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ROMA – ‘Lo scorso ottobre una vostra delegazione ha incontrato i rappresentanti del Ministero della Giustizia italiano per valutare, con riferimento a specifiche disposizioni della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, il livello di attuazione della Convenzione in Italia. Allo stesso modo, la delegazione si è informata sulla presenza e l’uso nel nostro Paese di teorie risalenti al PAS.
Su questo punto vi abbiamo inviato una mail in ottobre (25 ottobre) con la nostra dichiarazione contro la PAS (Sindrome di Alienazione Parentale), che viene utilizzata in Italia, come in altri Paesi, come controaccusa di alienazione alle donne che denunciano violenza domestica e abusi sui minori. In questi mesi abbiamo raccolto le firme di professionisti e attivisti; e quest’anno continueremo a tenere incontri per chiedere l’abolizione del PAS nei nostri tribunali. Inviteremo anche Reem Alsalem, relatrice speciale delle Nazioni Unite, che abbiamo già intervistato a Milano lo scorso ottobre’.
Inizia cosi la lettera denuncia alla Commissione Grevio, di cui la Dire è entrata in possesso, a firma della professoressa Caterina Arcidiacono del Comitato scientifico del Protocollo Napoli sull’utilizzo che ancora persiste dei corollari dell’alienazione parentale nei Tribunali italiani. La lettera ricorda anche alcune recenti sentenze eclatanti.
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‘Il febbraio 2025 è stata emanata una gravissima ordinanza della Corte di Cassazione numero 2947/25– prosegue la missiva- che ha suscitato l’indignazione delle donne del nostro Paese, delle giornaliste e delle attiviste, ve la inviamo per aggiungere alla vostra valutazione della prassi giudiziaria italiana una prova documentale attuale del fatto che il costrutto PAS, con il suo corollario di madre ostruzionista e condizionante, è ancora utilizzato, nei confronti di una donna e di una bambina di 12 anni, dalla Corte di Cassazione e cioè dal più alto grado dell’istituzione giudiziaria.
Questo caso segue un altro di un anno prima che la Corte di Cassazione aveva trattato allo stesso modo. Si tratta dell‘ordinanza n. 197/2024 che ha annullato il precedente ricorso (12 dicembre 2022) della terza sezione civile della Corte d’appello di Venezia che aveva consentito ai figli di rientrare nella casa materna dopo due mesi di lontananza dalla madre e il loro inserimento nell’istituto extrafamiliare. Nell’ordinanza della Corte di Cassazione e nel successivo decreto di appello del 9 ottobre 2024 si continua a parlare di una madre che ostacola il padre e anche – in contrasto con la realtà dei fatti – di figli non scolarizzati o socializzati’.
Ecco i casi ricordati dal Protocollo Napoli.
“Voglio tornare a vivere con la mamma,. qui sto male, ti può sembrare strano ma è la verità”; Questa la frase pronunciata da una bambina di 11 anni nel decreto della corte di appello di Napoli del 7 febbraio 2024 alla psicologa che ne ha certificato la tristezza e la malinconia (leggi: una rischiosa depressione infantile sotto traccia) per la lontananza dalla madre. Questo lo stato d’animo di una bambina che a 9 anni è stata sottratta alla madre e che dopo circa tre anni di deportazione dal suo contesto di vita chiede al giudice di ritornare a casa perché sta meglio con la mamma. Il tribunale di I grado aveva emesso un decreto ( sulla base della dottrina ascientifica dell’alienazione genitoriale argomentando – sulla scorta di giudizi approssimativi di Una CTU – che si trattava di una madre ostativa che intralciava la relazione con il padre condizionando la figlia. Con questa motivazione la bambina è stata allontanata all’età di 8 anni andando a vivere a 700 km di distanza dalla madre e dal suo contesto abituale di vita, dai suoi amici dalla sua scuola. Dall’ordinanza di Cassazione: ‘Espletata la CTU il Tribunale, con ordinanza del 7 giugno 2021, aveva evidenziato le gravi carenze genitoriali della signora M. nel garantire l’accesso alla vita della figlia dell’altro genitore, nonché l’attività di manipolazione posta ai danni della bambina tramite le condotte escludenti e pregiudizievoli per lei, ed aveva inoltre ritenuto che le differenti criticità rilevate anche a carico del padre potessero essere superate da una quotidianità tra i due, che si rendeva assolutamente necessaria’. La corte di appello aveva ribaltato il parere del tribunale di I grado e fatto proprio l’interesse superiore della minore mostrandosi empatica con il bisogno della bambina che, pur adattata alla nuova vita (così dicono) , lamentava la lontananza dalla madre e dalla sua città natale e chiedeva dopo 3 anni di parlare con il giudice per rientrare a Napoli.
