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L’Italia batte la Polonia: è campione del mondo di pallavolo

Dopo 24 anni. Nessuna nazione aveva mai raggiunto la quarta corona dopo l'URSS del 1982

Pubblicato:11-09-2022 23:41
Ultimo aggiornamento:12-09-2022 08:34

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Foto crediti Rubin/Fipav

ROMA – Ventiquattro anni fa Fefé De Giorgi aveva 37 anni. Solo otto dei quattordici nuovi azzurri campioni del mondo erano nati. La pallavolo stessa, negli anni 90 era quasi un altro sport, con regole e punteggi molto diversi. Ma ci voleva una giovanissima – nuova di pacca – generazione di fenomeni per far fuori quella epica formata da Velasco e tornare sulla vetta del mondo. Per andare a Katowice, a spegnere le aspettative di un Paese intero strappando la Polonia al suo destino: campioni nel 2014, poi nel 2018, ma non nel 2022. I giovani fanno così, rompono le tradizioni. Nella pallavolo c’era una statistica, inaugurata proprio dall’Italia: i Mondiali a cicli da tre. Alla tripletta azzurra – 1990, 1994, 1998 – era seguita quella del Brasile – 2002, 2006, 2010. La Polonia ci credeva, almeno per la cabala. E invece sono Giannelli e Romanò, Lavia e Michieletto, Anzani e Galassi, il libero Balaso, a prendersi l’oro.

Tre set, dopo aver perso il primo. Muovendo lo stesso filo emozionale che poche ore prima aveva ispirato l’Italbasket agli Europei. In chiusura d’una domenica dello sport di squadra tricolore quasi pornografica.


Primo set iniziato con gli azzurri bravi a contenere a muro gli attacchi dei polacchi e con Giannelli come sempre abile a sfruttare la buona vena di Lavia in attacco. Ciò che ne è derivato è stato un inizio gara equilibrato con le due squadre a contatto (18-15 per l’Italia) e con i ragazzi di De Giorgi molto efficaci in fase difensiva.

Con il passare dei minuti Grbic ha poi inserito Kaczmarek al posto di Kurek, ma Giannelli e compagni hanno continuato a giocare davvero una buona pallavolo continuando ad amministrare un minimo vantaggio (21-17) successivamente recuperato dagli uomini di Grbic (21-21) che nel frattempo aveva cambiato anche il palleggiatore inserendo Lomacz.

Il finale si è fatto vibrante con il pubblico di casa che ha continuato a far sentire la sua pressione e con i ragazzi di De Giorgi che nel frattempo hanno fatto molta fatica in attacco (solo 28%) proprio nella fase clou; gli uomini usciti dalla panchina polacca sono risultati determinanti e un muro su attacco di Romanò ha chiuso il primo set sul 25-22 per i padroni di casa. I polacchi, sulle ali dell’entusiasmo sono andati subito sul 3-1, ma con il passare dei minuti gli azzurri si sono rifatti sotto agguantando la parità sul 7-7. Il match è proseguito a strappi con i padroni di casa che hanno tentato più di una volta di allungare ma con gli azzurri che hanno retto l’urto della forza offensiva polacca con una serie di muri; allo stesso modo però la fase offensiva dei laterali italiani ha continuato a essere deficitaria, ma nonostante questo l’orgoglio e il capitano hanno tenuto a galla i ragazzi di De Giorgi (18-18, 20-20). Nel finale tanto coraggio per gli azzurri che nel momento clou si sono portati avanti di 3 lunghezze (24-21) chiudendo poi sul 25-21 portando la gara sull’1-1.

Terzo set iniziato con Russo in campo al posto di Galassi (cambio già effettuato nel corso del secondo set) e Polonia di nuovo avanti, ma nuovamente azzurri reattivi e caparbi nel non voler mollare niente (14-13); Gianelli e compagni ancora sugli scudi nella fase calda (23-16) e trascinati da una magnifica trance agonistica vanno a prendersi anche il terzo set (25-18) ribaltando la situazione sul 2-1. Quarta frazione che ha visto ancora gli azzurri protagonisti di un’ottima organizzazione di gioco (14-10) e bravi a resistere a un ritorno di fuoco degli avversari (18-13). Con il proseguire del set i padroni di casa hanno tentato una disperata rimonta (19-16), ma Giannelli e compagni non hanno concesso più nulla. Esattamente un anno fa, settembre 2021, proprio a Katowice l’Italia diventava campione d’Europa battendo in finale la Slovenia. Come non fossero mai andati via, ribadiscono una superiorità di energia e freschezza. Nessuna nazione aveva mai raggiunto la quarta corona dopo l’URSS del 1982. La storia siamo noi, una volta di più.

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