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ROMA – Il ritorno al nucleare in cui è impegnato il governo è solo “una bufala” che riguarda una tecnologia “in coma”, anzi “morta”, sulla quale è in corso “una seduta spiritica”. Il tutto si risolve in una “grandissima campagna mediatica fondata sulla mistificazione” che ha un solo scopo: “favorire il gas e fermare le rinnovabili prima che blocchino il nucleare”. Non usa mezzi termini la coalizione 100% Rinnovabili Network presentando il suo report sui costi del nucleare, costruito citando “fonti tutte non ambientaliste, tutti i dati sono di origine non ambientalista”, un rapporto compilato usando “dati prodotti da chi opera nel settore nucleare”.
“Il nucleare renderebbe più cara l’energia elettrica. Un costo ben maggiore rispetto a quello delle fonti rinnovabili. E i reattori ‘piccoli’ (Small Modular Reactor, SMR) sono ancora più costosi”, afferma la coalizione 100% Rinnovabili Network, promossa dalle associazioni ambientaliste e del terzo settore, da docenti universitari e ricercatori e da esponenti del mondo delle imprese e del sindacato. La coalizione ha presentato oggi a Roma il suo Report sui costi nucleare, mettendo in fila numeri e dati sui costi che genererebbe un possibile ritorno del nucleare in Italia. “Costi a cui vanno aggiunti anche quelli relativi allo smantellamento delle centrali nucleari, alla bonifica dei siti nucleari contaminati e una parte significativa dei costi di gestione dei rifiuti radioattivi, ad alta intensità (che decadono in molte migliaia di anni) e media intensità (che decadono in alcune centinaia di anni), generati dalle barre del combustibile nucleare esaurito e dallo smantellamento delle centrali”, precisano.
I dati al centro del report parlano chiaro: in Europa nel 2023, secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia (World Energy Outlook 2024), il costo di generazione dell’elettricità – considerando i costi complessivi della costruzione, del funzionamento dell’impianto, dell’investimento per la costruzione, gli oneri finanziari dell’ammortamento del capitale investito, i costi operativi per la durata della vita produttiva dell’impianto, il funzionamento, il combustibile e la manutenzione – prodotta da nuove centrali nucleari in Europa sarebbe di 170 dollari/MegaWattora, contro quella generata dal solare fotovoltaico pari a 50 dollari/MWh (3,4 volte di meno del nucleare), quella dell’eolico onshore di 60 dollari/MWh (2,8 volte di meno) e quella dell’eolico offshore pari a 70 dollari/MWh.
Le differenze dei costi di generazione date dall’Agenzia Internazionale dell’Energia, nell’Unione Europea, spiega la la coalizione 100% Rinnovabili Network, promossa dalle associazioni ambientaliste e del terzo settore, da docenti universitari e ricercatori e da esponenti del mondo delle imprese e del sindacato, derivano dai seguenti costi e rendimenti: – per il nucleare: costi in conto capitale pari a 6.600 dollari/kiloWatt, con un capacity factor del 70% e con costi per il combustibile, per la gestione e la manutenzione di 35 dollari/MegaWattora – per il solare fotovoltaico: costi dell’investimento pari a 750 dollari/kiloWatt, con un capacity factor del 14% e con costi per la gestione e la manutenzione di 10 dolalri MWh. per l’eolico: con costi dell’investimento pari a 1.630 dollari/kiloWatt, con un capacity factor del 29% e con costi per la gestione e la manutenzione e di 15 dollari MWh.
‘Anche al 2030 e al 2050 il nucleare è una forma di produzione di energia elettrica più costosa delle rinnovabili’, avverte la coalizione. ‘Parliamo, infatti, di una differenza di ben 100 dollari/MWh tra nucleare e solare per il 2030 e il 2050, 80 dollari/MWh per l’eolico onshore, per il 2030 e 75 dollari/MWh per il 2050. E per l’eolico offshore di 90 dollari/MWh per il 2030 e il 2050’, snocciolano gli aderenti alla coalizione. Differenze di costi, più o meno elevate, che si riscontrano anche negli Stati Uniti, in Cina o in India.
