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Caso Varese, mamma Penati: “Il malcostume dei Tribunali tutela i padri violenti”

SPECIALE MAMME CORAGGIO | "Il caso di Daniele è come quello del mio Federico Barakat. Si approvi il ddl 2417"

Pubblicato:11-01-2022 10:49
Ultimo aggiornamento:11-01-2022 14:20
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giustizia
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ROMA – ‘Sia a me che alla mamma di Daniele, i figli, come gli altri 515 bambini uccisi per mano di un genitore dal 2009 ad oggi, sono stati restituiti in una bara bianca. Non siamo in uno Stato civile, è innaccettabile. Lo Stato approvi presto il disegno di legge 2417 presentato lo scorso 13 ottobre in Senato su istanza dell’associazione Federico nel cuore e UDI, Unione delle donne in Italia. Questa legge mira a ridurre i rischi derivanti dall’esposizione di un bambino alle visite con il padre violento, sia in forma protetta che libera come nel caso di Daniele o della piccola Gloria di 2 anni, prelevata dalla comunità e portata dal padre che la uccise il 22 giugno 2019. Il figlicidio paterno è la forma estrema del femminicidio pur lasciando in vita la donna, ed è spesso collegato al tentativo di ucciderla, alla sete di vendetta verso la madre. I figlicidi sono omicidi di Stato, come quello di mio figlio Federico che è stato assassinato dal padre, dallo Stato italiano e dalla Corte Europea dei diritti umani’. E’ Antonella Penati, presidente dell’associazione Federico nel cuore onlus e mamma di Federico Barakat, ucciso dal padre in un incontro cosiddetto protetto nel 2009, a esprimere alla Dire lo sdegno e l’orrore per quanto accaduto a Varese dove il piccolo Daniele è stato ucciso dal padre che si trovava ai domiciliari per condotte violente.


‘SIMILITUDINI AGGHIACCIANTI CON IL CASO DI FEDERICO’

‘Quando la macchina della giustizia e dei servizi sociali si attiva in questi casi i bambini non vengono ascoltati, né viene garantito il loro diritto ad essere tutelati dalla violenza dei padri. I padri italiani sono bravi padri, ma il problema sta in quella percentuale – circa il 20% – delle separazioni con ‘accesa conflittualità’ di padri violenti tutelati dal pattume che c’è nei tribunali‘. Rispetto a quanto affermato dal gip di Varese Giuseppe Battarino, che ha stigmatizzato che le visite erano state autorizzate dalla madre, mamma Penati ha ricordato le analogie con il caso che ha riguardato la morte di suo figlio Federico: ‘Ci sono similitudini agghiaccianti: Daniele non voleva andare a questi incontri; l’uomo aveva avuto domiciliari per agiti violenti come il padre di Federico verso di me, c’erano denunce collegate, anche se non passate in giudicato, come sempre si scarica la responsabilità sulla madre che in ogni caso viene stigmatizzata come alienante dai servizi, posizione di fatto avallata dalla maggioranza dei giudici. Il Gip non ha ritenuto di verificare prima di affidare o di consentire la visita del minore. E’ immorale che la responsabilità non ricada su colui che ha ucciso suo figlio mettendogli del nastro adesivo e uno straccio in bocca per non urlare (secondo quanto riportano alcuni giornali) ed invece ricada sempre sulla madre veicolando nella collettività lo stereotipo del povero padre depresso. Da quando milioni di padri che si separano uccidono i figli? A questo gip posso solo porre domande: quale interesse ha prevalso? Forse quella di non aggravare la posizione di un violento ai domiciliari? Quale interesse del minore è stato preso in considerazione? Tra i compiti del giudice non vi è quello di ‘giudicare’ a prescindere dalle istanze poste dagli avvocati di parti? E se ne non era nelle sue pertinenze perchè allora non rimandarlo al Giudice competente? Come e perchè un bambino è stato mandato ad incontrare un padre ai domiciliari per agiti violenti? Forse non ha prevalso come tra avvocati e nei servizi territoriali il pregiudizio che un padre violento sia sempre un buon padre?…. Domande pesanti, però doverose. Daniele ha pagato con la sua vita questa assurda imposizione’. E’ noto peraltro, come emerge anche nei numerosi casi trattati dall’inchiesta ‘mamme coraggio’ della Dire, che le madri che non rispettano i diritti di visita scritti nelle sentenze vengono perseguite dal sistema giudiziario e dai periti o servizi sociali coinvolti, ammonite per non aver ottemperato ai diritti di visita anche se sono i bambini a rifiutarsi fino ad arrivare ai prelevamenti coatti e al collocamento in case famiglia o presso gli stessi padri.

LA LEGGE 54 SULLA BIGENITORIALITA’, ‘TUTELA PADRI VIOLENTI’

Proprio sulla famosa legge 54 sulla bigenitorialità, Penati ha ribadito: ‘Va cancellata e riscritta. Non serviva una legge per dire che un bimbo ha bisogno di un papà e di una mamma, è ovvio. Le sue origini erano diverse, ma questa legge non tiene conto nè della violenza fisica, nè tanto meno di quella psicologica ed è diventata lo strumento più crudele e feroce a tutela dei padri violenti non dell’infanzia, e neppure dei padri perbene che sonno la maggioranza. C’è bisogno di una legge che imponga ai giudici il divieto di esporre un bambino al genitore violento. L’87% dei figlicidi sono per mano paterna e sono atti punitivi verso la madre. Dal 2009 l’associazione Federico nel cuore è l’unica in Italia che cerca di far emergere come il figlicidio sia il segnale estremo del malcostume che c’è nel sistema italiano e nei tribunali per la tutela dell’infanzia e nelle falle collegate alla prevenzione del femminicidio’.


