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VIDEO | Nasce il Quaderno ‘Tumori rari’: in Italia colpiti in 900mila

Il Quaderno è stato presentato oggi in occasione della conferenza stampa virtuale organizzata dall'Osservatorio Malattie Rare (OMAR)

Pubblicato:11-12-2020 08:05
Ultimo aggiornamento:11-12-2020 14:18

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ROMA – In Europa si definiscono ‘rari’ i tumori con una incidenza pari o inferiore a 6 casi su 100mila/anno nella popolazione: sono 198 le patologie oncologiche che hanno avuto questa classificazione grazie al progetto ‘RARECAREnet’, supportato dalla Commissione Europea e coordinato dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. In Italia rappresentano il 24% di tutte le nuove diagnosi di cancro: questo significa 89mila nuovi pazienti ogni anno e circa 900mila persone, tra le quali tanti bambini, che oggi lottano contro uno di questi tumori. Ma se per le malattie rare l’Italia ha strutturato reti di presa in carico, un sistema di registri e diverse specifiche normative, il ramo raro dell’oncologia soffre ancora di alcuni ritardi: per questo Osservatorio Malattie Rare (OMAR) ha promosso e coordinato un ampio tavolo di lavoro che ha portato al Quaderno ‘Tumori Rari: quale futuro per la Rete’, realizzato grazie al contributo non condizionato di Advanced Accelerator Applications, GSK, Incytee Kyowa Kirin, e che si è avvalso della collaborazione dei principali stakeholder del settore: da Agenas al mondo clinico, dalle società scientifiche a FAVO-Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia in rappresentanza dei pazienti. Il Quaderno è stato presentato oggi in occasione della conferenza stampa virtuale dal titolo ‘Tumori rari. Quali necessità per il settore’, organizzata da Omar.
Il Quaderno, oltre ad offrire una panoramica scientifica e normativa della situazione dei tumori rari in Italia, fa emergere alcune azioni necessarie per soddisfare i principali bisogni dei pazienti e degli specialisti. Tra queste azioni, che oggi sono state sottoposte all’attenzione delle istituzioni e in particolare del ministero della Salute, ci sono: la necessità di avviare velocemente la Rete Nazionale Tumori Rari (RNTR), di finanziare la Rete stessa, di investire nella telemedicina e quindi anche sulla rete telematica del Paese e , infine, di inserire i test molecolari e i percorsi di precision medicine nei LEA (Livelli essenziali di assistenza).

“Il Tavolo di lavoro e il Quaderno, che ne rappresenta l’esito- ha spiegato l’avvocato Roberta Venturi, che per Osservatorio Malattie Rare ha coordinato il lavoro del Tavolo- sono nati con l’intento di far luce su un ambito ancora meno trattato delle malattie rare, un settore che ha poche norme specifiche, alcune delle quali non sono ancora attuate perché prevedono la realizzazione di un sistema ad oggi non ancora concretizzato. Speriamo con questo lavoro di portare all’attenzione del ministero della Salute e alle istituzioni competenti alcuni bisogni sentiti da medici e pazienti, insieme ad alcuni suggerimenti utili per implementare un sistema, così da permettere alle persone con un tumore raro di essere prese in carico nel modo migliore e in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale”.

La ‘rarità’, intanto, non rende il tumore incurabile o con minori aspettative di guarigione. “Alcune neoplasie rare hanno percentuali di guarigione o controllo della malattia superiori a tumori molto più diffusi- ha spiegato infatti il professor Francesco De Lorenzo, presidente di FAVO- Il fatto che siano poco frequenti però genera difficoltà nella diagnosi e presa in carico, soprattutto dove non sono presenti strutture in grado di valutare correttamente la condizione dei pazienti”. A conferma di questo c’è un dato dell’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM): le neoplasie rare registrano un peggior tasso di sopravvivenza a 5 anni rispetto ai tumori ‘frequenti’: il 55% contro il 68% dei tumori comuni, soprattutto perché la diagnosi corretta arriva tardi, anche dopo trattamenti non ottimali, e perché i pazienti fanno fatica ad arrivare velocemente al centro di maggiore expertise. “Bisogna rendere i servizi uniformi sul territorio nazionale e collegarli tra loro attraverso una rete riconosciuta e collegata in via telematica, così da favorire lo scambio di informazione. In questo modo- ha proseguito quindi De Lorenzo- a viaggiare saranno sempre meno i pazienti e sempre più le competenze”. Un enorme passo avanti in tal senso, secondo gli esperti, è dunque legato “all’immediata attuazione” della Rete Nazionale dei Tumori Rari, sostenuta da “un finanziamento dedicato” che ne permetta “il funzionamento e lo scambio di flussi informativi“ attraverso “una idonea rete di telemedicina”.


Per la concreta attuazione della Rete Nazionale Tumori Rari (RNTR), sempre secondo gli esperti, la difficoltà risiede nel fatto che “pur essendo stato conferito due anni fa il coordinamento dei lavori di definizione ad Agenas (decreto del ministero della Salute del 01/02/2018), questa rete non è stata ancora deliberata: un ritardo in parte attribuibile alla pandemia, la quale però ha anche aumentato le difficoltà e i bisogni dei pazienti”. Ha spiegato il professor Paolo Casali, direttore della S.C. Oncologia Medica 2 della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori: “Al momento la rete che esiste è di tipo informale e si fonda sulla collaborazione tra i singoli professionisti, i quali cercano di indirizzare i pazienti presso le strutture più adeguate e poi di condividere i casi per quanto necessario e possibile”. L’impegno dei professionisti, per quanto importante, non può però sopperire al ruolo che avrebbe una Rete riconosciuta, omogenea sull’intero territorio nazionale e chiara anche per i pazienti, che invece ancora oggi “patiscono” le conseguenze di una presa in carico “difforme” e di una circolazione delle informazioni “inefficiente e disorganizzata”. Per questo “è tempo di avviare la rete- ha ribadito Casali- e si potrebbe partire velocemente utilizzando l’embrione di questa, cioè utilizzando i primi centri che sono già stati formalmente riconosciuti come eccellenze europee e che per questo fanno parte delle 3 ERN oncologiche”.

In Italia sono 32 i centri che per la loro expertise sono stati inclusi in almeno una delle 3 diverse ERN (EuropeanReference Network) che si occupano di tumori. Le tre reti sono: Euracan, che si occupa di tumori rari solidi dell’adulto; EuroBloodNet, che si occupa di tumori ematologici e PaedCan, che si occupa dei tumori pediatrici. Secondo gli stakeholder che hanno partecipato alla definizione del Quaderno ‘Tumori Rari: quale futuro per la Rete’, dunque, questi 32 centri potrebbero diventare subito i primi “nodi” della Rete, nella quale “centri ‘provider’ fornirebbero il loro expertise in telemedicina ai centri ‘user’, che opererebbero in collaborazione con loro, ma che dovrebbero comunque essere dotati anch’essi di competenze specifiche sui tumori rari”. Infine, una Rete così strutturata dovrebbe essere supportata dalla realizzazione di un portale, di una “piattaforma web di riferimento per i tumori rari, con una funzione informativa per i centri, per i pazienti e per le loro associazioni rappresentative e per i medici di medicina generale”. Tale portale svolgerebbe, inoltre, funzioni di teleconsulto, raccolta e integrazione di dati, ma “è chiaro che per poter effettivamente funzionare avrà bisogno di risorse adeguate”, hanno concordato e concluso gli esperti.

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