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A Roma tracollo degli incassi per bistrot, moda e gioielli: si va verso la chiusura

Raggiunti picchi del 90% in meno. Giù le saracinesche già da 'Calzedonia' a 'La Rinascente'

Pubblicato:11-03-2020 13:55
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 17:07

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ROMA – Ristoranti e bistrot costretti alla chiusura. Fatturati dimezzati tra i forni e i bar. In crisi anche le gioiellerie, senza più clienti. Tengono, invece, edicole e naturalmente i supermercati. Questo il quadro del commercio a Roma, un bilancio fatto al termine delle prime 24 ore degli effetti del decreto governativo annunciato lunedì sera dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per fermare il contagio del Coronavirus. Le misure governative non vengono contestate da nessuno degli operatori raggiunti dall’agenzia Dire. Ma gli effetti sono pesanti.

Al caffè-forno Giselda, di viale Trastevere, parlano di “situazione drammatica”. Secondo il proprietario, Cristiano Arlechino, “già da 10 giorni registravamo una perdita del 30% per la scomparsa degli stranieri, e questo vale ancora di più per altri esercizi in centro. Con le misure prese l’altro ieri siamo scesi al -50% del fatturato. Noi tra l’altro siamo un locale ma siamo anche fornitori. Ci hanno chiuso 12 clienti tra ristoranti e altri. Per questo ho dovuto mettere in ferie forzata due autisti dei furgoncini delle consegne. La situazione è grave veramente: il Governo deve sospendere assolutamente entro il 16 marzo il pagamento del F24 per i contributi. Se non lo fanno sono dei pazzi perché quel giorno scade il versamento dell’Iva e i contributi che equivalgono a circa alla metà del costo del personale”.

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Da Roma nord a Roma sud, in effetti, sono tanti i ristoranti e i locali chiusi o che lo stanno per fare: Da ‘Il Marchese’ di via di Ripetta e ‘Da Brando’ a Ponte Milvio fino a “Necci” al Pigneto o ‘L’Antagonista’ di via del Commercio, ad Ostiense. 

Federico, uno dei quattro soci de ‘L’Antagonista’, ci spiega che “ieri non è entrato nessuno. Eravamo aperti a pranzo ma oggi abbiamo deciso di chiudere, anche perché stanno chiudendo, o l’hanno già fatto, molti tra gli uffici che abbiamo tutto intorno e quindi non ci conviene restare aperti. I provvedimenti sulle chiusure del Governo sono giusti e sacrosanti e si devono rispettare perché sono l’unico modo per contrastare il virus. Le misure economiche? Piuttosto che spostare il pagamento delle bollette sarebbe meglio una dilazione perché poi se devo pagarne due insieme non è che la situazione cambi molto. Mi auguro anche che il Comune faccia la sua parte sulle tasse comunali sugli esercizi commerciali. Penso alla tassa sull’occupazione di suolo pubblico: spero si possa rateizzare o dimezzare”.

Il proprietario del ristorante “Da Brando”, mascherina sul volto, ha fatto un appello su Facebook. “Noi stiamo chiduendo tutto per tutelare la nostra salute, quella dei dipendenti e quella di tutti. Voglio fare una preghiera ai colleghi che si ostinano ad essere aperti: non avete capito, dobbiamo stare tutti a casa”.

Non va meglio il settore delle gioiellerie. Sono molte quelle chiuse o che stanno per abbassare la saracinesca. Molti marchi prestigiosi hanno calato provvisoriamente il sipario in centro. Resiste, ma ancora per poco, Baiani, a piazza Cavour. “Ieri- ha spiegato il proprietario Nicola Vicentini- abbiamo avuto incassi pari forse al 3-5% del normale. Fuori c’è il deserto. L’altro ieri (il giorno prima il decreto, ndr) tre persone sono entrate e hanno fatto acquisti. In altri giorni mi sarei molto lamentato ma per i tempi che corrono mi è sembrato quasi un miracolo. Alcuni vicini hanno detto che non apriranno nei prossimi giorni perché alla fine si spendono più soldi per la bolletta della luce rispetto agli incassi. Oggi probabilmente chiudiamo: ti dicono di stare a casa, chi va a fare shopping? Magari, però, sarebbe più coerente far chiudere per tutti”.

Anche il settore della moda è in piena crisi. Gianni Battistoni, presidente dell’associazione via Condotti, ha spiegato alla Dire di aver scritto ai suoi associati “invitando alla chiusura fino al 3 aprile come hanno già fatto gruppi come Calzedonia o La Rinascente. In giro non c’è nessuno. Anzi, non gira nessuno per strada per decreto. Con una strana contraddizione: i negozi sono aperti, i dipendenti possono andare a lavoro ma i clienti non possono venire. Nell’autocertificazine non ci si può giustificare dicendo che si va a fare shoppng. Per questo meglio chiudere”. In mezzo a questa situazione generale di crisi, oltre ai supermercati, presi letteralmente d’assalto nelle ultime ore, va meglio anche la situazione per i giornalai, almeno per alcuni di loro. L’edicola Hampai di viale delle Milizie, ci spiega il proprietario, “resta sugli stessi volumi di incasso del solito, anzi forse qualcosa di più. A ieri sera reggevamo. Tutto sommato va bene, forse i clienti, costretti a restare chiusi in casa hanno voglia di rilassarsi con qualche rivista e qualche giornale in più del solito. Tra l’altro non essendo vicini alle scuole almeno noi non abbiamo risentito della chiusura degli istituti”. Visto, infine, che le consegne a domicilio non sono state proibite va bene anche il settore del “delivery“, al punto che, come segnala il sito Puntarella Rossa, si stanno adeguando anche molti ristoranti, come ad esempio ‘Pro Lodo Dol’ di Centocelle. “Il take away dilaga- si legge- gli appelli lanciati per restare a casa si fanno sempre più insistenti e anche i ristoratori sembrano sostenere questo tipo di comunicazione aprendosi al delivery o all’asporto”.

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