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Clima, a Roma 33 popoli nativi presentano al mondo le loro soluzioni

A Roma in corso il sesto summit 'Forum dei popoli indigeni' del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad)

Pubblicato:11-02-2023 18:13
Ultimo aggiornamento:12-02-2023 11:21
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Credits: Ifad

ROMA – Adottare una “prospettiva della diversità” che permetta di dare il giusto valore a visioni del mondo come quelle dei popoli originari, in grado di individuare “soluzioni universali” ai problemi connessi al cambiamento climatico e di preservare con efficacia l’armonia con la natura e la diversità culturale e biologica. Un percorso teorico che assume la forma di “azioni concrete” nell’ambito della sesta riunione globale del ‘Forum dei popoli indigeni‘ del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad), iniziato giovedì a Roma e in corso fino a lunedì. Il summit è organizzato ogni due anni dal 2009, quando venne approvato da parte dell’Ifad la Politica sull’impegno verso le popolazioni native, aggiornata lo scorso dicembre con una ulteriore enfasi sulla priorità che le questioni relative ai nativi rappresentano per l’organismo. Il tema al centro del summit per il 2023 è la ‘Leadership climatica dei popoli indigeni: soluzioni basate sulla comunità per migliorare la resilienza e la biodiversità’.

L’agenzia Dire ha parlato della riunione globale con Ilaria Firmian, specialista tecnico e coordinatrice per le questioni dei popoli originari dell’Ifad. “All’incontro stanno partecipando rappresentanti di 33 comunità native da 29 Paesi. Il gruppo di lavoro del forum è caratterizzato da un positivo equilibrio di genere e dalla presenza di numerosi leader di giovane età”, afferma la dirigente. “Il tema della prima giornata e più in generale di tutto l’evento è quello della leadership dei nativi in materia di clima e di contrasto alle conseguenze dei cambiamenti climatici. L’approccio dei popoli originari a questa minaccia- prosegue Firmian- è segnato da un rapporto intimo e profondo con la natura e le sue risorse ed è informato da una visione interculturale e a lungo termine che produce soluzioni che possono essere considerate universali”.


LA VISIONE DEI POPOLI NATIVI

Secondo Dario Mejia, dirigente colombiano del popolo Zenù e presidente del Forum permanente delle Nazioni Unite sulle Questioni native, l’efficacia dei popoli originari nel contrastare le conseguenze dei cambiamenti climatici è il frutto naturale di una visione del mondo diversa da quella “dominante che concepisce la natura come il regalo di un’entità astratta suprema”. Ma per Mejia, la visione occidentale “è stata imposta anche a colpi di spada e polvere da sparo negli ultimi sei secoli di storia”.
All’agenzia Dire il dirigente colombiano dice che più che l’emergere di una “leadership” nativa sul tema, quello a cui si sta assistendo è la “crescita di una prospettiva della diversità che ci permette di capire che esistono altre ‘cosmovisioni’”. A caratterizzare la concezione del mondo della maggioranza delle popolazioni native è la “consapevolezza che gli essere umani sono parte di una sistema più ampio dove tutte le componenti – animali, elementi naturali – hanno gli stessi diritti. Questa filosofia- continua Mejia- ha generato delle strategie che hanno permesso di conservare con efficacia la diversità biologica e culturale, che vanno di pari passo: se guardate una mappa del mondo- argomenta il presidente- noterete che i Paesi con la maggiore biodiversità son quelli dove si trovano il maggior numero di popoli originari riconosciuti”.


Il summit organizzato dall’Ifad è quindi un’occasione per creare consapevolezza sulla possibilità di trovare soluzioni che partono da concezioni diverse della relazione uomo-natura. L’incontro è anche però una possibilità di mettere in contatto le “realtà maggiormente colpite dai fenomeni connessi al cambiamento climatico, a partire da inondazioni e siccità”, come denuncia all’agenzia Dire l’attivista sudanese Khalida Abuzaid, rappresentante al forum dei popoli nativi del Paese africano. “L’incontro, a cui partecipo per la prima volta- spiega Abuzaid nella sala della sede dell’Ifad dedicata ai popoli originari- è molto importante perché i nativi sono le comunità più vulnerabili di Paesi che sono a loro volta i più esposti ai cambiamenti climatici, soprattutto in Africa”. Una valutazione, quella dell’attivista, confermata dall’indice di vulnerabilità a questi fenomeni stilato dall’università americana di Notre Dame, dove i primi dieci Paesi del mondo rispetto a questo parametro si trovano tutti nel continente africano, con il Niger a occupare l’ultima posizione.

Uno scenario complesso quindi, che si affronta “tornando al senso di umanità e di unione fra tutti i popoli, dai quali non si può prescindere quando si cercano soluzioni a questioni per loro natura globali come il cambiamento climatico ma anche come la pandemia di Covid-19”, afferma la dirigente sudanese.
Il sostegno alle popolazioni native passa anche da strumenti finanziari precisi, come l’Indigenous Peoples Assistance Facility (Ipaf) dell’Ifad. Eleanor Dictaan-Bang-ao, attivista filippina della Tebtebba Foundation e coordinatrice dell’iniziativa per l’Asia, spiega all’agenzia Dire che “l’obiettivo del meccanismo messo a disposizione dall’Ifad è quello di sostenere iniziative di sviluppo guidate da comunità native con un’ottica di creazione di reddito e lavoro e soprattutto in alcuni settori, come la sicurezza alimentare e la tramissione di conoscenze tecnologiche ancestrali”. Importante inoltre, per la dirigente filippina, è “l’aspetto di ‘capacity building’ rispetto all’accesso delle comunità originarie ai diritti umani”. Stando a quanto afferma lo stesso Ifad, dal 2010 a oggi quasi un terzo del programma di prestiti dell’organismo ha sostenuto iniziative di sviluppo con le popolazioni native per un totale di 83 progetti in 46 Paesi.

IL DOCUMENTO PER L’ONU

Lunedì prossimo, al termine della tre giorni di lavori, i partecipanti all’incontro globale produrranno un documento di sintesi e deliberazioni. “È importante osservare che questo summit si tiene alla vigilia del consiglio dei governatori dell’Ifad, previsto martedì 14 febbraio e organizzato ogni anno per decidere le strategie dell’organismo”, evidenzia ancora l’esperta dell’Ifad Ilaria Firmian. “Il testo- conclude- che uscirà da questo incontro conterrà raccomandazioni specifiche rivolte all’ente dell’Onu e di fatto anche ai governi. Alle precedenti edizioni si sono raggiunti traguardi importanti, come una delibera relativa al consenso libero informato e preventivo dei popoli originari ai progetti dell’Ifad, che ne garantisce la partecipazione ai processi decisionali”.

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