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Coronavirus e fase 2, la psicologa: “La disregolazione emotiva ha colto tutti”

Relazione care-giver: "I genitori possono lenire i momenti di angoscia del bambino aiutandolo a comprendere che un danno può essere riparato"

Pubblicato:12-05-2020 16:03
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:18

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ROMA – “Attacchi rabbiosi dei ragazzi verso i genitori, dei genitori tra loro o verso i ragazzi. L’aumento dei rituali per tenere a bada l’angoscia, l’alterazione dei ritmi di base, il disaccordo tra mondo interno emotivo e la nostra pensabilità”. Tutti esempi di disregolazione emotiva, osservabili in una fase in cui “sono saltati tanti paradigmi e idee che hanno tenuto in vita le nostre modalità di comportamento, tanto che ci ritroviamo ora nel pieno di una forte disregolazione, da cui è stata colta tutta la popolazione”.

REGOLAZIONE E DISREGOLAZIONE EMOTIVA

Spesso “non viene attribuita ai sentimenti e agli affetti la loro importanza, sia come ispiratori che supervisori e moderatori dell’impresa culturale. Si sottovalutano questi fattori, che poi sono il principale antidoto in quello scollamento che avviene tra teorie e processi di vita”. Esordisce così Madga Di Renzo, psicoterapeuta dell’età evolutiva e responsabile del servizio Terapie dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), che durante una diretta Facebook (CLICCA QUI PER VEDERE IL VIDEO) risponde alla domanda ‘Perché occorre occuparsi di disregolazione emotiva durante il Covid-19’, riprendendo il pensiero del famoso neuroscienziato Antonio Damasio.

La regolazione emotiva è un costrutto “che delinea un processo biologico che permette all’individuo di adattare le proprie risposte comportamentali in virtù della regolazione e della modulazione dei propri stati interni“, aggiunge Davide Trapolino, neuropsichiatra infantile dell’IdO.


Le emozioni, infatti, risultano “centrali”, non solo perché “vengono regolate ma perché al contempo svolgono una funzione di regolazione che solitamente si articola in due momenti”: una fase “primaria non verbale, a carico degli affetti”, e una fase “secondaria legata alla capacità di mentalizzazione, dunque più evoluta, che avviene successivamente”, continua l’esperto.

La regolazione delle emozioni rientra appieno tra gli argomenti della cosiddetta ‘Fase 2’, perché “si inserisce in un continuum in cui l’essere umano tenta alla nascita di regolare i propri stati interni per la sopravvivenza – illustra Trapolino – ritmo cardiaco, alimentazione, respiro e ritmo sonno-veglia”.

La regolazione è “sensoriale” quando “si è in grado di integrare la nostra sensorialità in dei percetti coerenti che organizzano la nostra mente e i nostri agiti”, e di conseguenza permettono di accedere alla regolazione “emotiva“. Questa, a sua volta, “permetterà l’acquisizione di quella attentiva fino ad arrivare alla regolazione comportamentale, che prelude all’acquisizione di una sorta di autoconsapevolezza che guiderà l’essere umano nel suo rapporto con il mondo”, ribadisce il neuropsichiatra.

I primi anni di vita perciò “risultano fondamentali per acquisire queste competenze”. Se il bambino è in grado di regolare i propri stati emotivi, infatti, “sarà un bambino che è resiliente, può recuperare quindi il suo equilibrio in virtù delle sue capacità di regolazione”.

Di pari passo con questo concetto va poi, a detta del medico, anche il concetto di “flessibilità, perché se si è flessibili e adattabili, il ruolo centrale che l’emozione detiene è quello della dignità più profonda, che questo sistema di regolazione deve avere ai nostri occhi”.

Dall’ottavo mese di vita, ad esempio, “la regolazione sensoriale è già andata avanti, ma ha inizio il legame di attaccamento, palcoscenico privilegiato per imparare a regolare le emozioni”.

Il punto su cui Trapolino intende insistere è “l’importanza della relazione, di un sistema bambino-care giver in cui c’è una continua rinegoziazione tra capacità di autoregolarsi da sé e capacità di eteroregolazione”.

I genitori possono svolgere quindi un ruolo in tutto questo, poiché “la mente del bambino viene co-costruita con l’adulto di riferimento – gli fa eco Di Renzo – L’adulto funziona da catalizzatore e mediatore nel rendere digeribile al bambino quell’esperienza che ancora non sarebbe in grado di affrontare da solo. Un nutrimento psico-cognitivo costante, che consente di dare al bambino ciò che è in grado di percepire”, perché, continua la psicoterapeuta dell’IdO, “se lo sovrastimolasse il bambino non sarebbe più in grado di regolarsi”.

“UN DANNO PUÒ ESSERE RIPARATO”

Il genitore può supportare dunque la regolazione emotiva dei bambini nel “lenire i momenti di angoscia inevitabile o la frustrazione del momento, incoraggiandolo e aiutandolo a comprendere che un danno può essere riparato, concetto fondamentale – statuisce Di Renzo – nelle traiettorie evolutive”, così come dal “punto di vista psichico e simbolico”.

Infine, occorre tenere a mente che è importante anche “comprendere i momenti di difficoltà, accettare determinate emozioni e aiutare” i più piccoli “a viverle, perché abbiamo spesso quest’abitudine non profondamente corretta – conclude l’esperta – di cercare di sdrammatizzare subito i momenti” che i bambini possono vivere come complessi.

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