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Astrosamantha chiama Terra: Mi sento un’extraterrestre

[embed]https://www.youtube.com/watch?v=i-wnWGmx39U[/embed] Ogni tanto c'è qualche sorpresa, perché la Stazione spaziale internazionale "è una struttura complessa", ma a bordo "mi sento a

Pubblicato:12-02-2015 16:13
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:06

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Ogni tanto c’è qualche sorpresa, perché la Stazione spaziale internazionale “è una struttura complessa”, ma a bordo “mi sento a casa”. Parola di Samantha Cristoforetti, prima astronauta italiana a volare nell’avamposto umano nello Spazio, in collegamento con la sede dell’Agenzia spaziale italiana per rispondere alle domande di studenti liceali e universitari che hanno preso parte al progetto Learning on the Iss. Tante le curiosità e i dubbi dei ragazzi, arrivati da Roma, Portici e Ceccano, che hanno avuto la possibilità di fare domande a Astrosamantha nel collegamento durato venti minuti.

Sono passati sessanta giorni dall’inizio della missione Futura. “Mi sento un po’ extraterrestre”, ‘confessa’ Cristoforetti, “mi sento molto a casa” a bordo della Stazione.  E visto che la Stazione è una laboratorio che lavora senza interruzione, Samantha Cristoforetti fa il punto sugli esperimenti di questi primi due mesi di missione. Missione, che, lo ricordiamo, è la seconda di lunga durata per l’Italia e terminerà in maggio. Finora si è occupata di due sessioni dell’esperimento Blind/Imagined, e delle prime per Drain Brain e Wearable monitoring, grazie agli strumenti portati nei giorni scorsi dalla capsula Dragon. Slta indossando per 36 ore- tranne per una concessione speciale per la videochiamata a Terra- i sensori che controllano i ritmi circadiani, cura delle piantine e si occupa di  moscerini della frutta, “con cui condividiamo il 70% dei geni”. A bordo “c’è una confusione organizzata- sorride-, un po’ come quando da ragazzina arrivano i tuoi genitori e ti dicono di mettere tutto in ordine e tu dici di no, perché va bene così”. E se proprio ci sono degli elementi che non si trovano “possiamo sempre chiamare Houston”.


La vita di bordo è un pò come quella in un appartamento. Ognuno ha i suoi compiti da svolgere e ci sono anche dei momenti di svago. Come quello, ormai famosissimo, in cui l’astronauta italiana si fa tagliare i capelli dal collega della NASA Terry Virts.D’altronde farsi tagliare i capelli è un atto di completa fiducia, ed è necessario per chi vive in un ambiente complesso e delicato come quello della Stazione.

Lassù lavorano anche per l’obiettivo del futuro dell’esplorazione spaziale: permettere all’uomo di mettere piede su un altro pianeta. Trovare una nuova Terra da abitare. Ma la colonizzazione di Marte non è dietro l’angolo. “Non avverrà domani, ma nel medio termine” sarà possibile, assicura il capitano Cristoforetti. Intanto ci ricorda che di Terra, per ora, ne abbiamo una soltanto. È come un’astronave. Un’astronave che usiamo per viaggiare nell’universo. È la dobbiamo tenere da conto, comportarci con intelligenza e saggezza per riuscire a riparare tutti i danni che abbiamo creato all’ambiente e, come dice Astrosamantha, fare manutenzione preventiva: la Terra va mantenuta in forma.

QUEI DUE PIANETI IN PIU’ NEL SISTEMA SOLARE
Forse sono sempre stati lì e non ce ne siamo mai accorti. Secondo uno studio dell’università Complutense di Madrid e di quella britannica di Cambridge il sistema Solare ha due pianeti in più rispetto a quelli che conosciamo. La simulazione realizzata al computer dal gruppo di scienziati sostiene che oltre Nettuno ci siano due pianeti ben nascosti. L’ipotesi nasce dall’osservazione delle orbite degli oggetti celesti che si trovano oltre l’ottavo pianeta del Sistema Solare: hanno dei parametri insospettati e le loro caratteristiche non sono quelle previste dai modelli teorici. Questo significa che potrebbe esserci qualcosa che modifica il loro comportamento. Una forza invisibile, che troverebbe una spiegazione nella presenza di due nuovi pianeti finora sconosciuti.

I PAPIRI DI ERCOLANO LETTI CON I RAGGI X
Centinaia di rotoli di papiro, sepolti ad Ercolano dall’eruzione del Vesuvio nel 79 dopo Cristo e appartenenti all’unica biblioteca dell’antichità giunta ai giorni nostri, potranno essere letti senza necessità di essere srotolati. Alcuni sono carbonizzati, altri gravemente danneggiati o comunque rovinati dal tentativo di aprirli per renderli leggibili. Per evitare ulteriori danni e avere la certezza di riuscire a leggerli, i ricercatori guidati da Vito Mocella dell’Istituto per la Microelettronica e Microsistemi del Cnr e Emmanuel Brun dell’Esrf hanno scelto la tecnica dei raggi X. Sarà possibile quindi conoscere il contenuto testuale dei rotoli acquisendo nuove preziose conoscenze sulla filosofia e la letteratura dell’Antica Roma entrando nei papiri in modo virtuale e lasciandoli intatti. La scoperta è stata descritta nella rivista Nature.

DENTRO GLI ECOSISTEMI DI MILIARDI DI ANNI FA
La chiave d’accesso al mistero di periodi a noi sconosciuti sta nelle foglie. Si sono focalizzati sulla vegetazione, in particolare su microscopici frammenti di fossili di piante, gli studi dei ricercatori dell’Università di Washington. In questo modo sono riusciti a ricostruire come la vegetazione abbia risposto ai cambiamenti climatici. Si sono concentrati su fossili recuperati in Patagonia e risalenti a un periodo compreso tra 49 e 11 milioni di anni fa. Sotto la lente di ingrandimento, le foglie del passato hanno rivelato la struttura e la densità degli alberi, oltre alla loro distribuzione. Tracciare questa mappa ‘verde’ è uno strumento importante non solo per conoscere il nostro passato, ma anche per intuire cosa potrebbe accadere in futuro in base all’evoluzione del nostro clima.

IN FONDO AL VULCANO
Non solo pianeti e corpi celesti lontani: la Nasa focalizza la sua attenzione anche su qualcosa di molto più terrestre, come i vulcani. Gli scienziati del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena hanno messo a punto un piccolo robot speciale. Il suo nome è VolcanoBot e la missione che affronta è quella di intrufolarsi dentro alle cavità vulcaniche da cui fuoriesce il magma. VolcanoBot, grande poco più di una mano, riesce a raggiungere zone impensabili per l’uomo e grazie ai dati che raccoglie è possibile ricostruire delle mappe 3D. I primi esperimenti sono andati bene, e così è stato approntato già un robot di seconda generazione, più grande di diversi centimetri e con camere più sofisticate, in grado di riprendere ogni dettaglio. Per il momento sono allo studio i vulcani terrestri, ma un domani la Nasa potrebbe portare i suoi occhi su quelli di altri pianeti.

di Antonella Salini

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