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Tra Calenda e Renzi volano gli stracci, mentre tra i Dem qualcuno vuole cambiare nome: PdL

Il carattere ha prevalso sulla politica e alla fine i due, anche se per interposta persona, si sono mandati a quel paese

Pubblicato:11-04-2023 17:43
Ultimo aggiornamento:11-04-2023 17:43

gruppioni e pigoni
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ROMA – Troppo diversi, troppo abituati a prendere la scena, tutta la scena ognuno per sé. Pochi in partenza e ancora meno adesso quelli che scommettono sull’intesa tra Calenda e Renzi per far nascere il Terzo Polo dall’unione tra Azione e Italia Viva. Il carattere ha prevalso sulla politica e alla fine i due, anche se per interposta persona, si sono mandati a quel paese. A questo punto quel Terzo Polo immaginato, che doveva occupare lo spazio politico tra destra e sinistra, sparisce dalla scena, sostituito d’ora in avanti dalle male parole che si lanceranno amici e colleghi degli ex promessi sposi. E che sia davvero divorzio lo si capisce perché si parla di mani sulla cassa da parte di Matteo Renzi che pur avendo preso l’impegno di fare un passo indietro, secondo quelli di Azione, invece si è ripreso la guida del partito e vuol continuare a menar le danze pure come direttore del quotidiano randello Riformista.

È guerra, sarà difficile ricucire, lo si capisce leggendo la velenosa comunicazione del tesoriere di Italia Viva, braccio destro e sinistro di Matteo Renzi, Francesco Bonifazi: “Giova ricordare che Italia Viva -scrive- ha contribuito in modo paritetico rispetto ad Azione a tutte le campagne elettorali del Terzo Polo, dalle politiche alle regionali del Friuli Venezia Giulia. La scelta di come destinare i soldi è stata presa dal senatore Carlo Calenda che ha optato nella stragrande maggioranza dei casi per affissioni recanti il suo volto e il suo nome. Italia Viva ha contribuito al momento per oltre 1 milione e 200.000 euro…”. E via elencando. Da parte sua Carlo Calenda già pensa ad un altro schieramento: “Per quanto concerne Azione la prospettiva di un partito dei liberal-democratici aperto e inclusivo resta l’unica utile al paese. Va perseguita seriamente e rapidamente con i soggetti realmente interessati. Polemiche da cortile non ci interessano e non vi prenderemo parte” scrive il segretario di Azione. Non ci sta Davide Faraone che rilancia attaccando Calenda: “Stiamo aspettando che Calenda convochi il tavolo di lavoro delle regole, stiamo aspettando che Calenda convochi il comitato politico, stiamo aspettando che Calenda spieghi come candidarsi al congresso. I tatticismi sono tutti di Calenda, non di Renzi. Meno male che dal 10 giugno si vota in modo democratico” ribatte Faraone firmandosi ancora “deputato di Azione-Italia Viva”.

Se la ridono in casa Pd, dove però la nuova segreteria della leader Elly Schlein, in gran parte fedelissimi, sta suscitando qualche malumore non solo tra i tanti esclusi. A far rumore anche le parole dell’ex senatore Luigi Zanda che pur approvando le decisioni della nuova leader intervistato da La Stampa non si nasconde: “Se Schlein considera il Pd un partito leaderistico allora la segreteria conta poco. Viceversa, se la segreteria deve essere l’organo esecutivo” non si capisce “perché sono state chiamate personalità che non vengono dalla società civile ma da altre formazioni politiche minoritarie rispetto al Pd. La logica di questa scelta mi sfugge. Mi dispiacerebbe molto se fosse quella di ‘occupare’ il partito, il mio giudizio diventerebbe molto negativo”. E farà discutere anche l’intervento di Sandro Ruotolo, appena nominato nella segreteria Dem, a un Giorno da pecora: “Un possibile nuovo nome per il Pd? Potrebbe essere il Partito Democratico del Lavoro” ha detto. Forse non ha fatto caso che abbreviando vien fuori Pdl, il Popolo della Libertà fondato da Silvio Berlusconi col famoso annuncio dal predellino della sua auto.


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