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Processo per la piccola Lavinia, investita all’asilo a Velletri. Il medico legale: “Bimba non era in piedi”

Marella: "Le lesioni riscontrate sono compatibili con uno schiacciamento del cranio tra paraurti e terreno"

Pubblicato:11-04-2022 15:12
Ultimo aggiornamento:11-04-2022 15:13
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ROMA – È iniziata alle 10 circa questa mattina la seconda udienza del processo sul caso Lavinia Montebove, la piccola investita il 7 agosto 2018 a 16 mesi nel parcheggio dell’asilo a Velletri e rimasta in stato vegetativo da allora. Per i fatti sono imputate la maestra Francesca Rocca per abbandono di minore e l’investitrice Chiara Colonnelli per lesioni gravissime. È stata depositata oggi, proprio a inizio udienza, copia del contratto di assicurazione della scuola ‘La fattoria di nonna Cocca’ e l’ apertura del sinistro “per la valutazione in sede risarcitoria”, come chiarito dall’ avvocata della difesa Anna Scifoni.

Sono stati sentiti i testimoni indicati dalla Procura: il medico legale Gianluca Marella; il papà di uno dei bambini dell’asilo Daniele Tomassi e la giovane collaboratrice Aurora Mattei. Presenti in aula le imputate e i genitori della piccola Lavinia, il pm è Giovanni Taglialatela e la giudice Eleonora Panzironi.
Il medico legale, Gianluca Marella, ha visionato per la sua relazione le cartelle cliniche fino all’ultima visita dell’Ospedale Bambino Gesù del giugno 2019. Nel corso della sua testimonianza ha distinto la malattia occorsa a Lavinia dopo il trauma dal postumo, che ha definito in sostanza irreversibile con miglioramenti “non significativi rispetto alla vita sociale e relazionale”. Ha descritto lo specialista “lesioni del distretto radio encefalico, fratture ossee del cranio, edema e lesioni cerebrali con erniazioni dell’encefalo dalla fontanella”, un quadro “traumatico grave riconducibile all’azione dinamica dell’investimento”.

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Lavinia p arrivata in pronto soccorso a Velletri “in coma 3 su una scala da 3 a 15, al limite della morte”, ha chiarito il medico. Oggi la bambina ha “una tetraparesi, un’insufficienza dell’ipofisi, una minima coscienza – ovvero una reazione minima agli stimoli magari dolorosi – ma è un residuo scarsamente utilizzabile nella vita sociale e relazionale e un quadro non più modificabile”, ha puntualizzato. “La tempestività dei soccorsi rispetto all’avvenuto è stato importante”, ha risposto il medico alla difesa. “Non c’ e’ stato un sormontamento della ruota, ma- ha precisato ancora il medico- le lesioni riscontrate sono compatibili con uno schiacciamento tra la parte anteriore dell’automobile, il paraurti, e il terreno” e, ha sottolineato ancora, “secondo me la bambina non era in piedi nè – si può dire – che stesse cadendo”.

Il secondo test è stato il papà di uno dei bimbi del nido famiglia, Daniele Tomassi, infermiere dell’Asl Roma 6 con ex moglie quel giorno in servizio al pronto soccorso di Velletri, rimasto con la classe dei bambini, “una decina circa lasciati soli per 30-40 minuti”, quel 7 agosto “intorno alle 10“, come ha riferito, nell’intervallo tra il suo arrivo con il figlio a scuola, poco dopo l’investimento di Lavinia, e l’arrivo di una giovane tirocinante che aiutava la maestra Rocca, chiamata dallo stesso papà con il cellulare che la maestra aveva lasciato in struttura. Ha riferito di ricordare e di aver notato, mentre entrava per portare suo figlio e dopo esser sceso dalla macchina, “una macchia di sangue vicino al cancello dell’ingresso. Entrando in asilo- ha raccontato al pm- mi ha aperto una bambina di 12-13 anni, A.. Era successo un incidente e mi disse che guardava lei i bimbi e io sono rimasto li una mezz’ora fino a quando non è arrivata la maestra sostituta”. “Il papà di un bimbo mi contattò dal telefono della maestra verso le 10 per chiedermi se potevo andare a scuola perché c’era stato un incidente e all’arrivo mi ha detto che era Lavinia. I bambini erano agitati e impauriti. Il fratellino di Lavinia non si era reso conto dell’accaduto”.

Cosi la giovane tirocinante allora ventenne, Aurora Mattei ha ricostruito quella mattina fissando due punti nel suo racconto: “La maestra all’arrivo mi ha raccontato dell’investimento, che lei era dentro la struttura e Lavinia fuori” e “mi ha chiesto se potevo prendere un secchio con dell’acqua che lei ha sparso sulle macchie di sangue (particolare riferito alla polizia). I bambini erano agitati e andavano tutti alla finestra” per guardare fuori. Lì dove, entrando, la stessa giovane collaboratrice ha riferito di aver notato “una scarpetta rosa, piccola, e più macchie di sangue dentro l’area, all’interno del cancello”.


All’avvocata di parte civile Cristina Spagnolo la Dire ha chiesto se la minore A., che frequentava il nido famiglia con il fratellino per esigenze familiari e che quel giorno rimase con la classe dal tempo dell’incidente all’arrivo del papà, sarà ascoltata. “Lo valuteremo”, ha detto. Resta, come pare, anche da precisare se la tempestività dei soccorsi di cui ha parlato il medico sia riferibile a quelli ospedalieri. Va ricordato infatti che la piccola Lavinia in quelle condizioni è stata sollevata da terra e portata in ospedale dalla maestra e dall’investitrice. La prossima udienza è fissata al 30 maggio.

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