NEWS:

Protesi al seno bombe ad orologeria? Nel 2019 il registro obbligatorio

ROMA - La notizia non è affatto nuova e il legame tra le protesi al seno e una rara forma di

Pubblicato:11-01-2019 10:13
Ultimo aggiornamento:11-01-2019 10:13
Autore:

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – La notizia non è affatto nuova e il legame tra le protesi al seno e una rara forma di linfoma non-Hodgkin, cosiddetto ‘linfoma anaplastico a grandi cellule’, e’ gia’ da diversi anni oggetto di studio.

Nelle stanze del nostro Ministero della salute i numeri sospetti entrano nel 2011 con la prima comunicazione della FDA (Food and Drug Administration); soltanto anni dopo però, nel 2014, si apre un tavolo di lavoro con gli esperti che si mette all’opera con zelo, per fornire, senza accendere troppo i riflettori, alcuni dati utili all’opinione pubblica che rimane scioccata da titoli come quello del New York Times, del marzo 2018 ‘More Cases Are Reported of Unusual Cancer Linked to Breast Implants’, o del The Guardian di novembre scorso ‘Rare cancer linked to breast implant used by millions of women’, fino alla bomba finale di Natale che vede entrare in scena la Francia.

 E’ a meta’ dicembre infatti che scoppia definitivamente il caso, quando l’azienda Allergan sospende la vendita delle protesi a superficie ruvida sul mercato europeo e ritira tutti i lotti non impiantati. Una decisione che arriva a seguito dello stop dell’organismo ispettivo francese Gmed che, per il rinnovo del marchio CE chiede all’Allergan, anche in merito a questa associazione sospetta con il linfoma, documentazione aggiuntiva.


LEGGI ANCHE:

Italia prima al mondo ad avere il registro delle protesi al seno obbligatorio

PROTESI AL SENO E RISCHIO TUMORE, CIFRE TROPPO GIOVANI

Le cifre sul rischio di linfoma sono troppo giovani e parziali per poter documentare un’incidenza della malattia. Parliamo piuttosto della fotografia attuale che conta 38 casi in Italia, 194 in Europa, poco piu’ di 600 nel mondo con 16 pazienti morte.

E’ probabile che siano molte di piu’. Il ‘number needed to harm’ infatti, ovvero il numero di pazienti a rischio necessari per poter trovare 1 caso di linfoma BIA-ALCL, emerge da uno studio multicentrico sempre di FDA (How I treat breast implant-associated anaplastic large cell lymphoma Neha Mehta-Shah, Mark W. Clemens and Steven M. Horwitz Blood 2018 132:1889-1898; doi: https://doi.org/10.1182/blood-2018-03-785972) su 17.656 pazienti, in cui si trova la presenza di 1 caso di linfoma su 3mila donne con protesi testurizzate, a confronto degli zero casi sul medesimo campione delle donne che hanno le lisce. Gli studi sono tutt’ora in corso e ad oggi non restituiscono un risultato finale. 

PROTESI AL SENO, INTERVISTA AL DOTTOR FABIO SANTANELLI DI POMPEO

“Quello che l’epidemiologia ci dice gia’ oggi però- dichiara Fabio Santanelli di Pompeo, chirurgo plastico e segretario generale di Euraps (Societa’ europea di chirurgia plastica e ricostruttiva), interpellato dalla Dire- e’ che nessuna delle donne che hanno sviluppato questa forma di linfoma nella propria vita ha avuto solo protesi lisce”. 

I dati raccolti da FdA, a settembre 2017, erano di 414 pazienti con BIA-ALCL di cui 243 testurizzate, 30 lisce per 272 totali. Il resto dei casi non e’ definito. (https://www.fda.gov/MedicalDevices/ProductsandMedicalProcedures/ImplantsandProsthetics/BreastImplants/ucm239995.htm)

Un collegamento tra la superficie della protesi e la malattia puo’ quindi essere ipotizzato, anche se va interpretato alla luce di caratteristiche genetiche individuali, tutt’ora allo studio (US FDA Breast Implant Postapproval Studies Long-term Outcomes in 99,993 Patients Christopher J. Coroneos, MD, MSc, Jesse C. Selber, MD, MPH, Anaeze C. Offodile II, MD, MPH, Charles E. Butler, MD, and Mark W. Clemens, MD).

Pur partendo da questo dato le donne che oggi hanno queste protesi non devono sostituirle, ne’ fare controlli speciali. Questo hanno chiarito il Ministero, le societa’ scientifiche e i chirurghi in modo unanime. 

“Una rassicurazione opportuna anche perche’ questo linfoma non progredisce se diagnosticato in tempo e l’Italia- ha spiegato sempre Santanelli- non ha nulla da invidiare agli USA in questo senso, garantendo un 68,2% contro il loro 35,6% di diagnosi allo stadio iniziale, quando la malattia si risolve rimuovendo protesi e siero periprotesico e reimpiantando subito protesi lisce’.

