NEWS:

‘Lavorare è una parola’: arriva il libro corale con Camusso, E.Letta, Macaluso, Sassoli, Zuppi…

"Lavorare è una parola", alfabeto corale a 50 anni dallo statuto dei lavoratori, a cura di Altero Frigerio e Roberta Lisi per Donzelli editore da oggi in libreria.

Pubblicato:11-06-2020 13:15
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:28
Autore:

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – Ricordate i primi giorni chiusi in casa per l’epidemia? Ci si affacciava sui balconi per cantare insieme, ci si dava appuntamento il giorno dopo, e cosi’ ci si sentiva meno soli, piu’ uguali in un certo senso. Oggi e’ tutto cambiato, siamo tornati alla vita quotidiana ma lo si avverte a pelle, non sara’ come prima. Qualcosa e’ cambiato nel profondo, e i numeri che ci arrivano da ogni settore economico fanno venire i brividi.

“La crisi che stiamo vivendo avra’ un impatto enorme sul mondo del lavoro. Sara’ una crisi che accelerera’ a una velocita’ vertiginosa le trasformazioni, soprattutto legate ai fenomeni di digitalizzazione, che gia’ erano in corso. E soprattutto sara’ una crisi che aumentera’ le disuguaglianze. È vero, infatti, proprio l’esatto opposto del sentimento intuitivo che ha accompagnato l’arrivo del virus, l’idea cioe’ che si trattasse della famosa ‘livella’ che mette tutti sullo stesso piano. In verita’ si e’ capito presto che non e’ cosi'”, scrive Enrico Letta nella prefazione di “Lavorare e’ una parola”, alfabeto corale a 50 anni dallo statuto dei lavoratori, a cura di Altero Frigerio e Roberta Lisi per Donzelli editore da oggi in libreria.
A 50 anni dallo Statuto dei lavoratori il diritto al lavoro e’ piu’ che mai la base di ogni altro diritto fondamentale, scrivono gli autori, un diritto messo sempre piu’ a dura prova dalla realta’, non ultima la pandemia che, insieme agli effetti immediati e disastrosi che produce, impone una vera e propria rivoluzione al modo di concepire il lavoro.

Nel libro, partendo dalla ‘A’ di algoritmo fino alla ‘Z’ di Zenit, la vetta sopra la nostra testa, alcune delle voci piu’ autorevoli della cultura, dell’economia, del diritto e della politica, delineano un nuovo alfabeto del lavoro, ridando concretezza e valore a un parola spesso abusata. Il cardinale di Bologna, Matteo Zuppi, su Bergoglio, Papa Francesco che tuona contro lo sfruttamento delle multinazionali, che ha il lavoro nel cuore e nella mente; David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, sull’Europa, che stavolta sembra meno egoista e piu’ solidale; Susanna Camusso, battagliera sindacalista ed ex leader della Cgil sulla carta dei diritti. E poi si parla di donne, fabbrica, disabilita’, lavoro minorile, mafia, orario, pensioni.


L’idea della fine del lavoro, sottolinea Enrico Letta nella sua prefazione a “Lavorare e’ una parola”, “aleggia come l’approdo ultimo della rivoluzione digitale che ha trasformato in questo decennio le nostre vite e le nostre relazioni. Essa fa da sfondo al cambiamento piu’ significativo che mai si sia verificato, quello connesso alla rapida diffusione degli smartphone, all’incidenza dei social media sulla formazione del consenso e della pubblica opinione, ai progressi sul terreno dell’intelligenza artificiale o dell’Internet delle cose. Non c’e’ ambito della vita associata che non sia investito da questi mutamenti e nessuna attivita’ e’ piu’ la stessa. Dieci anni fa vivevamo proprio in un altro mondo. E non e’ una frase fatta”.

