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Le donne più a rischio di associare cattivo umore e cibo. Stress ai pasti? Cinque consigli per eliminarlo

Intervista a Lucia Bocchi, psicoterapeuta e psicologa dello sport che ha seguito le campionesse olimpiche a Pyeongchang Michela Moioli (fresca anche di Coppa del Mondo in Russia) e Sofia Goggia

Pubblicato:12-03-2018 11:23
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:36

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ROMA – Alimentarsi è un piacere che a volte può trasformarsi in un incubo. “Anche nei disturbi dell’umore, come l’ansia e la depressione, un fattore che a volte peggiora la sintomatologia è proprio il senso di colpa per essersi cibati in maniera disordinata e pesante. Noi donne, campionesse di vita quotidiana, tendiamo a dare una forte connotazione psicologica al cibo e, insieme alla pietanza, deglutiamo anche le emozioni che emergono nelle conversazioni con le persone al nostro tavolo”. A parlarne è Lucia Bocchi, psicoterapeuta e psicologa dello sport che ha seguito le campionesse olimpiche a Pyeongchang Michela Moioli (fresca anche di Coppa del Mondo in Russia) e Sofia Goggia.

“Ci sono alimenti che possono causare un cattivo umore ed esiste il cattivo umore che può causare un’errata alimentazione. Il circolo vizioso consiste proprio in questo- continua Bocchi- quando le persone stanno male tendono ad alimentarsi male: nella frequenza (si tende a fare continui spuntini e/o saltare i pasti completi); nella quantità (aumentando o diminuendo drasticamente le dosi); nella qualità (aumentando i cibi più nocivi alla salute). In particolare, la fame nervosa è causata da forti emozioni non tollerate, come la rabbia, ma non solo, emozioni conflittuali spesso rimosse nel profondo, che influenzano negativamente il comportamento alimentare”. Spesso la voglia di abbuffarsi o, al contrario, l’evitamento parziale o totale degli alimenti “hanno una radice simile- conferma la psicoterapeuta- collegata a emozioni profonde generate nel passato all’interno di attaccamenti insicuri. Ad esempio, mentre le persone mangiano sono poco presenti a se stesse, percepiscono poco il gusto del cibo; nonostante sappiano in che cosa consiste una buona alimentazione, riescono a comportarsi in modo opposto. Questo genera il senso di colpa di aver ceduto alla propria volontà, dimostrandosi deboli: la conseguenza è l’erosione continua dell’autostima di una donna. Inoltre, la sensazione di non essere forti e all’altezza di una buona condotta alimentare fa sentire colpevole la persona che si punisce sabotando ogni tipo di sana dieta“.

Per affrontare bene le sfide “tutte noi dovremmo comportarci come le atlete, associando un’attività sportiva a una buona alimentazione, ma soprattutto contrastando e gestendo al meglio l’umore“, continua la psicoterapeuta e psicologa dello sport Lucia Bocchi. Per le campionesse sportive alimentarsi bene “è uno dei fattori chiave che portano al successo, tuttavia devono fare i conti con le pressioni agonistiche che spesso aumentano l’agitazione interna. Ciò nonostante le sportive hanno anche un’arma che le aiuta a scaricare quell’agitazione in modo positivo: l’attività fisica stessa”.


Il cibo per un’atleta ad alti livelli è “il carburante del corpo che la porterà alla vittoria sportiva- ricorda l’esperta- se il carburante risulta avariato, l’atleta si sentirà pesante e poco reattivo, compromettendo mesi, e a volte anni, di sacrifici e duri allenamenti“.

Per vincere nelle gare sportive, come nella vita, Bocchi ha preparato un vademecum per il Gruppo Elior Italia, attivo nella ristorazione.

Ecco i 5 suggerimenti mentali di Bocchi:

1. L’attenzione: essere nel presente (qui e ora) mentre si mangia (evitando tv, cellulare ecc.).

2. I discorsi: durante i pranzi con le amiche confrontarsi sui sapori e su altri dettagli di ciò che si sta degustando (evitando drammi emotivi e discorsi dolorosi o rabbiosi).

3. Polisensorialità: soffermarsi ad osservare il cibo attivando più aspetti sensoriali, come la vista e l’olfatto (evitando di mettere in bocca ciò che c’è nel piatto in modo automatizzato).

4. Gli stati d’animo: osservare e gestire in altri modi il proprio umore (evitando di avventarsi sul cibo come compensazione ai vuoti emotivi).

5. Piacere: tornare all’idea che il cibo è un piacere della vita (evitando che diventi una punizione per le nostre debolezze non del tutto accettate).

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