Il 6 febbraio, un anno dopo, la cassazione n. 2947/2025 – in modo sconcertante, disempatico e mostrando di trattare i bambini come pacchi postali, prona al diritto genitoriale esercitato dagli adulti e nel caso specifico prona all’autorità del padre – riporta indietro le lancette dell’orologio e rispolvera dopo 3 anni il giudizio della consulenza tecnica di ufficio di alienazione e madre ostativa sollecitando un nuovo procedimento di appello per deportare nuovamente questa bambina a casa del padre’.
‘Qualcuno forse ha avanzato giudizi sulla capacità genitoriale di un padre che ingaggia la guerra contro il desiderio della figlia di stare con la madre? E ancora- prosegue la lettera- qualcuno di buon senso può dire oggi come una madre a distanza possa condizionare il desiderio di una bambina? Quali i poteri malefici e soprannaturali di questa madre? E di che bigenitorialità parliamo se di due genitori considerati nelle carte del procedimento entrambi conflittuali, una solo è stata penalizzata, dando al padre l’affido super esclusivo? Sul piano giuridico ciò che dalla lettura della cassazione colpisce come uno schiaffo in pieno viso , è il fatto che essa rivendica il principio che i minori ‘condizionati’ ( con quali prove non è dato di sapere) dalle madri non vanno ascoltati, in barba al fatto che il condizionamento non è provato in questo caso come in tutti gli altri, perché non è provabile in sé stesso (in Italia abbiamo avuto la cancellazione del reato di plagio nel 1981da parte della corte costituzionale)’.
Ed ecco un altro caso esemplare ricordato dall’associazione. ‘La donna, madre di due figli minori di 3 e 4 anni, ( nati il 2/5/2015 e il 25/10/2016) lascia la casa coniugale nel 2019 quando si rende conto di comportamenti anomali di tipo sessualizzato nei bambini accompagnati da manifestazioni di disagio psicologico che riguardano il padre come autore di pratiche di lavaggio o ‘giochi intrusivi’. Il padre l’accusa di sottrazione dei minori, poi di ostatività chiedendo la decadenza della responsabilità genitoriale per la donna e l’affido a se stesso. Nel settembre 2022, il tribunale civile sulla base della CTU, delle relazioni dei servizi sociali e della curatrice speciale, dispone, anche con l’intervento della forza pubblica, l’inserimento dei minori in una comunità con l’affido ai servizi sociali e il recupero dei rapporti con i genitori: per la madre con modalità protetta, per il padre in spazio neutro con la gradualità di visite tese a ripristinare i contatti e, diversamente dalla madre, in regime libero. L’8 novembre del 2022- ricorda il Protocollo Napoli- l’ordine di prelievo dei bambini da casa viene eseguito, i mass media ne danno notizia testimoniando anche con un video come esso sia avvenuto con dispiegamento di forze: “vigili del fuoco, servizi sociali e sanitari, forze dell’ordine in borghese, mentre i piccoli spaventati urlavano e tentavano di scappare da una stanza all’altra. In questo quadro si inscrive il decreto della Corte d’appello di Venezia del 12 dicembre 22 che ribalta le ipotesi assunte dal tribunale di primo grado che hanno portato al prelievo coattivo dei minori.
La Corte di appello accoglie il reclamo della donna relativamente alla fondatezza di un terzo motivo: “col terzo motivo censurava l’errata valutazione delle risultanze istruttorie con l’erroneità del collocamento extrafamiliare dei minori. I bambini rientrano a casa, e vi rimangono bene inseriti e ben integrati nella scuola e nelle attività extrascolastiche fino a ottobre 2024 quando – in forza prima della sentenza di cassazione n. 149 del 4 gennaio 2024 e poi di un secondo decreto della Corte di appello di Venezia del 9 ottobre 2024, i bambini sono di nuovo prelevati, come pacchi postali con la forza pubblica e portati in due strutture diverse perché non si condizionino a vicenda nel rifiuto del padre’.
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