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Centrafrica, al Ledger Plaza marmi di Gheddafi e kalashnikov

È il paradiso proibito per quasi tutti i centrafricani. Isola di relax e luogo di incontri per ministri, diplomatici e cronisti stranieri

Pubblicato:11-03-2019 15:27
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:13

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BANGUI – Dal bordo piscina la collina digrada verso palme che brillano di un sole giallo tropicale. Oltre le sdraio, corvi codacorta si posano sul tetto di un bungalow-bar. È l’ora del tramonto al Ledger Plaza Hotel, paradiso proibito per (quasi tutti) i centrafricani, isola di relax e luogo di incontri per ministri, diplomatici e qualche cronista straniero. A Bangui, soprattutto, un simbolo di lusso e potere: ancor più del palazzo presidenziale. 

ledger plaza

“Lo fece costruire nel 2005 Muammar Gheddafi, con la facciata, i marmi e tutto” spiega Herve’ Sarandij, sorridente in livrea. L’albergo, cinque stelle, 148 stanze, nove ‘suite executive’, sale conferenze e centro commerciale, è proprietà della Libya Africa Investment Company (Laico). Oltre le palme c’e’ un cancello automatico presidiato 24 ore su 24 da guardie private armate.


Fuori, una pista di terra rossa taglia la capitale della Repubblica Centrafricana da nord a sud: e’ la stessa da dove nel 2013 arrivarono i ribelli dell’alleanza Seleka. Messo in fuga il presidente Francois Bozize’, non si erano impiantati nel suo palazzo ma avevano preferito proseguire qualche centinaio di metri. Il quartier generale l’avevano sistemato a bordo piscina, accanto ai tavoli del buffet. 

“Dono di Gheddafi, mi ricorda il Rixos di Tripoli” annotava il 17 novembre di quell’anno David Smith, inviato del quotidiano inglese ‘The Guardian’. “C’ero andato pochi giorni dopo per ottenere un’autorizzazione dal nuovo ministro dei Trasporti” racconta oggi Antonello Massini, logista dell’ong Coopi, uno dei pochi italiani a non andar via dopo la presa di Bangui (e per quattro mesi rifugiato in un container dell’Onu): “In strada c’erano i cadaveri e nel piazzale di fronte alla reception ragazzini con il mitra a tracolla che poi la notte se ne andavano in giro a sparare e saccheggiare”.

Michel Djotodja, il presidente insediato dai ribelli, era rimasto nella suite del Ledger solo pochi mesi. Colpa del voltafaccia di Idriss Deby, presidente del Ciad alleato dei francesi che inizialmente avrebbe sostenuto i ribelli. Ora al Ledger tira un’aria nuova: sono spuntati i russi, al fianco del presidente Faustin Archange Touadera come guardie del corpo e consiglieri politici.

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