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Parchi, Wwf: “Servono più fondi e personale specializzato”. Le proposte del ministro Costa

Il Wwf Italia attraverso il Check-up dei parchi Nazionali e delle Aree Marine Protette ci rivela lo stato delle aree protette italiane

Pubblicato:11-09-2018 13:28
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:32

gran paradiso
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ROMA –  Qual è lo stato di salute delle aree protette italiane? Il Wwf Italia attraverso il Check-up dei parchi Nazionali e delle Aree Marine Protette, che rappresentano una base fondamentale del nostro Capitale naturale, ha scattato un’istantanea dalla quale emergono luci e ombre. L’indagine, alla quale hanno partecipato tutti i 23 Parchi Nazionali attualmente operativi e 26 aree marine protette sulle 29 istituite è stata condotta con il metodo della Valutazione e prioritizzazione rapida della gestione delle aree protette (Rapid assessment and prioritization of protected area management- Rappam), che offre ai gestori e ai decisori politici uno strumento per raggiungere l’obiettivo di una gestione più efficiente ed efficace dei Parchi Nazionali e delle Aree Marine Protette. Dallo studio del Wwf emerge che ‘il lungo cammino cominciato con la legge quadro sulle aree protette (la 394/91) è ancora ben lontano dall’essere completato’. Le principali criticità che investono il sistema delle aree protette ‘sono principalmente legate agli strumenti di gestione, alla carenza di personale qualificato e alla carenza di risorse disponibili per progetti di conservazione’. Per quel che riguarda i parchi nazionali, dai dati raccolti emerge che ‘urbanizzazione, turismo, incendi e cambiamenti climatici sono percepite come le principali pressioni che attualmente insistono sulla biodiversità, a cui si affiancano abusivismo edilizio e smaltimento rifiuti nei Parchi di piccole dimensioni ed inquinamento idrico nei Parchi costieri‘. Per il futuro, le principali minacce sono invece ritenute ‘i cambiamenti climatici, seguiti da specie aliene invasive e captazioni idriche’. Per quanto riguarda gli strumenti di gestione va segnalato che ‘solo nel 30% dei casi è stato approvato in via definitiva il Piano per il Parco e che meno del 10% si è dotato di un Regolamento, sebbene i Parchi abbiano definito in maniera sufficiente specifici obiettivi di conservazione e relative strategie’.

COSTA: “SBLOCCARE ASSUNZIONI E FISCALITA’ DI VANTAGGIO”

Sia le spese per le attività di monitoraggio che quelle per progetti di conservazione risultano entrambe inferiori al 10% del proprio budget (per la quasi totalità dei Parchi (in 9 parchi addirittura inferiori al 5%). Nonostante gli strumenti e le competenze del personale siano ritenute adeguate, le condizioni di impiego e l’aggiornamento sono ritenuti inadeguati. Spesso mancano figure chiave come naturalista o biologo (22%), agronomo o forestale (22%) e ancor più veterinario e geologo (83%), con percentuali della pianta organica dedicate primariamente alla conservazione delle biodiversità spesso inferiori al 10%. Inoltre 15 Parchi Nazionali su 23 attualmente operativi attendono entro la fine di quest’anno la designazione dei Presidenti (11, dei quali 10 già scaduti) o dei Direttori (9, dei quali 8 già scaduti). Indicativa è la questione delle risorse che lo Stato assegna alle proprie aree protette.

Sulla questione delle assunzioni si è espresso oggi il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, partecipando alla presentazione del check up dei parchi italiani realizzato dal Wwf Italia. “Lavoro a sbloccare le piante organiche degli Enti parco facendo concorsi– ha dichiarato Costa- non tantissimi posti di lavoro ma iniziamo e verifichiamo quali figure professionali servono. Gli amministrativi vanno bene, ma ci vuole anche altro”, e cioè figure tecniche ambientali.  “Per tutte le situazioni nelle quali è necessario un controllo ambientale – ha spiegato Costa – chiederò che sia costituita nelle prossime norme la figura degli ispettori ambientali, che oggi in Italia non abbiamo e che è invece necessaria”.  “La fiscalità di vantaggio, poi – ha affermato il ministro -, è un altro percorso che mi sta a cuore. Se i parchi ci consentono di mantenerci nel Protocollo di Kyoto e nell’accordo di Parigi perché catturano più CO2, è giusto riconoscere loro un elemento di soddisfazione”.


Riguardo alle nomine Costa ha quindi dichiarato: “La tutela e la conservazione della natura, della fauna e degli habitat nel sistema delle aree protette nazionali sono e saranno centrali nella nostra azione di governo. Per questo intendiamo agire subito, a cominciare dalle nomine, scegliendo i migliori profili a disposizione, attraverso un’ampia selezione di curricula evitando indicazioni di quelle persone che, a volte ‘un po’ troppo politicizzate’, non sono interessate a una vera svolta dei luoghi più importanti per la biodiversità in Italia”.

COSTA: “FARE PARTIRE ALTRI PARCHI, AREE MARINE PICCOLE E SCOLLEGATE”

Dal check-up dei parchi Nazionali e delle Aree Marine Protette di Wwf Italia emerge inoltre che le 29 Aree marine protette italiane, inclusi due parchi sommersi, incidono solo su 700 chilometri di costa – appena lo 0,8% dei 7.500 chilometri di costa italiani – e 228mila ettari di mare. Le Amp sono quindi troppo piccole e per di più non collegate fra loro, a differenza di quelle di Francia e Spagna, ad esempio, molto più grandi e soprattutto in collegamento fra loro. La capacità di tutela delle Amp italiane quindi ne risente, e influisce anche il fatto che nel 2017 abbiano ricevuto fondi per appena 7 milioni destinati al loro funzionamento e gestione. “Dai dati è evidente il deficit delle Amp, sono poche e piccine- valuta il ministro dell’Ambiente Sergio Costa- dobbiamo pensare che devono essere di più e più grandi, se sono piccine si abbassa il loro indice di correlazione”. Costa però non si limita alle aree marine e si augura i parchi marini aumentino. “C’è il mio impegno a far partire i parchi in itinere e spero siano più degli attuali quattro, ne voglio di più“, dice, ricordando però che “perché un parco possa diventare tale c’è bisogno tanto del governo nazionale quanto di quello locale, perché altrimenti non si riesce”. Anche per le Amp, aggiunge il ministro, “c’è bisogno degli Enti locali, e se non vogliono diventa tutto più complicato”.

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