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Migranti, il Global compact adottato da oltre 160 paesi. Croce Rossa: “Pesano assenze”

La firma ieri a Marrakech. Tra i grandi assenti Stati Uniti, Australia e Italia

Pubblicato:11-12-2018 05:58
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:53
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ROMA – Oltre 160 Paesi hanno sottoscritto ieri in Marocco il Global Compact, un accordo per la gestione delle migrazioni sulla base di principi condivisi, tra i quali l’impegno a garantire a tutti accesso a servizi di base. L’adesione al documento è al centro di due giorni di lavori nella città di Marrakech.

Durante l’incontro il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha definito “una vergogna collettiva” il fatto che dal 2000 circa 60mila migranti siano morti in mare o nel corso di viaggi ad alto rischio. Tra i Paesi che oggi non hanno aderito al Global Compact figurano Stati Uniti, Australia e Italia.

ROCCA (CROCE ROSSA): BENE, MA PESANO LE ASSENZE

“Sono molto soddisfatto dell’adozione del Global Compact, perché è un accordo che mette al centro l’essere umano. D’altra parte a Marrakech ha dominato il tema dei grandi assenti, quindi secondo me si è svolto tutto un po’ sottotono. Chiaramente l’auspicio è che quei governi cambino idea”. A parlare da Marrakech con l’agenzia ‘Dire’ è Francesco Rocca, il presidente della Federazione internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna rossa, presente al meeting in Marocco, dove circa 160 Paesi hanno siglato l’accordo che favorisce l’adozione di principi condivisi nella gestione migratoria.



“Tengo a chiarire – sottolinea Rocca – che non è un patto che impone obblighi per i singoli Paesi, che restano ovviamente liberi di implementare le politiche frontaliere che preferiscono, ma stabilisce una cornice morale entro cui operare“. Secondo il presidente della Federazione, “è impensabile regolare il fenomeno da soli: è fondamentale che gli Stati collaborino tra di loro, per questo dispiace l’assenza di Paesi tra cui Stati Uniti e Italia”.

Perché sebbene “sembra aver vinto il ritorno al bilateralismo, le migrazioni sono il fenomeno che più di tutti andrebbe gestito attraverso il multilateralismo, dato che per sua natura coinvolge tanti Paesi: quelli di partenza, transito e quindi arrivo. Solo la collaborazione può produrre soluzioni condivise ed effetti concreti“. 

In questo senso, dice Rocca, “è fondamentale il primo punto del patto”, che ribadisce “il grande impegno a lavorare sulle cause che producono le migrazioni”, in modo anche da “evitare l’inutile sofferenza delle persone: chi parte, rischia di essere schiavizzato, percosso, di subire violenze sessuali o addirittura perdere la vita, a prescindere dalla cause che spingono la persona a partire”. Superato così in un certo senso la distinzione tra migrante economico e rifugiato. “Il nodo – sottolinea Rocca – è impegnarsi affinché sia garantita la dignità per chiunque si trovi al di fuori del proprio Paese”.

SENSI (ACTIONAID): A DECIDERE RESTANO GLI STATI

“Il Global Compact riconosce che le migrazioni contribuiscono allo sviluppo ma ha molti limiti, a cominciare dal fatto che non è vincolante e vivrà dunque solo della volontà politica degli Stati”: così all’agenzia ‘Dire’ Roberto Sensi, rappresentante di Action Aid Italia alla conferenza di Marrakech. La premessa dell’attivista è che per valutare l’accordo, sottoscritto ieri da oltre 160 Paesi, vada anzitutto considerato il contesto. “Arrivare alla firma è stato di per sé positivo” dice Sensi, confermando che il rischio era non trovare affatto una piattaforma condivisa. Il riferimento è anche alle dichiarazioni di politici dell’Italia, uno dei Paesi che non hanno aderito.

C’è chi ha sostenuto che il Global Compact obbligasse ad accogliere tutti i migranti” dice Sensi: “Una vera e propria fesseria“. Nel documento, invece, ci sono affermazioni di principio. “La più rilevante – sottolinea l’attivista – è forse il riconoscimento che le migrazioni hanno un ruolo positivo per lo sviluppo e che dunque non vanno fermate ma solo regolate affinché siano assicurati i diritti umani di chi parte”. Secondo Sensi, d’altra parte, il limite principale del Global Compact è il suo carattere di “soft law“, non vincolante. “E’ la conseguenza del fatto che durante il negoziato ha prevalso la linea del compromesso e della mediazione al ribasso” sottolinea l’attivista. Convinto che quest’impronta si riconosca in più di un articolo: “Rispetto al tema della detenzione dei migranti, della criminalizzazione della solidarietà e dell’esternalizzazione delle frontiere il Global Compact è molto timido“.

Le deleghe ai Paesi di transito per arrestare i flussi, con le “violazioni tremende” accertate ad esempio nei campi libici, resterebbero fuori dell’accordo. Anche per questo il Global Compact è sotto un fuoco incrociato, sottolinea Sensi: “A contestarlo non sono solo i governi di Stati Uniti, Australia, Italia e degli altri paesi assenti a Marrakech, ma anche le organizzazioni della società civile impegnate per la difesa dei diritti umani”.

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