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Migranti e violenza di genere, Aidos: “Mettere al centro delle politiche le sopravvissute”

Webinar su progetto Med Res realizzato con Women's Rights Foundation (Wrf, Malta) e Federacion de Planification Familiar Estatal (Fpfe, Spagna)

Pubblicato:11-12-2020 15:58
Ultimo aggiornamento:11-12-2020 15:58

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ROMA – Per attivare un cambiamento positivo nella lotta al fenomeno della violenza sessuale e di genere tra le donne e le persone migranti occorre “mettere al centro delle politiche le sopravvissute e i sopravvissuti“. È la principale raccomandazione che emerge dal lavoro condotto dalla ong Aidos (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo) con Women’s Rights Foundation (Wrf, Malta) e Federacion de Planification Familiar Estatal (Fpfe, Spagna) nell’ambito del progetto Med Res, secondo la presidente di Aidos, Maria Grazia Panunzi, intervenuta stamattina al webinar ‘Violenza sessuale e di genere in contesto migratorio nella regione mediterranea’, promosso dalle tre organizzazioni al termine del progetto. “La maggior parte delle donne che arrivano via mare sono sopravvissute a violenza sessuale e di genere- spiega durante la conferenza online Clara Caldera, coordinatrice del progetto per Aidos- Med Res e’ nato per rafforzare il sistema di servizi di supporto e accoglienza che rispondono al fenomeno a Malta, in Italia e in Spagna”.

LA AZIONI MESSE IN CAMPO

Tra le prime azioni messe in campo “in un percorso iniziato nel 2018”, c’e’ stata, quindi, l’organizzazione di una serie di formazioni per permettere agli operatori di riconoscere questo tipo di violenza. Fondamentale, secondo Caldera, formare a un approccio di genere “per adattare i servizi e dare una risposta piu’ efficace”, ma anche per “mettere al centro dell’intervento la persona sopravvissuta, che non viene passivamente assistita” e, uscendo dalla violenza, “puo’ prendere decisioni per se’, se adeguatamente supportata”. Questa modalita’ di intervento, infatti, si e’ dimostrata particolarmente efficace anche nel far emergere una violenza di difficile lettura, quella contro “uomini, bambini e ragazzi, che, nella tappa in Libia, spesso subiscono stupri”.

Con Med Res sono stati poi promossi anche “webinar di approfondimento sulle Mutilazioni genitali femminli (Mgf) come forma specifica di violenza di genere” ed e’ stato prodotto “materiale di supporto: delle schede, una guida pratica sulle principali direttive europee che trattano di violenza sessuale e di genere in ambito migratorio, materiale informativo in nove lingue per le persone migranti sopravvissute a violenza e dei video da utilizzare come strumento di sensibilizzazione, per favorire la consapevolezza dei diritti e promuovere l’accesso a servizi specifici. Abbiamo organizzato in ogni Paese gruppi di lavoro tematici per condividere pratiche, criticita’ e possibili soluzioni nell’accoglienza- continua Caldera- e, infine, abbiamo elaborato un documento per ogni Paese che ci auguriamo potra’ informare e ispirare i decisori politici. Buona la risposta ricevuta al personale che ha partecipato al progetto”. Il metodo utilizzato, conclude, e’ stato quello di “passare dalla pratica alla teoria, stilando una serie di raccomandazioni”. “Mettere la persona al centro significa prendersene carico e avviare percorsi di empowerment che ne fanno un soggetto attivo nella modifica delle politiche- osserva Panunzi- Questo approccio ne richiama un altro, che raccomandiamo venga adottato nel lavoro con questo specifico gruppo di popolazione”: la “multidisciplinarita’”, che “comprende la necessita’ di avere, per il personale coinvolto nei sistemi di accoglienza, una formazione sulla violenza sessuale e di genere regolare e continua nel tempo”, specie per la figura del “mediatore culturale”. Come dovrebbero essere “continue e garantite nel tempo le risorse finanziarie“, che, assieme “a quelle umane” favoriscono “un impatto dei progetti sulla lunga durata. Le istituzioni europee- avverte la presidente di Aidos- devono spingere alla ratifica della Convenzione di Istanbul” gli Stati che ancora non l’hanno fatto. E su questo tema, occorre “impegnarsi in un lavoro di raccolta dati e sulla loro disaggregazione” e fare in modo, conclude, “che gli organismi internazionali tengano in considerazione le esperienze che stiamo presentando”.


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