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A El Salvador attivisti e giornalisti ‘spiati’ con Pegasus. Lopez (Cristosal): “Bukele sempre più illegale”

Il dirigente dell'ong ha denunciato l'acquisto dello spyware da parte del governo, A essere stati 'infettati' con il software i cellulari di almeno 35 persone

Pubblicato:11-02-2022 18:39
Ultimo aggiornamento:12-02-2022 10:49
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ROMA – “L’atteggiamento persecutorio del presidente Nayib Bukele nei confronti di attivisti e giornalisti, l’opacità dello Stato salvadoregno rispetto alle allocazioni di alcuni fondi per questioni di sicurezza, ma anche il costo del software Pegasus, troppo alto per un singolo cittadino”. Sono alcune delle ragioni che hanno spinto gli attivisti dell’organizzazione centro-americana Cristosal a sospettare che l’esecutivo salvadoregno abbia acquistato lo spyware della compagnia israeliana di cyber armi Nso group con fondi pubblici. All’agenzia Dire ne ha parlato Ruth Lopez, responsabile giuridica contro la corruzione e per la giustizia della ong, nata in El Salvador nel 2001 e con uffici anche in Honduras e Guatemala. L’intervista si svolge a pochi giorni dalla presentazione di una denuncia alla Corte dei conti salvadoregna affinchè indaghi sull’acquisto di Pegasus da parte dal governo a guida Bukele.

L’utilizzo da parte delle autorità salvadoregne del software, scoperto per la prima volta nel 2016, è emerso da un’inchiesta giornalistica pubblicata a partire dal luglio 2021 da 17 grandi testate internazionali. L’iniziativa, denominata appunto Pegasus Project, è stata coordinata dalla ong francese Forbidden stories e si è servita dell’assistenza tecnica della ong Amnesty International e in modo particolare del suo Security Lab. Dall’inchiesta è emerso che circa 50mila utenze telefoniche in numerosi Paesi del mondo sono state “infettate” con Pegasus e quindi sottoposte a potenziale sorveglianza. Una volta introdotto nel cellulare di una persona lo spyare, come riferisce Amnesty, è in grado di “accedere completamente ai messaggi, ai contenuti multimediali, alle mail, al microfono, alla telecamera, alle chiamate e ai contatti”.


Al lato salvadoregno della vicenda hanno dedicato un approfondimento particolare il Citizen Lab dell’Università di Toronto e la ong Access now. Stando alle loro ricerche, citate anche dalla esperta di Cristosal, i cellulari di almeno 35 persone tra giornalisti e difensori dei diritti umani salvadoregni sarebbero stati infettati con Pegasus tra luglio 2020 e novembre 2021. Tra questi anche dirigenti della ong di cui fa parte Lopez, oltre che alcune firme del giornale digitale El Faro, dove sono state pubblicate diverse inchieste su corruzione e connivenza con la malavita locale da parte del governo.

Ad aggravare ulteriormente il quadro, la possibilità che Pegasus sia stato comprato con i soldi dei contribuenti. “Ci sono diversi elementi che ci portano a pensarlo”, spiega Lopez. “In primo luogo gli attacchi costanti del presidente a giornalisti, media independenti e difensori dei diritti umani, alcuni di questi anche sottoposti a misure cautelari di protezione da parte della Comision Interamericana de Derechos Humanos”. La dirigente di Cristosal prosegue: “Inoltre nel periodo oggetto delle inchieste il governo di Bukele ha ottenuto dal parlamento l’autorizzazione a ricevere fondi per politiche di sicurezza. E’ importante sottolineare- prosegue l’attivista- che l’esecuzione dei fondi non ha potuto essere controllata dai cittadini a causa della limitazione nell’accesso alle informazioni pubbliche che caratterizzano la politica di opacità dello Stato salvadoregno”. Ci sono poi anche le rivelazioni di Citizen Lab e Access Now. “E’ stato individuato un cliente di Pegasus che, sebbene non ci sia la certezza, ha operato in modo specifico nel nostro Paese e potrebbe essere legato al governo”, dice la responsabile in riferimento a quello che nell’inchiesta delle due organizzazioni è definito Torogoz, ritenuto “molto probabilmente” una rappresentante dell’esecutivo. A tutto questo si aggiungono, continua Lopez, “la politica dell’Nso group, che afferma di vendere solo ai governi, e gli alti costi del programma, inaccessibili a qualsiasi cittadino”.

Fatte tutte queste premesse, Lopez ricorda che l’utilizzo di un programma come Pegasus da parte del governo “è incostituzionale, come specificato al secondo comma dell’articolo 24 della nostra Magna carta, che proibisce qualsiasi attività che possa qualificarsi come un intervento sulle telecomunicazioni, a meno che non ci sia un’ordinanza di un tribunale che la autorizzi”. Da qui ne consegue dunque, osserva l’attivista, “che informazioni raccolte con un mezzo illegale sono a loro volta illegali” e che quindi “l’unico impiego che se ne può fare è quello di ottenere informazioni sensibili sui cittadini”. Una pratica questa, “per cui la nostra costituzione prevede la rimozione da un incarico istituzionale per chi la conduce”.

L’utilizzo di Pegasus da parte dell’amministrazione Bukele è avvenuto in un periodo in cui si moltiplicavano le accuse di corruzione e di accordi con le ‘maras’, le potenti bande criminali del Paese, per ridurre la violenza nel Paese ma incassare anche sostegno elettorale, come rivelato da El Faro. Un contesto più ampio che Lopez definisce “di deterioramento democratico vertiginoso”. Secondo la dirigente di Cristosal, “le ong sono criminalizzate e perseguitate”. Lopez aggiunge: “Il governo ha anche presentato a novembre un disegno di legge per regolare i finanziamenti dall’estero alle organizzazioni che mira solo a limitarle, soprattutto quelle che lottano contro la sempre crescente corruzione”.

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