Per Letta la bussola, oggi come in tutti gli snodi fondamentali della storia, “non puo’ che essere il rapporto tra dignita’ e lavoro. Quello che facciamo contribuisce a definire chi siamo, arricchisce di senso le nostre vite, ci rende donne e uomini liberi. Semplicemente il lavoro e’ dignita’ e liberta’. Se questa equazione salta, se viene meno la naturale, potente, spinta degli esseri umani a migliorare la propria condizione attraverso la fatica e il lavoro, torneranno a contare fattori quali la condizione alla nascita, la famiglia di provenienza, il censo, l’accesso a relazioni privilegiate”.

Si chiude con Emanuele Macaluso, 96 anni, una vita da sindacalista della Cgil poi dirigente del Pci, intervistato da Giorgio Frasca Polara, che ricorda le lotte di un tempo, con i mafiosi che sparavano su chi protestava, e una considerazione di Giuseppe Di Vittorio, grande leader sindacale: “Quando il bracciante non si toglie la coppola davanti al padrone o al mafioso, questo gesto diventa una prova di dignita’, una conquista dell’emancipazione”.

La mia speranza, dice Macaluso “e’ una sola: i giovani. Nelle nuove generazioni cresce una capacita’ di organizzarsi, di stare insieme. Ho molto pensato e penso al movimento delle Sardine. Sia chiaro: si tratta di una loro critica ai partiti, a quel che non fanno, ai loro ritardi. Ma tra loro spira non un ventaccio qualunquista, piuttosto aria di rinnovamento, anche della politica e fors’anche del sindacato. Puo’ darsi che mi sbagli, ma in questi ragazzi sta crescendo una esigenza legittima: una coscienza collettiva, una volonta’ di stare insieme perche’ insieme si puo’ contare… oggi che lo stesso parlamento si rivela assai debole, tutti dobbiamo nutrirci e far conto della volonta’ di partecipazione, della carica espressa dall’esplosione del volontariato, della richiesta di nuove forme di liberazione (per la donna, per le violenze di genere, per l’aria che respiriamo…), purche’ tutte queste legittime ansie e battaglie trovino in un domani non lontano forme di reale organizzazione. Altrimenti la democrazia decade, viene meno“.

LEGGI ANCHE: Lavoro, Governo, Europa: confronto tra Enrico Letta e Susanna Camusso

https://www.youtube.com/watch?v=0qDq3nKD-NE&feature=youtu.be

MIGRANTI. DI CESARE: DIRITTI OLTRE CONFINI, PENSARE AD ANELLO DEBOLE

“Il problema e’ che non si puo’ parlare ormai di diritti ma bisogna inquadrare la questione in termini piu’ ampi: non si possono difendere solo i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, se in questo modo si intendono solo i cittadini, quelli cioe’ che hanno una cittadinanza, uno stato nazione che li protegge”. Lo sottolinea Donatella Di Cesare, docente di filosofia all’Universita’ La Sapienza di Roma, interpellata dalla ‘Dire’ nel giorno dell’uscita del libro ‘Lavorare e’ una parola’, un alfabeto corale a cinquant’anni dallo Statuto dei lavoratori, a cura di Altero Frigerio e Roberta Lisi per Donzelli editore.

Per la docente “la grande sfida sono quelli che non hanno protezione, gli immigrati, che sono esposti non solo alle questione del lavoro e della precarieta’, ma sono sottoposti a discriminazioni ulteriori. Quindi si sommano la questione classe con quella razza, e questo li porta ad essere l’anello debole”.

Il termine diritti allora “e’ un concetto troppo astratto se non viene contestualizzato e la grande questione della sinistra e’ non solo difendere i diritti dentro le frontiere ma guardare al welfare e alla giustizia sociale oltre le frontiere“.

Il tema dei diritti insomma “si lega alla cittadinanza”. Per Di Cesare e’ necessaria “una interpretazione dei diritti internazionalista, guardando non solo all’Europa ma oltre, secondo la tradizione della sinistra che e’ sempre stata internazionalista: solidarieta’ e giustizia internazionale”.

