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Di chi era alla fine la vita del terzino Doudou

L'altra rotta dei migranti e una sentenza senegalese: questioni di giustizia

Pubblicato:11-12-2020 12:51
Ultimo aggiornamento:13-12-2020 20:30

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“I figli non sono proprietà dei genitori” ha detto in settimana il pubblico ministero della Procura di Mbour, in Senegal. Di fronte a lui c’era Mamadou Lamine Faye, il padre di Doudou, morto a 14 anni mentre cercava di raggiungere le Isole Canarie e l’Europa a bordo di una piroga. L’imputato è stato riconosciuto colpevole: due anni di carcere, anche se come i genitori di due altri adolescenti che erano sulla stessa barca del figlio tornerà a casa con la condizionale tra poche settimane.

Doudou diceva di voler diventare un calciatore di professione. Aveva fatto un provino per la ‘Diambars Academy’ fondata da Patrick Vieira e pare fosse un buon terzino. Il padre non avrebbe avvertito la moglie della sua partenza per farle “una sorpresa”, convinto che in Europa e anzi proprio in Italia Doudou sarebbe diventato un campione. Ai “passeur”, per il viaggio, avrebbe dato l’equivalente di 380 euro. In tribunale è stato assolto dall’accusa di “complicità in tratta di esseri umani” ma non da quella di “aver messo a rischio la vita altrui”. Come tanti, sul versante sud della ‘Fortezza Europa’: l’Organizzazione internazionale delle migrazioni stima che quest’anno il numero dei viaggi lungo la rotta atlantica che passa per le Canarie, alternativa al Mediterraneo, sia aumentato di cinque volte.

La sentenza allora è giusta o sbagliata? In Senegal parlano di verdetto simbolico, per dare un segnale, scongiurando magari nuove partenze. E il giornalista da che parte sta? Verifica e prova a capire, per poter raccontare. Senza giudicare, ma dalla parte di Doudou.


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