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L’esperta di immigrazione: “A Cutro dna prelevato troppo tardi, 7 corpi senza nome”

Al festival Sabir di Trieste la denuncia arriva di Erminia Rizzi dell'Asgi: "Tardivo intervento delle autorità italiane"

Pubblicato:12-05-2023 18:25
Ultimo aggiornamento:13-05-2023 10:24

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ROMA – Dopo la strage di Cutro “le autorità italiane hanno prelevato con ritardo il Dna” sia dei corpi senza vita dei 95 migranti che il mare ha restituito, sia quello dei familiari giunti dai Paesi occidentali a riconoscere i loro cari, e così “almeno sette persone ancora non hanno un nome”. La denuncia all’agenzia Dire arriva da Erminia Rizzi dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), in riferimento al naufragio del febbraio scorso di un caicco partito della Turchia con a bordo oltre cento migranti, affondato in prossimità dalle coste calabresi. La vicenda di Cutro ha sollevato dubbi e accuse alle autorità e alla Guardia costiera italiana rispetto alla prontezza dei soccorsi.

ASGI: “VIOLAZIONI NEI CONFRONTI DEI MIGRANTI ANCHE DA DEFUNTI”

Ma per le associazioni come Asgi, le presunte violazioni non avrebbero colpito i migranti e i richiedenti asilo solo quando erano in vita, ma anche una volta deceduti. “I protocolli- dichiara Rizzi- sono responsabilità di questure, prefetture e polizia forense, e sono stati attivati in ritardo nonostante le varie istanze che subito Asgi ha presentato affinché si intervenisse nell’immediato”. Agire in seguito, conferma l’esperta, potrebbe rendere difficile o impossibile ricostruire l’identità della persona, dal momento che il Dna si degrada rapidamente. Inoltre “si è permesso che i familiari ripartissero senza prelevare il loro Dna e non è detto che tutti possano tornare di nuovo in Italia”. Si tratta dei parenti dei migranti già residenti in Canada, Regno Unito o Germania. Ma altri avevano le famiglie solo nei Paesi di origine come l’Afghanistan, da dove venire in Europa – anche per un breve soggiorno – non è pensabile. Rizzi aggiunge: “Non sono state neanche compilate le schede con i dettagli sul defunto, come ad esempio abbigliamento, eventuali segni visibili sul corpo e così via”, cioè dati che potrebbero facilitare il riconoscimento della persona in un secondo momento. Una situazione che secondo Rizzi “lede la dignità dell’individuo e va contro le leggi italiane” e che “purtroppo riscontriamo spesso”. L’esperta sottolinea: “Il naufragio di Cutro non è un’eccezione”. L’intervista si è tenuta a margine del panel ‘Morti ai confini: dalla mappatura alla mobilitazione per la verità e la giustizia’, organizzato a Trieste nell’ambito della IX edizione del Festival Sabir.


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