LE DONNE 

Sono milioni le donne al mondo che hanno aggiunto una protesi al loro seno. Le additive estetiche rappresentano l’intervento di chirurgia plastica piu’ in voga e a queste vanno aggiunte quante hanno dovuto scegliere le protesi dopo un tumore. Sono soprattutto queste donne sui social, nei blog, nelle chat ad essere le piu’ in ansia. L’allarme tra le donne e’ scattato, la paura anche. C’e’ chi non vuole essere piu’ ricostruita sotto l’onda della tendenza ‘flat’ statunitense, chi chiede ai chirurghi di espiantare le protesi, chi vuole avere nuovi seni solo con tessuti autologhi o chi inizia a telefonare nell’ambulatorio dell’ospedale in cui e’ stata operata e presa dall’ansia pretende un follow up immediato. E’ la fotografia di tutto quello che e’ accaduto in Italia sotto l’albero di Natale, tra ospedali, cellulari bollenti dei chirurghi costretti al tam tam dei whatsapp e pazienti.

Facciamo un passo indietro. Il Ministero della salute italiano e’ dal 2014 membro di una task force di vigilanza sul ‘linfoma BIA-ALCL’ e si appresta nel 2019 ad essere apripista nella decisione di istituire il primo registro obbligatorio delle protesi mammarie che ad oggi non esiste in alcun paese europeo. E’ questa la criticita’ maggiore in cui gli studi s’imbattono: non c’e’ una stima precisa della protesi impiantate e della loro storia, se non derivante dalla segnalazione dei medici o sulla valutazione retrospettiva degli incidenti riscontrati.

LA SITUAZIONE IN EUROPA

Nessun Paese europeo e’ messo tanto meglio. In Svezia, Olanda, Inghilterra, ad esempio, esistono dei registri, ma sempre su base volontaria dei medici. Mentre Allergan chiarisce che fornira’ tutta la documentazione relativa alle proprie protesi, il ministero ribadisce dalle sezione news del sito istituzionale, il 21 dicembre scorso, che non sussiste alcun rischio aumentato tra protesi testurizzate Allergan al seno e linfoma BIA-ALCL. Sottolinea inoltre che l’azienda Allergan Limited sta collaborando con l’organismo ispettivo, che questa procedura e’ prevista dalla direttiva europea 93/42/EEC come per tutti i dispositivi di classe III, e che non sussistono ragioni per richiamare le pazienti con gli impianti e per arruolarle in follow up speciali.

Si sono unite a questo messaggio le societa’ scientifiche AICPE (l’associazione italiana di chirurgia plastica) SICPRE (societa’ italiana di chirurgia plastica e ricostruttiva) e la societa’ europea EURAPS, in un comunicato stampa del 2 gennaio, che rifacendosi alle rassicurazioni del ministero, hanno invitato a non creare allarmismi tra le pazienti. Abbiamo sentito a questo proposito anche le societa’ scientifiche italiane, intervistando Pierfrancesco Cirillo, vice presidente AICPE.

LINFOMA BIA- ALCL

– Qual e’ l’identikit di questo linfoma e chi si occupa di questa malattia, una volta che viene individuata?

“I chirurghi plastici devono essere formati e sensibilizzati ad intercettarne tempestivamente la sintomatologia che se diagnosticata in fase iniziale, come abbiamo detto, non richiede alcuna terapia e si risolve con l’atto chirurgico della rimozione della capsula e dell’ impianto, secondo alcuni chirurghi con la possibilita’ di impiantare nuove protesi lisce. I controlli di routine sono l’unica pratica medica da seguire a riguardo. Gli ematologi rivendicano la competenza sulla gestione della malattia. Ci sono casi di diagnosi tardive. Ai pazienti possiamo dire che il campanello d’allarme di un linfoma BIA-ALCL puo’ scattare anche diversi anni dopo dall’intervento chirurgico e si presenta nella maggioranza dei casi con la comparsa di sieroma freddo e tardivo, con un tempo medio stimato di 6.8 anni (Cases of Breast Implant-Associated ALCL di A. Campanale, R. Boldrini e M.Marletta su American Society Plastic Surgeons). Il ministero proprio sull’importanza di una diagnosi tempestiva ha prodotto, nel 2015, in concomitanza di un tavolo di lavoro sul tema, una circolare informativa per tutti i medici. La malattia colpisce i linfociti T del sistema immunitario e proprio l’FDA nel rivelare un numero anomalo di insorgenza in donne portatrici di protesi mammarie ha riscontrato che in questi casi la malattia invece di svilupparsi in qualsiasi altra parte del corpo si trovava solo nell’area periprotesica. Da qui la necessita’ di indagare ulteriormente e di classificare questa specifica variante di linfoma come ha fatto nel 2016 la World Health Organization.

