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Ucraina, Nataliya chiama al fronte: i diritti possono aspettare

Dal nostro inviato in Ucraina, intervista a Nataliya Fedorovych: "Guerra e diritti umani non vanno d'accordo"

Pubblicato:12-02-2022 13:15
Ultimo aggiornamento:12-02-2022 13:15

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KIEV – Natalja Borisovska ha gli occhi chiari e ti guarda sorridendo sotto l’elmetto. È andata al fronte nel 2014, quando è cominciato il conflitto nel Donbass e qualche anno fa ha cambiato battaglione. Sopra l’elmetto, in alto sul manifesto, c’è scritto “Geroj sredi nas”, un eroe tra noi. Soprattutto eroine, a giudicare dai cartelloni lungo i ponti che portano sull’altra sponda del Dnepr, il fiume che divide est e ovest, tagliando l’Ucraina quasi perfettamente a metà.

Le ragazze sorridono per convincere nuovi coscritti. Sono in uniforme mimetica: da qualche tempo la legge Ucraina permette loro di arruolarsi. Ma non è paradossale che una battaglia per le pari opportunità rischi di trasformarsi, letteralmente, in un campo di battaglia? All’agenzia Dire risponde un’altra Nataliya, non quella del manifesto ma Nataliya Fedorovych, viceministra per le Politiche sociali dal 2014 al 2019, ora a capo della segreteria dell’Ufficio parlamentare per i diritti umani.

Più che parlare della crisi internazionale, con l’Ucraina al centro dello scontro tra Stati Uniti e Russia, delle accuse reciproche e delle profezie di guerra mondiale, preferisce sottolineare quello che negli ultimi anni a Kiev forse è cambiato in meglio. Paradossale lo faccia oggi, o forse no: si dice patriota e anche pronta, se dovesse esservi costretta, a imbracciare il fucile. Sospira come ad allontanare brutti pensieri e poi racconta della legge che ha recepito la risoluzione Onu 1325 su donne, pace e sicurezza introducendo la possibilità del servizio militare femminile.


E poi c’è uno altro testo che in Ucraina rappresenta una prima assoluta: la riforma che dal 2017 punisce i casi di violenze e abusi domestici, non solo fisici ma anche psicologici. “In pochi anni si è passati da 97mila a 204mila denunce, che sono aumentate ancora nel 2021” calcola Fedorovych. “Solo tra il 2017 e il 2019 abbiamo aperto 38 case di accoglienza per ragazze che avevano subito violenze”.

Per realizzare il progetto sono stati decisivi i contributi di organizzazioni internazionali. Ora, anche a causa dei nuovi timori di conflitto, con le esercitazioni militari russe ai confini e l’arrivo di nuove truppe americane sul fronte Nato, le risorse necessarie sono pressoché impossibili da trovare. “Guerra e diritti umani non vanno d’accordo” dice Fedorovych: “Dal 2014, quando la Crimea è stata annessa dalla Russia e nel Donbass si è cominciato a sparare, il governo ha tagliato i fondi in modo lineare, ad esempio bloccando subito gli stipendi di 12mila operatori sociali”.

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