“Un possibile ritorno al nucleare in Italia è dunque qualcosa di insensato e che, inoltre, non tiene conto di due pronunciamenti referendari. Invece di accelerare, in modo adeguato, lo sviluppo delle rinnovabili per arrivare alla piena decarbonizzazione della produzione di elettricità, il nuovo Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC)- commenta 100% Rinnovabili Network- prevede uno scenario di ritorno al nucleare a fissione, con la costruzione di Small Modular Reactor (SMR), di Advanced Modular Reactor (AMR) e di micro-reattori. (DIRE) Roma, 10 dic. – ‘E’ un dibattito folle, vogliono farci credere che uno Small Modular Reactor (SMR) costerà meno, ma è solo una miniatura. Diverse aziende già ci stanno ripensando’, dice Pippo Onufrio, di Greenpeace. Il ritorno del nucleare a cui lavora il governo ‘è solo un’immensa bolla di falsità, il nucleare serve solo a farci perdere tempo’, tuona Onufrio, ‘siamo di fronte a dei pazzi’.
‘Per questo ‘lanciamo la sfida ai nuclearisti sul loro stesso terreno, quello dei costi, che sono insopportabili per aziende e famiglie’, aggiunge Dante Caserta del WWF. ‘Riportiamo i dati di chi opera nel settore nucleare, abbiamo solo messo in modo razionale i dati’. Ciò detto, ‘per come si prospetta in Italia il ritorno del nucleare è solo una bufala, la scelta di ricomprenderlo nel PNIEC è fuori scala rispetto al contesto’, avverte Caserta, ‘lo hanno fatto solo per distrarre dalle rinnovabili e usare la chimera nucleare per andare avanti col gas’. Però ‘in due referendum i cittadini italiani si sono recati a votare superando ampiamente il quorum e hanno votato in massa contro questa tecnologia’, ricorda l’esponente del WWF, aggiungendo che oltretutto ‘nessun governo è riuscito nemmeno a individuare il sito per le scorie, figurarsi per le centrali’.
‘Assistiamo a una corsa virtuale tra rinnovabili e nucleare, virtuale perché le rinnovabili corrono davvero e il nucleare è fermo’, prosegue Gianni Silvestrini del Kyoto club, ‘una gara fatta per mettere i bastoni tra le ruote a chi si occupa di rinnovabili, un’azione come quelle messe in atto dal dl Agricoltura e dal dl Aree idonee, fatti per bloccare le rinnovabili prima che arrivino troppo in là’. Intanto per la domanda elettrica ‘siamo in una fase in cui dopo una crescita molto limitata la crescita domanda elettrica diventerà molto rapida, tra AI, mobilità elettrica, transizione digitale’, prosegue Silvestrini, ‘sarà necessario fornire questa energia in un momento in cui in Italia non c’è il nucleare, avremo il gas ma le rinnovabili sono molto più competitive’. Da qui derivano ‘le politiche del governo per favorire il gas e fermare le rinnovabili prima che blocchino il nucleare’.
Quella cui assistiamo è ‘una grande seduta spiritica in corso. Il nucleare è morto, attorno al tavolo ci sono Confindustria e le aziende interessate ai brevetti, ci sono il governo e i partiti di maggioranza, anche se qualcuno di loro dal tavolo si è alzato: da quando Meloni a Baku ha parlato di ‘fusione’, ora FdI ha dirottato l’attenzione verso la fusione’, riassume Stefano Ciafani, di Legambiente.
E allora, contro ‘una grandissima campagna mediatica fondata sulla mistificazione’ scendo in campo la coalizione 100% Rinnovabili Network, ‘mettendo insiene forze che hanno a cuore il Paese’, con ‘questa prima iniziativa, una campagna di informazione, non di controinformazione. La prossima iniziativa, in cui tratteremo anche altri problemi del nucleare oltre quello dei costi, sarà l’11 marzo, casualmente l’anniversario di Fukushima, ma solo per caso: volevamo farla la settimana prima ma la sala era occupata’.
In tutto ciò ‘gli SMR oggi non esistono, nonostante il road show di Orsini’, e ‘Confindustria sbaglia sul legame fra costo energia e nucleare, ed è sgrammaticato il riferimento ai problemi dell’automotive’, prosegue l’esponente di Legambiente, ‘il nostro rapporto cita fonti tutte non ambientaliste, tutti dati non ambientali, e non parliamo di nulla di altro, di rischi e impatti ad esempio, ma parliamo solo di costi citando fonti non ambientaliste’.
Intanto ‘il nucleare resta fermo perché la sua malattia sono i costi, se non è morto è in coma, non cresce perché al massimo si allunga vita a centrali esistenti, fino a 50, 60, 100 anni. Lo sa bene la Francia, il Paese più nucleare d’Europa, se non ci fosse stato il supporto seconomico dello Stato EDF sarebbe fallita, la scarsità idrica della scorsa estate ha fatto fermare diverse centrali e, come sempre, lo Stato francese ha sopperito. Perché gli utili del nucleare se li dividono gli azionisti mentre i costi finiscono sulle spalle del pubblico’, conclude Ciafani.
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