NEWS:

Nigeria, Bassey (Homef): “Shell a processo, giustizia possibile”

ROMA - "Si può ancora ottenere giustizia e far sì che i responsabili degli abusi ne rispondano; questo è un

Pubblicato:12-02-2019 16:01
Ultimo aggiornamento:12-02-2019 16:01

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – “Si può ancora ottenere giustizia e far sì che i responsabili degli abusi ne rispondano; questo è un segnale di speranza, che dimostra la resilienza delle vittime”: così Nnimmo Bassey, ambientalista nigeriano già vincitore del Right Livelohood Award, intervistato dalla ‘Dire’ nel giorno del processo alla Royal Dutch Shell.

I dirigenti della multinazionale petrolifera anglo-olandese sono da oggi imputati all’Aja con l’accusa di aver istigato violazioni dei diritti umani da parte della giunta militare al potere ad Abuja negli anni ’90.

Secondo i pubblici ministeri, Shell si rese indirettamente responsabile del’impiccagione di quattro attivisti impegnati per la tutela dell’ambiente e delle comunità ogoni nella regione meridionale del Delta del Niger.


“Qui di solito i casi di violazioni dei diritti umani e di reati ambientali sono ignorati e multinazionali come Shell si comportano come se fossero al di sopra della legge” denuncia Bassey. “Questo processo è importante perché che fa capire che si può ottenere ancora giustizia e far sì che i responsabili degli abusi ne rispondano; è un segnale di speranza che dimostra la resilienza delle vittime”.

A portare la multinazionale a processo sono state Esther Kiobel, Victoria Bera, Blessing Eawo e Charity Lewula, vedove degli attivisti condannati a morte. I quattro erano compagni di lotta di Ken Saro-Wiwa, poeta e militante ogoni impiccato dopo un processo-farsa nel 1995.

Sessant’anni, Bassey dirige da Benin City la Health of Mother Earth Foundation (Homef). Prima di vincere il Right Livelihood Award, un premio internazionale, nel 2009 era stato definito dalla rivista ‘Time’ “eroe dell’ambiente”.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it