Livolsi: “Si parla (giustamente e troppo di Trump), ma l’Italia pensi anche alla crescita”

Il professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A., nel nuovo appuntamento della sua rubrica con l'agenzia Dire, curata da Angelica Bianco

Pubblicato:12-03-2025 11:32
Ultimo aggiornamento:12-03-2025 11:32
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ROMA – “In queste settimane l’attenzione mediatica in Italia (come del resto nel mondo) si concentra sulle decisioni del nuovo inquilino della Casa Bianca, che in meno di due mesi dall’insediamento è riuscito a scuotere l’ordine internazionale: dai dazi all’Unione europea, alla Cina, al Messico e al Canada ai tentativi di escludere Kiev e l’Europa dai negoziati di pace per porre fine alla guerra in Ucraina. L’Italia, grazie anche alla reazione del premier Giorgia Meloni e del ministro degli Esteri Antonio Tajani, ha cercato di mantenere una posizione equilibrata, considerando le implicazioni che i nuovi armamenti e il potenziale esercito europeo potrebbero avere sul deficit degli Stati”.

Sono le considerazioni di Ubaldo Livolsi, professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A., nel nuovo appuntamento della sua rubrica con l’agenzia Dire, curata da Angelica Bianco.

“Tuttavia- continua- è fondamentale focalizzarsi sulla situazione interna del nostro Paese. Secondo i dati Istat relativi al 2024, presentati la settimana scorsa, l’economia italiana ha registrato lo scorso anno una crescita modesta dello 0,7%, inferiore alla previsione ufficiale dell’1% formulata dal Governo. Nonostante ciò, il deficit di bilancio è sceso al 3,4% del Pil, meglio dell’obiettivo del 3,8% fissato da Palazzo Chigi, grazie a un aumento delle entrate fiscali. L’analisi dei dati mostra che la crescita è stata sostenuta sia dalla domanda interna che dagli scambi commerciali. Le esportazioni sono aumentate dello 0,4%, mentre le importazioni sono diminuite dello 0,7%. Tuttavia, le prospettive per quest’anno rimangono caute, con il ministero dell’Economia, guidato da Giancarlo Giorgetti, che punta a una crescita dell’1,2%, un obiettivo considerato irrealistico da molti analisti”.

“Il settore manifatturiero italiano, tradizionalmente trainato dalle piccole e medie imprese (Pmi), soffre. A febbraio, l’attività manifatturiera si è contratta per l’undicesimo mese consecutivo, con l’Indice dei Responsabili degli Acquisti (Pmi) manifatturiero globale Hcob che si è attestato a 47,4, al di sotto della soglia di 50 che separa la crescita dalla contrazione. Questo indica- spiega ancora Livolsi- una debolezza persistente nel settore, con cali sia nella produzione che nei nuovi ordini”.

“Per uscire da questa situazione, è fondamentale rilanciare la competitività del Paese e favorire la creazione di nuovi posti di lavoro di qualità. Ciò richiede un indirizzamento strategico degli investimenti a sostegno delle eccellenze produttive, del tessuto delle Pmi e dello sviluppo dell’innovazione tecnologica, con particolare attenzione all’intelligenza artificiale e alla digitalizzazione. Dall’altra parte, la promozione di un debito comune a livello europeo potrebbe rappresentare un’opportunità per mobilitare risorse aggiuntive, garantendo un accesso equo ai finanziamenti e una condivisione dei rischi tra gli Stati membri” conclude.

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