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Alta tensione in Cisgiordania, Rubeo (Palestine Chronicle): “Polveriera nei campi profughi”

L'Onu stima 120 morti nei Territori da gennaio, nasce anche da qui quell'insofferenza che sta costando all'Anp il consenso della popolazione

Pubblicato:11-10-2022 16:24
Ultimo aggiornamento:11-10-2022 18:39

palestinesi morti
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ROMA – Nei Territori palestinesi violenze e tensioni non cessano. Dopo la morte di Rian, il bambino di sette anni a cui il cuore si è fermato dopo che soldati si erano presentati a casa dei genitori, molti altri giovanissimi hanno perso la vita. Tra loro, Mahmoud Samoudi, 12 anni, che è venuto a mancare oggi in ospedale, dove era ricoverato dalla fine di settembre per ferite d’arma da fuoco nella città di Jenin. E poi sabato scorso hanno perso la vita quattro adolescenti tra i 15 e i 17 anni tra Ramallah, Qalqya e Jenin. Uccisa anche una soldatessa israeliana, Noa Lazar, nella notte di sabato mentre prestava servizio a un checkpoint nei pressi del campo profughi di Shuafat, e ad aprire il fuoco sarebbe stato un uomo armato palestinese, secondo le ricostruzioni dell’esercito.

Il filo rosso che collega queste morti sono le manifestazioni di protesta che ormai da settimane attraversano varie località della Cisgiordania e in particolare i campi profughi, anche sull’onda lunga dei contrasti che si sono registrati anche quest’anno a Gerusalemme nel mese di Ramadan. Sono ormai oltre 120 i morti che da inizio anno si sono registrati tra Striscia di Gaza e Cisgiordania e Gerusalemme est per gli interventi dell’esercito israeliano secondo stime dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani.

Una situazione di tensione innescata dalle richieste di diritti e servizi provenienti dalla popolazione palestinese rivolta sia all’Autorità nazionale palestinese che al governo di Israele, accusato di eccessivo uso della forza dalle organizzazioni per i diritti umani come Amnesty international, Human Rights Watch e B’Tselem, che denunciano anche una situazione di apartheid sulla popolazione palestinese. Così, i campi profughi stanno diventando “una polveriera”, come conferma all’agenzia Dire Romana Rubeo, caporedattrice del Palestine Chronicle, testata specializzata sui Territori palestinesi in lingua inglese.


LA GIORNALISTA RUBEO: “L’ANP PERDE TERRENO”

Rubeo sottolinea: “In questi giorni la situazione è molto tesa, soprattutto nei campi profughi della Cisgiordania occupata. Il punto caldo è Jenin, che purtroppo abbiamo imparato a conoscere per l’uccisione della giornalsita Shireen Abu Akleh (l’11 maggio scorso, ndr), che era lì per raccontare tensioni che stanno raggiungendo un punto di non ritorno. C’è una vera e proprio polveriera a Jenin, Nablus e Ramallah e nei campi profughi della zona di Betlemme” avverte la giornalista.

La cronista ricorda che una tregua è stata raggiunta a Nablus tra i rappresentanti delle fazioni, dopo l’arresto di Musab Shtayyeh, “leader della lotta armata che in questi momenti sta tenendo le azioni di resistenza nei campi. Shtayyeh, finito oggi in ospedale per le violenze subite, è stato arrestato dalle forze di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), e questo aveva generato scontri molto forti. La tregua formale però non credo corrisponda a una tregua più generale”.

LA COMPARSA DI UN NUOVO GRUPPO ARMATO

Rubeo riferisce che “l’Intifada dell’unità, quel grande movimento che nel maggio del 2021 aveva messo insieme le fazioni palestinesi superando le divisioni interne nel nome della resistenza sul campo, andando oltre anche un certo immobilismo dell’Anp, continua, tanto che sappiamo che Shtayyeh collaborava a stretto giro con An-Naboulsy, leader delle Brigate dei martiri di Al-Aqsa e quindi legato a Fatah”, il partito alla guida dell’Anp. “E’ come se sul campo ci fosse un movimento trasversale che supera l’inerzia dell’Anp”, argomenta Rubeo. Parole che forse trovano conferma in una nuova formazione armata, che oggi ha rivendicato il ferimento di un soldato nei pressi di un insediamento illegale a Shavei Shomron. Si chiama Lions’ Den (Areen Al-Osood) e si è formata in questi giorni a Nablus per riunire i militanti di diversi gruppi armati,

L’ACCORDO PER LA SICUREZZA CHE RISCHIA DI AUMENTARE L’ESCALATION

In questo quadro “le autorità israeliane sono molto imbarazzate” conferma la responsabile del Palestine Chronicle, che aggiunge: “Qualche giorno fa il capo delle forze armate israeliane ha ammesso che sono state arrestati almeno 1.500 palestinesi collegati a potenziali attacchi. Sui media sono circolati video che hanno creato forte imbarazzo trale istituzioni di Tel Aviv, che come sappiamo pongono un forte accento sulla questione della sicurezza”.

La difficoltà deriva anche dall’aver “perso un interlocutore privilegiato come l’Anp, con cui sussiste un rapporto di coordinamento di sicurezza nei Territori. Sembra che l’autorità del leader dell’Anp, l’87enne Mahmoud Abbas, sia in declino, al punto che più volte le autorità israeliane hanno sostenuto che Abbas non sta tenendo il controllo della situazione e hanno anche paventato di sostituirlo con una figura, Al-Sheikh, che è uno dei fautori dell’accordo sul coordinamento per la sicurezza e che quindi andrebbe a rafforzare questa collaborazione”.

Tale risultato secondo Rubeo “avrebbe un effetto dirompente sul campo, perché il popolo chiede esattamente il contrario e di superare quell’immobilismo che invece ha portato alla situazione che osserviamo oggi”. Un’ulteriore fattore destabilizzante potrebbe essere un accordo, per ora solo verbale, dato dalla premier britannica Liz Truss all’omologo israeliano Yair Lapid sulla possibilità di spostare l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, un passo che equivarrebbe a riconoscere quest’ultima città come capitale di Israele, che invece gode di uno status particolare secondo gli accordi internazionali. “Preoccupazione per l’impatto” di questa decisione e “la pace a Gerusalemme” è stata espressa oggi dall’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, primate della Chiesa anglicana.

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