Il contrario quindi del concetto di Stato e Nazione che “sono una finzione” e il contrario dell’idea che “chi nasce in un posto appartenga a quel luogo e quel luogo gli appartenga e possa quindi accampare piu’ diritti”.

Tutti temi questi che “non sono all’ordine del giorno nella politica italiana, c’e’ il solito corto circuito, per cui ogni volta c’e’ un’urgenza e si pensa a difendere coloro che hanno dei diritti, abbandonando chi e’ senza protezione, d’altronde la legge cittadinanza in questo Paese e’ naufragata”.

Unico atto di speranza, arrivato in questo periodo in questo ambito, e’ stata la regolarizzazione dei migranti contenuta nel decreto rilancio: “Si’, questo e’ stato un risultato positivo e importante, un bel segnale”, conclude Di Cesare.

SCARCELLA (S.EGIDIO): TEMIAMO CROLLO OCCUPAZIONE TRA I PIU’ FRAGILI

Quella italiana sulla disabilita’ e’ una legislazione buona e avanzata, dall’integrazione scolastica all’inserimento nel mondo del lavoro”. Lo sottolinea Paola Scarcella, responsabile inserimento lavorativo della Comunita’ di Sant’Egidio, nel giorno dell’uscita del libro ‘Lavorare e’ una parola’, un alfabeto corale a cinquant’anni dallo Statuto dei lavoratori, a cura di Altero Frigerio e Roberta Lisi per Donzelli editore.

Per Scarcella lo Statuto dei lavoratori “include tutti e sottolinea il valore del lavoro per tutti. Noi in particolare vediamo l’enorme dignita’ che da’ il lavoro alle fasce piu’ deboli“.

L’esperienza della Trattoria degli Amici a Roma ad esempio offre una esperienza lavorativa a 11 disabili, assunti a tempo indeterminato, sul totale di 24 dipendenti della struttura a cui si sommano i volontari. “Sono quasi tutti assunti part time, perche’ lavorare per 36-40 ore nella ristorazione non sarebbe sostenibile: per loro lavorare e’ molto importante, significa essere produttivi, avere un ruolo di lavoratori, quindi avere un ambito di vita oltre la famiglia. Dopo il lockdown abbiamo riaperto ma l’attivita’ e’ pochissima in un contesto come quello di Trastevere che vive di turismo, ora praticamente assente”.

Piu’ in generale Scarcella sottolinea che “il tasso di occupazione tra i disabili e’ attorno al 30%, quindi meno della meta’ rispetto al resto della popolazione in eta’ da lavoro. Nella crisi economica del 2008-2009 c’e’ stato un crollo delle opportunita’ e poi c’e’ stato un recupero. Prima della crisi- riferisce- tante aziende chiedevano l’esenzione rispetto agli obblighi definiti dalla legge 68, che impone una quota di assunzioni alle imprese con piu’ di 15 dipendenti. Ma la cosa positiva che ci ha colpito era l’avviamento in tante realta’ piccole, che non avevano l’obbligo e assumevano lo stesso, questo testimonia un cambiamento culturale importante”.

Ora l’allarme e’ grande: “Temiamo ci sia un crollo: la crisi economica post pandemia, che ricadra’ su tutti, potrebbe abbattersi soprattutto sui piu’ fragili, temiamo che molte aziende non riapriranno proprio. Vediamo le difficolta’ nell’ambito della ristorazione, c’e’ una difficolta’ oggettiva e saranno tanti i posti che si perderanno soprattutto tra i piu’ fragili”.

https://www.youtube.com/watch?v=pt7AFuC0BPQ&feature=youtu.be

MILANO (SAVE THE CHILDREN): POST COVID ALLARME PER BAMBINI E DONNE

Allarme per bambini e donne nel post pandemia. Raffaela Milano, direttrice programmi Italia-Europa di Save the Children, interpellata dalla ‘Dire’ in vista dell’uscita del libro ‘Lavorare e’ una parola’, un alfabeto corale a cinquant’anni dallo Statuto dei lavoratori, a cura di Altero Frigerio e Roberta Lisi per Donzelli editore, sottolinea le preoccupazioni generate dalla chiusura delle scuole e dei servizi educativi.

