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VIDEO | Epatite C, l’infettivologo: “Causa Covid rinvio trattamenti di oltre 6 mesi”

"Ripartire con gli screening per intercettare i pazienti 'sommersi'". A Firenze l'ultima tappa del progetto Hand

Pubblicato:11-12-2020 12:20
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 13:07

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ROMA – “Purtroppo l’epidemia da Covid-19 ha determinato una flessione di tutti i trattamenti per i soggetti con epatite C, compresi quelli che erano già stati programmati all’inizio dell’anno, con rinvii anche superiori ai sei mesi. Adesso è fondamentale riprendere questi trattamenti, ma non solo: bisogna ripartire con gli screening per intercettare i pazienti con epatite C ‘sommersi’, perchè anche questa attività si è interrotta a causa della pandemia”. A dirlo è il dottor Pierluigi Blanc, direttore di Malattie Infettive all’ospedale di Santa Maria Annunziata a Ponte a Niccheri (Bagno a Ripoli, Firenze), intervistato dall’agenzia Dire nell’ambito di ‘Hand – Hepatitis in Addiction Network Delivery‘, il primo progetto pilota di networking a livello nazionale patrocinato da quattro società scientifiche (SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD), che coinvolge i Servizi per le Dipendenze e i relativi Centri di cura per l’Hcv afferenti a diverse città italiane. Dopo Pozzuoli, Alessandria, Brindisi, Benevento, Siracusa, Roma (con due tappe), Torino, Pesaro, Pavia, Como, Lecco, Isernia/Campobasso, Siena e Trapani, l’ultima tappa di Hand sarà a Firenze il prossimo 18 dicembre, dove si svolgerà il corso di formazione ECM sulla gestione dei tossicodipendenti con epatite C al tempo del Covid-19, organizzato dal provider Letscom E3 con il contributo non condizionante di AbbVie. I corsi di educazione continua in medicina, avviati a settembre, sono stati in totale 16 su tutto il territorio nazionale. “Ci troviamo di fronte a due gravi situazioni- ha proseguito Blanc- da una parte ci sono i pazienti già diagnosticati, che erano in attesa di trattamento ma che non hanno potuto riceverlo, perché tutti noi ci siamo dovuti dedicare al Covid; dall’altra ci sono pazienti che avrebbero dovuto essere screenati, quindi intercettati e, se positivi, messi in trattamento. Ma nulla di tutto questo è accaduto. Per cui ora servono azioni che facilitino sia la possibilità di trattare i pazienti già ‘programmati’ sia la ripresa degli screening. Tutte le iniziative che vanno in questa direzione sono estremamente importanti”.

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Quanto ad Hand, questo è un progetto che “abbiamo sposato molto volentieri- ha sottolineato ancora Blanc- perche’ in qualche misura ricalca una filosofia che abbiamo sempre perseguito, cioè quella di andare noi, come medici ospedalieri, incontro al territorio, spostandoci verso i Servizi per le Dipendenze”. Secondo l’esperto, intanto, i Ser.D. rappresentano una realtà “variegata”: “Ce ne sono alcuni che hanno al loro interno i centri di prelievo, per cui fare lo screening diventa una cosa semplice; altri, invece, dove non solo non ci sono i centri di prelievo, ma hanno anche difficoltà a mettersi in contatto con loro, per cui screenare i pazienti in questo caso diventa veramente complicato”. Il progetto Hand, allora, ha proprio l’obiettivo di facilitare gli screening soprattutto nei Ser.D. più in difficoltà. “Noi seguiamo all’incirca 10 Ser.D. e ce ne sono almeno 3 o 4 in grossa difficoltà- ha proseguito Blanc- per cui il progetto Hand, avendo messo a disposizione test rapidi e gratuiti, certamente rappresenta un’iniziativa di tutto rispetto”. Di recente sull’epatite C è stato fatto un passo avanti: il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato lo schema di decreto per lo screening nazionale gratuito per il virus dell’epatite C. “È un passaggio molto importante, si sta andando nella direzione giusta- ha commentato Blanc- perché uno dei motivi che aveva reso lo screening per l’epatite C difficoltoso era sicuramente legato anche al fatto che non fosse gratuito. Il problema ora sarà stabilire quali sono i centri che dovranno effettuare lo screening, ma soprattutto capire a quale target di popolazione ci vogliamo rivolgere. Negli ultimi anni abbiamo discusso proprio su questa questione, fermo restando che la popolazione dei Ser.D. deve essere quella privilegiata, così come quella carceraria. Sono senz’altro questi i target, già identificati come piu’ importanti, dove andare ad effettuare lo screening per l’epatite C, perchè è lì che troviamo la maggiore incidenza di infezioni da Hcv”.


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Interverrà al corso anche il dottor Giovanni Tavanti, tossicologo al Ser.D. Sud-Est 1 Firenze, che interpellato dall’agenzia Dire sul valore aggiunto di Hand ha così risposto: “Dà un contributo molto importante, soprattutto in quest’epoca di pandemia da Covid- ha detto- perchè è fondamentale riattivarsi sullo screening, sulla cura e sul follow up dei pazienti con epatite C”. L’aspetto più interessante del progetto, ha aggiunto, è la sua “multidisciplinarietà, articolandosi su più fronti: dalla sensibilizzazione degli operatori e degli utenti dei Ser.D. alla fornitura di test rapidi, che permetterà di screenare i pazienti più difficili. Questi credo siano elementi fondamentali”. Ma un altro punto di forza di Hand, per Tavanti, è la “formazione congiunta, dal momento che offre elementi di confronto tra gli operatori dei Servizi per le Dipendenze e i Centri di cura per le Malattie Infettive, che poi si occuperanno dell’aspetto più terapeutico”. Secondo il medico il confronto è “assolutamente necessario, perché può mettere in evidenza quelle criticità che, a seconda del punto di osservazione, possono essere visibili in maniera diversa. Tutto questo siamo certi che porterà ad un confronto costruttivo per mettere in atto delle azioni di miglioramento”. Infine, sulla proposta di Ace (Alleanza contro le epatiti) su un test congiunto Hcv/Covid-19, Tavanti ha commentato: “La proposta di Ace è estremamente interessante e anche molto intelligente, perché in effetti ci troviamo in un periodo storico particolare, forse unico. Per cui riuscire a screenare una grossa fetta di popolazione generale (ma in particolare i pazienti più a rischio, come i tossicodipendenti e i detenuti) sia per il Covid-19 sia per l’epatite C permetterebbe davvero di fare un grosso passo in avanti verso l’eradicazione del virus entro il 2030, così come auspicato dall’Organizzazione mondiale della Sanità”, ha concluso.

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