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Sono otto i disturbi depressivi, riguardano fino al 20% degli europei

Le persone che si curano sono meno del 30%. La Società italiana di psichiatria (Sip) vuole sensibilizzare le istituzioni per approntare percorsi di cura idonei

Pubblicato:11-11-2016 11:23
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:17

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ragazza_depressione_tristezzaROMA – “Le depressioni sono tante ma le persone che si curano adeguatamente sono meno del 30%, poiché i tempi della diagnosi precoce sono ancora troppo lunghi. In base al DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) esistono 8 disturbi depressivi, ognuno con una sua specificità. La Società italiana di psichiatria (Sip) conta sulla sensibilizzazione delle istituzioni, attraverso indagini conoscitive sul fenomeno, per approntare percorsi di cura idonei”. È l’appello lanciato da Claudio Mencacci, presidente della Sip, in occasione del convegno su ‘Le depressioni’ in corso a Milano fino a domani.

Il termine depressione è “diventato il crogiuolo dentro il quale viene inserito di tutto, compresi gli aspetti negativi che allontanano le persone dalla cura (come le notizie di cronaca in cui si legge ‘Era depresso’). La depressione- ripete lo psichiatra- ha molte sfaccettature e bisogna riconoscerne le caratteristiche specifiche, perché da queste dipenderanno le cure”.

EPIDEMIOLOGIA

A livello epidemiologico, “ci attestiamo su una prevalenza, a 12 mesi, attorno al 7% della popolazione europea. Se guardiamo invece all’arco della vita, queste proporzioni salgono in maniera significativa e vanno dal 13% (nella forma più conservativa) fino al 20%. È una forbice molto ampia- avvisa Mencacci- in base a come viene considerata la depressione (lieve, moderata e grave). Proporzioni importanti se pensiamo anche alla crescita della disabilità legata alle depressioni. Ormai è la seconda patologia che dà maggiori disabilità dopo le malattie cardiovascolari- ricorda il presidente della Sip-, ed è calcolato che nel 2030 la depressione sarà la prima patologia mondiale. Infine, da un punto di vista epidemiologico, ha una maggiore prevalenza nel genere femminile”. Nella popolazione infantile “le depressioni si possono manifestare prima del menarca e riguardano circa il 2% dei bambini. Bisogna sempre valutare la componente familiare e ambientale”.


I LUOGHI COMUNI SULLA DEPRESSIONE

“La condizione clinica chiamata depressione non va confusa con la tristezza o la demoralizzazione. La depressione non è una condizione unitaria- sottolinea lo studioso- ce ne sono diverse, con genesi, fattori biologici, psicologici e sociali differenti. La depressione non è causata da un evento, ma l’evento interagisce sempre con la vulnerabilità individuale, biologica e psicologica. La depressione deve sempre essere considerata come un mix di fattori favorenti, protettivi e di rischio. Un mix di fattori di vulnerabilità in cui attribuiamo 1/3 alla base genetica e 2/3 a quella ambientale- prosegue il medico-, e dalla diversa combinazione di genetica e ambientale, da un punto di vista dell’epigenetica, si può manifestare o meno una condizione in senso depressivo”.

LA DEPRESSIONE INCIDE SULLA BIOLOGIA DELLA PERSONA

“Le persone che hanno un infarto del miocardio, diabeti gravi, le patologie del Parkinson (oggi, 11 novembre, è la giornata Nazionale del Parkinson) possono avere livelli di depressione altissima, soprattutto per motivi biologici. Gli ultimi studi ci dicono che abbiamo un’incidenza di depressione in corso di Parkinson che va dal 23% al 37%. Per quanto riguarda l’infarto del miocardio la percentuale si attesta dal 17% al 23%. Con lo stroke (il post ictus) si arriva fino al 50%. Cosa vuol dire?- chiede il presidente della Sip- Che la depressione, nella sua forma moderata-grave, comporta una serie di modificazioni a livello di aggregazione delle piastrine, a livello endocrino, immunologico, dell’attività del ritmo cardiaco e di tanto altro, riducendo di fatto la quantità di vita delle persone. Introduciamo così il disturbo depressivo dovuto alla condizione medica”.