LA STAMPA E L’ASSENZA DI STUDI SUL FIGLICIDIO

E anche su come la stampa presenta queste vicende mamma Penati ha commentato: ‘I giornalisti hanno ridotto spesso il figlicidio a un toto madri e padri, mentre il figlicidio materno ha origini totalmente diverse dalla violenza agita dai padri. Quello delle madri è di tipo psicologico, psichiatrico e depressivo e non è vero che sono di più quelli materni. Il figlicidio di cui parliamo in casi come quello di Varese è frutto della cultura patriarcale e di uomini violenti e in Italia non ci sono studi su questo. Quello paterno colpisce soprattutto nord e centro e i ceti medio alti e avviene con dinamiche feroci come accoltellamento, arma da fuoco oppure questi uomini incendiano i figli’. Si comincia a dire che il figlicidio è essenzialmente di matrice paterna mentre quello materno rappresenta il 13% dei casi e trae origini da situazioni di disagio psicologico e psichiatrico. ‘Il caso di Varese non è scaturito da problematiche psichiatriche, ma da crudele ferocia nonché- ha sottolineato mamma Antonella- da una cultura patriarcale che nasconde tutte le responsabilità. Questi non sono padri, ma mostri e tutti i padri italiani si dovrebbero sentire offesi da coloro che usano queste vittime per portare avanti istanze di associazioni che portano avanti strategie processuali che assolvono solo i violenti a discapito di madri e bambini’.


‘I PADRI NON HANNO DIRITTO DI VEDERE FIGLI, MA DOVERE TUTELARLI’

Ha ricordato la mamma di Federico Barakat: ‘Il 30 ottobre è stato presentato questo DDL 2417, su iniziativa dell’associazione Federico nel cuore, dell’UDI e dei senatori Valente, Papateu, Rizzotti, La Forgia, Fedeli, Bonu, Rampi, Pittella, Giacobbe e Iori con cui viene chiesta l’introduzione del’articolo 317 ter’ per una modifica del Codice civile finalizzata a introdurre i principi della Convenzione Istanbul nell’ordinamento italiano, disponendo che l’affido dei figli a un padre violento sia immediatamente sospeso dal giudice e ‘quindi che il giudice valuti le indicazioni di rischio. Non è più rinviabile. Ai giudici dico di giudicare secondo i gradi di rischio, i diritti dei bambini sono prioritari rispetto a quelli dei padri. Non lo dico io- ha detto Penati- ma la Costituzione che impone allo Stato e quindi a coloro che devono applicare le leggi poste a fondamento del nostro sistema giuridico di essere rispettate. Bisogna avere l’onestà di non avere paura e di dire che i padri non hanno il diritto di vedere i figli, ma il dovere di proteggerli e di garantire quel diritto alla vita che è stato negato a mio figlio dallo Stato italiano e dalla Corte europea diritti umani. La sentenza CEDU ricade orribilmente ora su tutta l’infanzia italiana ed europea, con tristezza posso dire che non è un caso che lo Stato italiano è riuscito a farla franca sul caso Barakat. Nei tribunali e nei servizi territoriali si sono sentiti liberi e ci si permette di prendere la ‘qualunque decisione’… tanto se la morte di un bambino affidato allo Stato e ucciso in ambito protetto non ha prodotto alcuna responsabilità, perchè affannarsi ad agire a tutela dell’infanzia? La sentenza CEDU come quella dei tre gradi di giudizio dei giudici italiani ha assolto l’Italia, ribadendo che lo Stato non ha l’obbligo di proteggere un bambino in ambito protetto… figuriamoci se sentiva l’obbligo di proteggere Daniele durante una visita dal padre ai domiciliari. Ormai la vita dei bambino che subiscono violenza domestica è questione di pura fortuna. Se sopravvivono alla relazione con i padri violenti subiranno danni esistenziali, psicologici e biologici durante tutta la vita facendoli diventare loro stessi magari genitori violenti. Devo ricordare che il diritto alla vita e ad essere protetti è stato negato dalla CEDU soprattutto dal giudice italiano e polacco che rappresenta uno Stato recentemente uscito dalla Convenzione di Istanbul’. Il figlicidio è un ‘fenomeno nemmeno statisticamente rilevato- ha ricordato infine Penati- ma confluisce spesso nell’infanticidio, qualcuno addirittura lo confonde con l’aborto ed è questa grande ignoranza che permette ai giornalisti di scrivere cose surreali’.

Federico Barakat è stato ucciso in una stanza dell’Asl di San Donato Milanese dal padre che mamma Antonella Penati aveva denunciato più volte. Lo Stato italiano è stato assolto e nessuno ha pagato. Da quel giorno con l’associazione che porta il nome del piccolo martire sua madre denuncia il fenomeno del figlicidio agito dai padri violenti, spesso tutelati in nome della bigenitorialità. Quel che è accaduto a Varese insegna ancora una volta che ‘è meglio un figlio senza uno dei genitori che un bambino morto’.
Per firmare la petizione per il DDL 2417: https://www.change.org/p/maria-elisabetta-alberti-casellati-fermiamo-i-figlicidi-ddl2417subito

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