NEWS:

Attaccamento e psicopatologia, Balbi: “Trattare il legame”

Workshop Humanitas-Lumsa-CeTePo a Roma con Crittenden a maggio

Pubblicato:11-04-2017 09:31
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:06

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA –  “L’attaccamento è un sistema basato sulla reciprocità: nessun bambino si attacca a un adulto che, a sua volta, non sia già attaccato a lui. Per capire, quindi, la qualità di un attaccamento, che può causare anche un disturbo psicopatologico nel bambino, dobbiamo prima considerare la relazione significativa di corrispondenza tra il bambino e il prestatore di cura attaccato a quel bambino, che può provocare a entrambi uno stress di attaccamento”. È Juan Balbi, direttore del Centro di Terapia Cognitiva Post-razionalista (CeTePo), a spiegare alla DIRE l’importanza della qualità dell’attaccamento sia nello sviluppo normale del bambino, che nell’emergenza di disturbi psicopatologici.

Sul tema il Cons​orzio universitario Humanits, il CeTePo e l’Università Lumsa dedicano una due giorni a Roma,  il 13 e 14 maggio, promuovendo un workshop su ‘Attaccamento e psicopatologia. Impostazione clinica del modello maturativo dell’attaccamento (DMM)’ nell’Aula Magna dell’accademia Alfonsiniana, in via Merulana 31. La relatrice sarà Patricia Crittenden, creatrice del DMM e professore associato alla Facoltà di Psichiatria della Dalhousie University di Halifax in Canada.


Balbi chiarisce il suo pensiero con un esempio. “Il 7% dei bambini in età scolastica in Cile e Stati Uniti sono trattati farmacologicamente per la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (Adhd). Eppure, per la sua condizione di sviluppo il bambino non può strutturare una nevrosi che si mantiene fine a se stessa- afferma Balbi- questo disturbo psicopatologico del bambino è una reazione sintomatica specifica al suo proprio stress di attaccamento con un determinato prestatore di cura, che a sua volta vive lo stress di attaccamento perché probabilmente è in una fase di crisi personale. Non tutti i prestatori di cura sono uguali con il primo, il secondo o il terzo bambino. Infatti, capita spesso che lo stesso bambino sia ipercinetico con la mamma, ma quando va a casa della zia si comporta normalmente”.

 – Esiste allora l’Adhd?

“Lo stesso Leon Eisenberg, il creatore di questa sindrome, prima di morire disse, quasi cercando il perdono, che l’Adhd era una malattia finta, inventata. La sindrome esiste- puntualizza Balbi- ma è la spiegazione che non funziona bene. Non è una malattia del bambino, è una malattia del legame tra il prestatore di cura e il bambino. È la struttura stessa del legame, caratterizzato da un alto livello di stress, che provoca nel bambino questo comportamento”.

 – Il legame è trattabile?

“Assolutamente sì- risponde lo psicoterapeuta- però devo sottolineare come si sviluppa il trattamento. Il trattamento non va orientato principalmente al bambino, che è una terminale del sistema. Noi dobbiamo arrivare alla centrale del sistema e quindi dobbiamo trattare principalmente il prestatore di cura. Innanzitutto andrà fatta una diagnosi su chi sia il prestatore di cura al quale il bambino sta rispondendo in questo modo. In Argentina- racconta il direttore di CeTePo- abbiamo realizzato questo trattamento con i bambini di un orfanotrofio, senza famiglia. Abbiamo cercato l’adulto che stava nel contesto del bambino e con i quale il bambino aveva sviluppato un attaccamento, perché- ripete il professore- il bambino non si attacca a chiunque ma si attacca ad una persona che si attacca a lui. Questi prestatori di cura all’orfanotrofio hanno prestato la loro collaborazione, così abbiamo portato avanti il trattamento con loro ed ha funzionato”.

– Alla luce della conoscenza sul rapporto tra la qualità dell’attaccamento e i disturbi psicopatologici, qual è l’indicazione per il trattamento?

“Non si tratta di un corso di puericultura- replica il docente della scuola Humanitas di specializzazione- trattiamo principalmente lo stress di attaccamento del prestatore di cura, che emerge in un momento specifico della sua esperienza di genitore o di prestatore di cura. È certamente un trattamento psicoterapeutico per il prestatore di cura poiché, quando capisce come il suo stress di attaccamento influisca sullo stress di attaccamento del bambino che sviluppa una patologia, può cambiare. Quando cambia l’adulto cambia anche il bambino”.

 – Qual è il contributo della dottoressa Patricia Crittenden?

“Il suo principale contributo è la ricerca. È, infatti, una ricercatrice e una clinica in psicologia dello sviluppo- risponde il professore in Psicologia cognitiva dell’età evolutiva- ed ha sviluppato un modello clinico. È stata allieva di Mary Main, a sua volta discepola di Mary Ainsworth , nota per lavorare con John Bowlby, lo psicoanalista britannico che ha elaborato la teoria dell’attaccamento. Crittenden ha sviluppato un modello di categorizzazione sull’attaccamento in bambini in età pre-scolare, scolare e adolescenti (Bowlby lo faceva sui bambini di 18 mesi). La studiosa ricerca la sensibilità genitoriale, la capacità del prestatore di cura, per capire i bisogni del bambino e coordinarsi in modo adeguato fino all’età scolastica. Capire quello che succede con un bambino ipercinetico senza il contributo della dottoressa Crittenden sarebbe impossibile. La ricercatrice ha prodotto una conoscenza sulla quale si basano le nostre premesse teoriche- conclude Balbi- consentendoci di portare avanti questo trattamento del legame”.

di Rachele Bombace, giornalista professionista

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it