“Siamo molto preoccupati- spiega- abbiamo notato che bambini e adolescenti sono al centro di una doppia crisi“. Da un lato, osserva la direttrice dei programmi Italia-Europa, “c’e’ la crisi educativa dovuta alla chiusura della scuola: la didattica a distanza che si e’ resa necessaria durante il lockdown ha escluso molti ragazzi“.

Inoltre c’e’ un fenomeno di “impoverimento delle famiglie. Abbiamo riscontrato che nei quartieri piu’ difficili ad esempio tanti tirocini e altre piccole opportunita’, che si sono attivate con tanta fatica, si sono tutte bloccate. Di fronte a questa doppia crisi, educativa e di poverta’, crediamo che ci sia un nuovo sviluppo di lavoro sommerso”.

“Inoltre- continua Milano- siamo molto preoccupati per le mamme: la chiusura dei servizi educativi crea un grosso problema di conciliazione, abbiamo gia’ molte poche mamme lavoratrici e ora rischiamo che quelle poche non riaccedano al mondo del lavoro o lo facciamo in modo limitato con il part time involontario o lo smart working”.

Il rischio insomma e’ “un mondo del lavoro che riparta tutto al maschile, per evitarlo bisogna rispondere con servizi educativi per la prima infanzia, che sono gia’ molto carenti soprattutto al Sud dove solo 2 bambini su 100 entrano in un asilo”.

https://www.youtube.com/watch?v=KU6F3NoPC98&feature=youtu.be

MILANO (SAVE THE CHILDREN): IN ITALIA 30MILA BAMBINI SFRUTTATI

Credo ci sia una grande attualita’ nello Statuto dei lavoratori e che questa occasione non debba essere solo una celebrazione di un testo fondamentale per diritti e la dignita’ del lavoro, ma debba essere una occasione per rinnovare un impegno”, sottolinea ancora la direttrice programmi Italia-Europa di Save the Children Raffaela Milano,

Milano ricorda come la sua associazione sia impegnata “in tutto il mondo per fare in modo che bambini e adolescenti vengano liberati dallo sfruttamento del lavoro, che e’ una forma di schiavitu’ contemporanea”.

Una realta’ che spesso si pensa appartenga a Paesi lontani, invece “anche il nostro paese non e’ estraneo allo sfruttamento dei bambini che e’ l’altra faccia della dispersione scolastica. Quindi e’ importante ricordare lo Statuto dei lavoratori per attualizzare un impegno per i diritti e per il contrasto di ogni forma di sfruttamento del lavoro dei minori”.

I dati sono inquietanti. “Nel mondo- spiega la direttrice programmi Italia-Europa di Save the Children- ci sono 152 milioni di bambini e adolescenti sfruttati. In Italia non c’e’ un dato aggiornato, ma da una rilevazione di 7 anni fa che abbiamo fatto con l’associazione Bruno Trentin emergeva un dato di 300 mila minori coinvolti e tra questi, 30 mila in una situazione di grave sfruttamento, utilizzati cioe’ in lavori pesanti che non rendono loro possibile svolgere l’attivita’ scolastica. Si tratta di un dato ancora verosimile, ma servirebbe un monitoraggio di questa realta’ che ora non c’e'”.

Si tratta, spiega Milano, di “ragazzi di meno di 16 anni, eta’ oltre cui e’ consentito lavorare, sia italiani che stranieri, il 44% dei quali coinvolto in attivita’ familiari, altri nella ristorazione, panifici, attivita’ ambulanti, il 20% in campagna, l’1,5% in cantieri”.

Non si tratta di esperienze formative in vista di un futuro mestiere, ma di “vero sfruttamento: non e’ un apprendistato ma e’ un lavoro dequalificante e molto spesso da questi lavori si cade facilmente nei circuiti della criminalita’”, conclude.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it