LE CONSEGUENZE ESTERNE

Aspetti malinconici, rallentamento psicomotorio e cognitivo, l’abbandono della cura, del lavoro, l’allontanamento dagli affetti e dalle relazioni sono solo alcune delle conseguenze esterne che questa condizione porta con sé. “Alcuni studi individuano nella comparsa della depressione uno dei primi segnali di iniziale deficit cognitivo. La depressione comporta di per sé un deficit cognitivo anche in età giovanile- ribadisce Mencacci-, ma se compare in età più adulta può essere intesa come il segnale di un deficit cognitivo o di una evoluzione in senso degenerativo”.

DALLA DEPRESSIONE SI PUÒ GUARIRE

“Presentiamo in questo convegno alcuni dati per far sì che si parli di una medicina e di una psichiatria di precisione. La risposta ai trattamenti farmacologici arriva attorno al 70%. Quello su cui insisteremo- prosegue il presidente della Sip- è che nei casi più gravi si deve iniziare da subito con un approccio più consistente, ma sempre in associazione con la psicoterapia e altre tecniche di potenziamento (augmentation)”.

UN PROFILO DEL DEPRESSO

“Esiste un sottogruppo di persone depresse che hanno anche un profilo infiammatorio particolarmente riconoscibile. Hanno contemporaneamente tutti gli indicatori pro-infiammatori (citochine e interleuchine) più elevati. Sono soggetti particolarmente sensibili a tre elementi: l’esposizione al dolore (il dolore cronico), i disturbi del sonno, gli stili di vita alimentari e l’esercizio fisico. Aggiungiamo inoltre una specifica attenzione nel trattamento delle adolescenti e delle giovani donne sull’utilizzo della pillola anticoncezionale– fa sapere Mencacci-, perché nel periodo che va dai 16 ai 20 anni aumenta il rischio, in maniera significativa, di prescrizione di un antidepressivo e di prima diagnosi di depressione nel tempo di utilizzo. Ribadiamo quindi l’importanza che si prosegua con la ricerca scientifica anche nei confronti degli uomini”.

DISTURBI DEL SONNO AUMENTANO DI DUE VOLTE RISCHIO INSORGENZA DEPRESSIONE

La riduzione della quantità di sonno è l’accusata principale dell’aumento dei disturbi psichici, che nel 70% dei casi compaiono entro i 25 anni (dai 14 ai 26 anni). Se si riduce la quantità di sonno si altera la maturazione a livello del sistema nervoso centrale-ricorda Mencacci-, si modificano le varie aree fronto-temporali e del decision making. I disturbi del sonno sono un punto cardine della patologia depressiva-, ne aumentano il rischio di insorgenza di due volte. La perdita di sonno stimola la produzione di citochine pro-infiammatorie che facilitano lo sviluppo della patologia depressiva. È un gran turnover che si mette in moto: sonno, obesità, ipertensione, disturbi metabologi e cardiologici. Trovano tutti una fonte comune nei disturbi del sonno. Infatti, lavoriamo molto con i cardiologi e i diabetologi”.

UN AIUTO DA OMEGA 3 E VERDURE VERDI

“Anche i comportamenti alimentari non salutari, che a loro volta si associano a fluttuazioni dell’umore, sono promotori di infiammazione e depressione. Ci sono delle relazioni tra diete più sane, molto concentrate sull’utilizzo di Omega 3 e verdure verdi, e il minor rischio di sviluppare depressione. Dall’altro lato- sottolinea il medico- sappiamo con certezza che l’esercizio fisico è uno strumento di prevenzione della depressione”. A livello alimentare “sappiamo cosa fa male: gli agenti eccitanti, tutto ciò che disturba il sonno, un tipo di alimentazione particolarmente grassa e con pochi Omega tre. Non ci sono indicatori per dire ‘No’ alla carne’- conclude Mencacci-, e possiamo ricordare che tutti gli studi propendono per una dieta mediterranea che ha un effetto maggiormente protettivo”.

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