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Somalia, la blogger Said: “L’Italia aiuti libertà e laicità. Su Silvia Romano solo ipotesi”

Secondo la cronista, autrice di recente di un reportage da Mogadiscio, è lecito ipotizzare un collegamento tra il rapimento e la politica estera di Roma

Pubblicato:12-04-2019 13:05
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:21

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ROMA – La collaborazione tra Italia e Somalia può e deve costituire un argine all’avanzata di forze islamiste che minacciano il “dna laico e liberale” del Paese africano: così all’agenzia ‘Dire’ Shukri Said, blogger e giornalista, autrice ancora poche settimane fa di reportage da Mogadiscio.

L’intervista comincia da “un conflitto”, quello legato alle responsabilità coloniali di Roma, che sarebbe ormai “sanato”. “Siad Barre fu un dittatore ma anche un generale anti-fascista” dice Said del presidente al potere tra il 1969 e il 1991: “Capì che la collaborazione e l’amicizia con l’Italia dovevano essere ricostruite su una base liberale”. Secondo la blogger, quei decenni rappresentarono “l’unico momento nel quale i quadri civili e militari somali furono formati in modo adeguato nelle università italiane, al pari degli italiani”.

Ora bisognerebbe ricostruire, in un contesto difficile, segnato dai contraccolpi del conflitto civile deflagrato nel 1991. “Barre favoriva il commercio internazionale ma non permetteva che i Paesi del Golfo ingerissero nella politica somala” dice Said. “Dopo tutto è cambiato e l’Arabia Saudita, approfittando dell’assenza di uno Stato forte, ha cominciato a investire in associazioni pseudo-religiose fondando scuole coraniche che hanno indottrinato e alimentato il terrorismo”.


Nell’intervista si fa cenno a una visita effettuata a Mogadiscio la settimana scorsa dal ministro della Difesa italiano, Elisabetta Trenta. “Un gesto anche simbolico parte di una collaborazione militare formalizzata” commenta Said, in riferimento alla missione di addestramento European Union Training Mission.

“E’ stato un errore politico lasciare posto e fenomeni di jihadismo – sottolinea la blogger – e oggi la presenza dell’Italia può creare un argine all’islamizzazione e dare nuove possibilità ai somali che non si sono ancora rassegnati completamente a perdere la loro libertà e laicità”.

Uno stato d’animo documentato dagli articoli e dai reportage di Said, come quella passeggiata nel centro di Mogadiscio pubblicata a febbraio da ‘Radio Radicale’. Un’ora e mezza di filmati, disponibili online, con l’intervista al sindaco Abdirahman Osmane e il vento che soffia sulle macerie della cattedrale: in stile gotico normanno, era stata progettata dall’ingegner Antonio Vandone e inaugurata nel 1928, sul modello del duomo di Cefalù.

KENYA. SAID: DA RITORSIONE A JIHAD, SOLO IPOTESI SU SILVIA ROMANO

“Non posso escludere sia una ritorsione contro la Somalia e l’Italia, che adesso hanno ripreso il dialogo”: così all’agenzia ‘Dire’ Shukri Said, giornalista e blogger originaria del Paese del Corno d’Africa, sul rapimento della cooperante Silvia Romano in Kenya.

Secondo la cronista, autrice di recente di un reportage da Mogadiscio, è lecito ipotizzare un collegamento tra il rapimento e la politica estera di Roma.

“Non posso escludere che ci sia una ritorsione contro la Somalia e l’Italia che hanno ripreso adesso il dialogo” sottolinea Said: “Romano è stata rapita proprio il 20 novembre, mentre il presidente somalo Mohamed Abdullahi Mohamed Farmajo era in visita a Roma, ospite del capo dello Stato Sergio Mattarella”.

Secondo la blogger, questa coincidenza “non vuol dire che era una cosa pensata e voluta” e al momento resta solo un’ipotesi.

Rispetto al sequestro della ventitreenne milanese, rapita nel villaggio di Chakama, a circa 80 chilometri da Malindi, si è evocato il rischio di un coinvolgimento di gruppi con rivendicazioni politiche. Anche su questo, però, secondo Said, mancano indizi.

“Di certo – sottolinea la blogger – non sarebbe la prima volta che Al-Shabaab o jihadisti locali effettuano sequestri in Kenya, finendo per altro per fornire a Nairobi una giustificazione a entrare in Somalia”.

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