NEWS:

Giustizia, Petrillo (criminologa): “No benefici ai soggetti pericolosi”

"Oggi ci troviamo di fronte ad una problematica differente rispetto al passato. Così come diventano più complicati i crimini, allo stesso modo c’è anche un livello di sofisticazione maggiore da parte dei criminali. Ad esempio c’è un abuso per quanto riguarda la richiesta di seminfermità mentale da parte di chi commette un omicidio”

Pubblicato:11-03-2016 10:01
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:22

carceri-detenuti
FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

carceri-detenuti

ROMA – La criminologa Mary Petrillo, docente del master Csi all’università Niccolò Cusano, e Pasquale Ragone, direttore di Cronaca & dossier, sono intervenuti ai microfoni della trasmissione ‘La storia oscura’ condotta da Fabio Camillacci su Radio Cusano Campus, emittente dell’università Niccolò Cusano (www.unicusano.it), sui casi di Pietro Maso e Maurizio Minghella. Il 17 aprile 1991 Pietro Maso uccise entrambi i suoi genitori, Antonio Maso e Mariarosa Tessarinella, nella loro casa di Montecchia di Crosara per ragioni legate all’eredità. Due giorni dopo il duplice delitto venne arrestato e confessò il massacro compiuto. Da quel momento sono passati 25 anni e Pietro Maso, dopo avere scontato la pena in regime di semilibertà, nel 2015 è diventato un uomo libero. Eppure, anche per lui il passato ritorna. Il 21 gennaio scorso la Procura di Verona ha scritto il suo nome nel registro degli indagati con l’accusa di tentata estorsione nei confronti delle sorelle, non senza che quest’ultime siano state più volte minacciate dalla libertà del fratello. Solo pochi giorni fa Pietro Maso è stato ricoverato per turbe mentali e abuso di cocaina. La sua libertà ha però aperto il dibattito sulla opportunità di concedere la libertà a chi ha commesso delitto tanto efferati.

Rimettere in libertà un soggetto come Maso è stato un fatto gravissimo– ha affermato Mary Petrillo- Per reati particolarmente efferati non dovrebbe esserci la possibilità di richiedere il rito abbreviato, ci vuole la certezza della pena. Dobbiamo renderci conto che esistono soggetti irrecuperabili, affetti da problematiche di natura psicopatologica, non trattabile e non risolvibile. Sono quindi socialmente pericolosi. Vanno tenuti in strutture alternative al carcere se non sono capaci di intendere e di volere. Anche su Maso vanno rifatte le perizie, dev’essere riconosciuta la pericolosità sociale di questo soggetto. Lui ha minacciato di nuovo le sorelle, dicendo che avrebbe cercato in tutti i modi di completare il lavoro iniziato 25 anni fa”.


Maurizio Minghella, genovese classe ’58, finisce in carcere per la prima volta già a vent’anni. Confessa di aver ucciso due prostitute anche se gli investigatori riescono a collegare il suo nome ad altri due omicidi: tutte le vittime sono state strangolate. Si fa quasi vent’anni di carcere fino a quando, nel 1995, ottiene la semilibertà: un grandissimo errore, visto il profilo psicologico di Minghella, già autore di quattro delitti. E infatti, il serial killer che è in lui torna ad alzare la voce. Nelle sue ore libere riprende ad uccidere: altri tre omicidi, sempre prostitute, tra il 1997 e il 2001, per i quali viene incastrato nel 2003 e condannato all’ergastolo. Ora, grazie alla prova del Dna, spunta una quarta vittima, uccisa nel periodo di semilibertà. “Soggetti come Minghella non dovrebbero usufruire di alcuni benefici di legge come la semilibertà- ha affermato Mary Petrillo- Ci sono soggetti che riescono a riabilitarsi, ma ce ne sono tanti altri che non è possibile riabilitare. Minghella è un predatore, è uno che trova piacere nell’infliggere sofferenza agli altri, come si fa a riabilitarlo?. Questi soggetti sono manipolatori, sanno fingere molto bene, sono come Jekyll e Hide”.

Bisogna distinguere tra delitti dati dalla situazione contingente, delitti per bisogni psichici e delitti dove è evidente un limite affettivo del soggetto– ha affermato Pasquale Ragone- In quest’ultimo caso, credo sia corretto inserire quello compiuto da Pietro Maso. Mentre Minghella va inquadrato nella schiera dei delitti per bisogni psichici. In questi due casi si può parlare di una non recuperabilità del soggetto. Pensare ad un regime carcerario con la semilibertà credo sia un errore, soprattutto perché l’elemento che ha portato alla semilibertà di questi due soggetti è quello dei permessi premio, che vengono concessi a quei detenuti che non risultano pericolosi socialmente. Gli sono stati concessi questi permessi in quanto definiti detenuti modello. Ma questo atteggiamento che hanno avuto in carcere probabilmente era finalizzato proprio all’ottenimento di questi premi e della semilibertà, per poi commettere nuovi reati. Oggi ci troviamo di fronte ad una problematica differente rispetto al passato. Così come diventano più complicati i crimini, allo stesso modo c’è anche un livello di sofisticazione maggiore da parte dei criminali. Ad esempio c’è un abuso per quanto riguarda la richiesta di seminfermità mentale da parte di chi commette un omicidio”.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it