PROTESI RUVIDE, LE PIU’AMATE DAI CHIRURGHI

Sul banco degli imputati ci sono loro, le protesi con superficie ruvida che, dagli anni duemila in poi, hanno vinto la battaglia con le cugine lisce. Non e’ questione di marca Allergan, quindi, come molti pensano, che semplicemente e’ in testa per la forte diffusione sul mercato dei suoi prodotti, ma di una specifica tipologia, testurizzate, che poi e’ quella che i plastici hanno iniziato a preferire per i minor rischi di contrattura capsulare, per la durata delle protesi e per i risultati estetici ottenuti e la famiglia delle testurizzate e’ fatta di varie tipologie: da quelle che sono sotto processo (a bagno di sale) a quelle a stampo, e poi ci sono ancora quelle in poliuretano. E su queste gia’ in passato ci sono stati diversi titoli e sono oggetto di studio. Ad oggi quello che i numeri ci dicono e’ che la presenza dei casi in donne con queste protesi e’ spiegabile anche con la maggiore diffusione di questa tipologia di impianti, ma il quadro non e’ esaustivo.

Un altro studio FDA parla chiaramente di una maggiore frequenza di casi di linfoma con protesi testurizzate: ‘At this time, most data suggest that BIA-ALCL occurs more frequently following implantation of breast implants with textured surfaces rather than those with smooth surfaces’. (https://www.fda.gov/MedicalDevices/ProductsandMedicalProcedures/ImplantsandProsthetics/BreastImplants/ucm239995.htm ).

Ma la ricerca scientifica non e’ un sondaggio e deve andare avanti fino alla dimostrazione di una correlazione scientifica inoppugnabile su un rischio di malattia che rimane comunque molto raro. Finora le linee guida internazionali non hanno bandito le protesi testurizzate e rimane valida la facolta’ di scelta del chirurgo che varia sulle caratteristiche delle singole pazienti. Ma c’e’ chi- come Santanelli dichiara che ‘a parita’ di condizioni e di risultati estetici preferisce impiantare una liscia’, senza che questo significhi che chi ha le testurizzate debba rimuoverle’.

LE REAZIONI

Una reazione compatta e omogenea quella del mondo istituzionale e scientifico, con qualche crepa lungo lo stivale. La Toscana ad esempio che ha istituito una commissione d’inchiesta e avviato un follow up speciale per le pazienti con tanto di numero verde. Una strada che porta a disconoscere le linee della massima autorita’ vigilante dando il via a discrezionalita’ sul territorio nazionale da Regione a Regione, se non da ospedale a ospedale. Da fonti Dire si apprende che anche in alcuni nosocomi romani, importanti Breast Unit, ai pazienti viene detto che non si impiantano piu’ testurizzate in via definitiva e che saranno chiamate per controlli speciali. Una prudenza elargita senza alcuna evidenza scientifica per le nuove operate, ma negata nello stesso tempo alle migliaia di donne che hanno le testurizzate perche’ la scienza non ha spiegato ancora o perche’, semplicemente, la loro messa in sicurezza non e’ sostenibile con le casse della sanita’ pubblica. Sono questi gli interrogativi e i commenti a caldo di una popolazione di donne spaventata.

Non sara’ forse che in questa vicenda sullo zelo francese pesa ancora lo scandalo delle protesi fallate PIP? Sembra che la partita sia una questione di scelta tra il principio di prudenza e le linee guida internazionali che ad oggi, numeri alla mano, non indicano speciali azioni di messa in sicurezza. Perche’ se fosse vero che non si impiantano piu’, tout court, protesi testurizzate nelle nuove pazienti per cautela, si dovrebbe obbligatoriamente fare qualcosa per le pazienti gia’ impiantate. Chissa’ poi se e’ giusto, l’Istituzione e i medici dicono di no, che sia il sistema sanitario a pagare con le tasche pubbliche espianti e impianti per un rischio non accertato o per una patologia che rimane comunque rara e al di sotto del rischio che rappresenterebbe invece un intervento chirurgico di sostituzione protesi motivato, per giunta, dall’emozione del momento. Un principio che alzerebbe il sipario su innumerevoli analoghi casi. Rimangono tra i numeri delle statistiche mediche due notizie in coda alla bomba Allergan. Che le discrezionalita’ regionali (vedi il caso Toscana) sono precedenti in materia di sicurezza della salute pubblica e che la comunicazione scientifica preventiva puo’ risparmiare panico collettivo ad oggi arginato in una corsa contro il tempo dell’asse Ministero-medici in cui dover spiegare a donne operate, magari di tumore che verranno a fare domande senza accontentarsi dei comunicati stampa post caso su ‘perche’ non avere paura’. La storia per migliaia di loro e’ appena iniziata.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it