrazione del continente.

“Con la decisione di creare una zona di libero scambio assunta a Kigali a maggio – ha sottolineato il direttore – si punta a costituire un blocco commerciale con un miliardo e 200 milioni di persone e un Pil di oltre 2500 miliardi di dollari”. Per uno sviluppo sostenibile, però, servirebbero anzitutto trasferimento di know-how e nuove opportunità di impiego.

Tra 33 anni bisognerà dare lavoro a un miliardo e 200 milioni di giovani” ha calcolato D’Agata. “Oggi l’età media delle popolazioni è di 19 anni e non è un caso che ad Abidjan l’ultimo vertice Ue-Africa sia stato dedicato ai giovani”. L’incontro di Roma, ospitato dall’associazione Civita, è organizzato da Confindustria Assafrica & Mediterraneo con l’Università Campus bio-medico di Roma e lo studio legale Pavia e Ansaldo.

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