NEWS:

Calano gli impieghi bancari, aumenta il rischio usura. I dati della Cgia

La regione esposta maggiormente al rischio usura è la Campania

Pubblicato:11-08-2016 10:05
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 08:58

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

SOLDIROMA – A seguito delle difficoltà in cui versano molte banche italiane, nell’ultimo anno (maggio 2016 sullo stesso mese del 2015) gli impieghi bancari alle imprese sono diminuiti di 13,8 miliardi di euro.

Quasi 117 miliardi di euro se, invece, analizziamo il periodo che va da maggio 2011 (picco massimo di erogazione) allo stesso mese di quest’anno.

Secondo la CGIA questa situazione rischia di alimentare l’usura: uno dei fenomeni più destabilizzanti del nostro tessuto produttivo dal punto di vista economico e sociale. Una pratica che la CGIA monitora da almeno 15 anni e che ormai non preoccupa solo il Sud, ma anche le realtà del Centro e del Nord Italia.


“Dopo il Lazio, il Veneto è una delle regioni dove la contrazione dei prestiti bancari è stata più pesante – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – A seguito delle difficoltà incontrate dalla Banca Popolare di Vicenza, da Veneto Banca e da alcune banche di credito cooperativo, nell’ultimo anno la contrazione degli impieghi alle imprese venete è scesa di ben 3,4 miliardi di euro, pari al -3,6% mentre nei vicini Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige il credito alle imprese è ripartito.”

“Oltre agli effetti della crisi economica e al calo della domanda di credito – segnala il segretario della CGIA Renato Mason – questa forte riduzione degli impieghi è stata dovuta anche al deciso aumento delle sofferenze bancarie che a giugno di quest’anno hanno sfiorato i 198 miliardi di euro lordi”.

A fronte di una progressiva crescita del “credit crunch” avvenuta in questi ultimi anni, la CGIA ha potuto rilevare che il rischio usura è presente soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno.

Dall’analisi dell’indice realizzato dall’Ufficio studi della CGIA, emerge che nel 2015 la Campania, la Calabria, la Puglia, la Sicilia e la Basilicata sono le realtà dove la “penetrazione” di questo drammatico fenomeno ha raggiunto i livelli più preoccupanti. Le cifre riportate sul “credit crunch” sono state elaborate dall’Ufficio studi della CGIA su dati della Banca d’Italia. L’indice del rischio usura, invece, è stato calcolato mettendo a confronto alcuni indicatori regionalizzati riferiti prevalentemente al 2015: quali la disoccupazione, i fallimenti, i protesti, i tassi di interesse applicati, le denunce di estorsione e di usura, il numero di sportelli bancari e il rapporto tra sofferenze ed impieghi registrati negli istituti di credito. In pratica è stato individuato questo indice attraverso la combinazione statistica di tutte quelle situazioni potenzialmente favorevoli alla diffusione dello “strozzinaggio”.

“Con le sole denunce effettuate all’Autorità giudiziaria – conclude Zabeo- non è possibile dimensionare il fenomeno dell’usura: le segnalazioni, purtroppo, sono molto esigue. Per questo abbiamo incrociato i risultati di ben 8 sottoindicatori per cercare di misurare con maggiore fedeltà questa emergenza. Ciò che pochi sanno sono le motivazioni per le quali molte aziende cadono tra le braccia degli strozzini. Oltre al perdurare della crisi, sono soprattutto le scadenze fiscali o per fronteggiare piccoli imprevisti di spesa a spingere molti piccoli imprenditori nella morsa degli usurai, spesso per importi molto contenuti che non superano qualche migliaio di euro”.

Ritornando alla metodologia di calcolo di questo indice, si evince che nelle aree dove c’è più disoccupazione, alti tassi di interesse, maggiori sofferenze, pochi sportelli bancari e tanti protesti, la situazione è decisamente a rischio. Ebbene, rispetto ad un indicatore nazionale medio pari a 100, la situazione più critica si presenta in Campania: l’indice del rischio usura è pari a 157,3 (pari al 57,3 per cento in più della media Italia), in Calabria a 152,7 (52,7 per cento in più rispetto alla media nazionale), in Puglia si ferma a 130,8 (30,8 per cento in più della media Italia), in Sicilia a 129,2 (29,2 per cento in più della media nazionale) e in Basilicata il livello raggiunge quota 128,6 (28,6 per cento in più della media Italia). Mentre la realtà meno “esposta” a questo fenomeno è il Trentino Alto Adige, con un indice del rischio usura pari a 51,3 (48,7 punti in meno della media nazionale). Anche la situazione della Valle d’Aosta non desta preoccupazioni: l’indice si ferma al 63,2 per cento (36,8 punti al di sotto della media nazionale). Sebbene il Friuli Venezia Giulia (78,2 per cento) e il Veneto (80,6 per cento) presentano un livello dell’indice relativamente basso, anche se rispetto agli anni scorsi quest’ultimo è in deciso aumento (vedi Tab. 3).

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it