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Giornata Mare, Ami: “Blue economy e pesca sostenibile per nuovo modello sviluppo”

Rappresentanza in Italia della Commissione europea: "Stock ittici superiori del 50% rispetto a 2003"

Pubblicato:11-04-2021 10:31
Ultimo aggiornamento:11-04-2021 10:31

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ROMA – In occasione della Giornata nazionale del Mare dell’11 aprile torna in primo piano il dibattito sul passaggio dalla ‘green’ alla ‘blue economy’, prospettiva che trova nell’osservazione dei processi naturali un nuovo paradigma di gestione delle risorse e della produzione. Ne è convinto anche Alessandro Botti, presidente dell’associazione Ambiente Mare Italia (Ami), che guarda alla ‘blue economy‘ come a “un modello di riferimento basato su durabilità e rinnovabilità– spiega in un’intervista all’agenzia di stampa Dire- perché permette di passare da un’economia lineare in cui ‘tutto si produce perché tutto si consumi’, a un’economia circolare, in cui ciò che si produce è già pensato per essere materia di ulteriore utilizzo”.

Ma come si può passare dalla cultura dell’usa e getta e dell’obsolescenza programmata a quella del riciclo e del riutilizzo delle risorse, senza subire contraccolpi? Guardando alle “infinite potenzialità” della ‘blue economy’, in cui, una buona fetta del vantaggio, “oltre alla tutela e alla valorizzazione dell’ambiente naturale”, consiste proprio nella “creazione di nuovi posti di lavoro e professionalità”, mettendo al centro proprio “il mare- osserva Botti- Dobbiamo investire in infrastrutture che permettano non solo una pesca e un’acquacoltura più sostenibili o un trasporto mercantile che non abbia impatto a causa degli sversamenti di liquami, dell’uso di combustibili non raffinati o dell’inquinamento acustico- continua- ma che possano cogliere le grandissime opportunità che il mare offre, ad esempio, nella produzione delle energie rinnovabili”.

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Come dimostra “il più grande parco eolico offshore del mondo inaugurato nel Mare del Nord nel 2019– osserva il presidente di Ambiente Mare Italia- o la stagione positiva che sta vivendo il mondo della pesca, anche in Italia, sempre più orientato in favore della sostenibilità”, con “l’attenta scelta degli stock ittici in base alle aree di cattura e ai periodi, ai metodi di cattura a basso impatto, alla riduzione dell’inquinamento dei mezzi utilizzati e all’eliminazione della plastica rilasciata nell’ambiente”. Esperienze incoraggiate dalla Commissione europea, che negli ultimi anni proprio sul mare e sulla pesca sostenibile ha incentrato alcuni dei più importanti obiettivi green da raggiungere nel medio e lungo periodo, nell’ottica che da mari in buona salute dipenda non solo la tutela della biodiversità e degli ecosistemi, ma anche il mantenimento di una riserva di stock ittici.

DE STEFANIS: “LA PESCA SOSTENIBILE È NECESSARIA PER CONSEGUIRE GLI OBIETTIVI DEL GREEN DEAL”

“La comunicazione annuale sui progressi della pesca sostenibile e gli orientamenti per il 2021 pubblicato a giugno 2020- spiega all’agenzia Dire Claudia De Stefanis, a capo del team Comunicazione della Rappresentanza in Italia della Commissione europea- indica notevoli miglioramenti: il volume degli stock ittici è superiore del 50% rispetto al 2003, segno che le politiche di gestione della pesca dell’Unione Europea hanno funzionato. Una pesca sostenibile è necessaria per conseguire gli obiettivi del Green Deal europeo e in particolare gli obiettivi della strategia sulla biodiversità e della strategia ‘dal produttore al consumatore’- sottolinea- Molto, però, c’è ancora da fare, anche nel Mediterraneo, per la conservazione delle risorse ittiche”.

IL PIANO D’AZIONE DELL’EUROPA

Anche a partire dai comportamenti di consumo individuali: “L’Ue ha pensato di sensibilizzare i consumatori con una campagna di comunicazione che in Italia è stata intitolata ‘Il mare in bocca‘- ricorda De Stefanis- l’obiettivo è far capire limportanza di acquistare e consumare pesce da pesca sostenibile”. Inoltre, quest’anno “la Commissione europea prevede di presentare un piano di azione per la conservazione delle risorse ittiche e la protezione degli ecosistemi marini, in linea con l’importante strategia adottata dalla Commissione europea a maggio dell’anno scorso sulla biodiversità, pilastro del Green Deal”, con “il 30% dei nostri mari che entro il 2030 dovrà essere costituito da Aree marine protette (Amp)”.

L’impegno strategico del Vecchio Continente si avvale della “dinamica fruttuosa sviluppata tra Commissione e Parlamento europeo”, che “sta portando verso una legislazione in materia di controllo della pesca che dovrebbe introdurre alcune importanti innovazioni- fa sapere De Stefanis- tra cui la localizzazione elettronica di tutti i pescherecci, la digitalizzazione delle informazioni sulle catture e il miglioramento della tracciabilità dei prodotti della pesca”, con l’obiettivo anche “di armonizzare le sanzioni in tutta l’Ue”. Punti contenuti nella proposta di revisione del sistema di controllo della pesca della Commissione e accolti dal Parlamento, che invece “non concorda sull’installazione di telecamere a circuito chiuso per il controllo dell’obbligo di sbarco”. L’Europa, dunque, si prepara alla svolta “con obiettivi di lungo termine al 2050 e strategie settoriali che contribuiscono al Green Deal in un orizzonte temporale più corto. Il 2050 è il punto di non ritorno, ma dobbiamo vedere realizzati degli obiettivi già entro il 2030. Abbiamo solo nove anni per conseguirli- conclude De Stefanis- occorre fare presto”.

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