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Fca, 2 dei 5 licenziati protestano sul tetto: “Di Maio dove stai?”

Stamattina all'alba Mimmo Mignano e Massimo Napolitano sono saliti su un palazzo chiedendo di incontrare Luigi Di Maio

Pubblicato:11-10-2018 07:54
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:39

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ROMA – All’alba di questa mattina due dei 5 operai Fca Pomigliano licenziati in via definitiva quest’estate (per decisione della Cassazione),  sono saliti per protesta sul tetto di un palazzo in piazza Barberini, non lontano dalla sede del ministero dello Sviluppo economico. Si tratta di Mimmo Mignano e Massimo Napolitano. Gli altri tre operai licenziati erano in piazza e hanno tenuta viva la protesta.

Con sè, oltre alla bandiera dei Si Cobas, i due saliti sul tetto hanno portato uno striscione che richiama lo stesso ministro “Di Maio con chi stai? I 5 operai licenziati Fca“. E’ proprio il ministro del Lavoro Luigi Di Maio, infatti, che vogliono incontrare.

Il palazzo su cui sono saliti si trova tra via San Basilio e via San Nicola da Tolentino. La loro vicenda è nota: vennero licenziati nel 2014 (dopo aver portato avanti una serie di battaglie per rivendicazioni sulle condizioni di lavoro in fabbrica a Pomigliano) per avere inscenato la protesta in cui veniva riprodotta con un fantoccio l’impiccagione di Sergio Marchionne. Poi furono riassunti e poi di nuovo licenziati dopo la pronuncia della Cassazione.


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La loro storia venne anche portata e ‘denunciata’ al festival di Sanremo da Lo Stato sociale: i cinque componenti della band bolognese salirono sul palco dell’Ariston ciascuno con un cartellino attaccato sulla maglietta: riportavano i cinque nomi degli operai licenziati.

Nel giugno scorso, Mimmo Mignano era stato già protagonista di un gesto eclatante: si era dato fuoco davanti a casa di Di Maio dopo  la sentenza della Cassazione che ha dichiarato legittimo il licenziamento. Di Maio era andato a trovarlo in ospedale ma poi le cose non si sono nessun modo sbloccate.

Le prime immagini della protesta di oggi sono state postate su Facebook alle 6.58 dallo stesso Mignano.

Ecco la loro storia: “Senza stipendio da 5 mesi”

Trasferiti dalla fabbrica di Pomigliano d’Arco al reparto “di confino” di Nola, dove due operai si sono suicidati, sono stati licenziati definitivamente, dopo un iniziale reintegro, per aver inscenato il suicidio di Marchionne con un manichino. “Ci hanno licenziato per la nostra ironia macabra e non per il lavoro in fabbrica“, precisa Mignano.

E ancora: “Siamo senza stipendio da 5 mesi, abbiamo tutti dei figli, c’è chi paga 500 euro di pigione”, per cui “non esiste che ci spostiamo da qui. Domani mattina dovrei dire a mia figlia che non ho un euro per mandarla a scuola, che suo padre è un codardo e che ha finito di lottare? Noi siamo dei poveri e questo è uno Stato bugiardo“, ha sottolineato ricordando l’articolo 1 della Costituzione.

L’accusa: “Senza lo stato c’è la camorra”

Per Mignano “Marchionne aveva tutto il diritto di querelarci” e invece la Corte di Cassazione ne ha disposto direttamente il licenziamento. Tanta rabbia, tanta amarezza: “Che facciamo? Iniziamo a fare rapine o dobbiamo schierarci con la Camorra?“, si chiede l’operaio che già nell’ultima edizione del Festival di Sanremo aveva inscenato una plateale protesta, spiegando anche che contro il licenziamento stanno preparando il ricorso al Tribunale europeo. “Allora lo Stato a cosa serve?”.

Scesi a fine mattinata e accompagnati in Questura

Sono scesi i due ex operai della Fca di Pomigliano d’Arco che questa mattina, a Roma, erano saliti sul tetto di un albergo in piazza Barberini per protestare contro il licenziamento loro e di altre tre colleghi. Avevano chiesto un incontro con il vicepremier e ministro del Lavoro, Luigi Di Maio. Al momento si troverebbero in Questura per gli accertamenti di rito

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