Lettere anonime, lui che spuntava ovunque: la storia del soldato Cristina, perseguitata per due anni da un tenente colonnello

Il soldato Cristina racconta la sua odissea e la persecuzione subita da un tenente colonnello con cui aveva avuto una breve frequentazione: lettere anonime, molestie, apparizioni non richieste. Per l'uomo è arrivata una condanna ma non è stato disposto nessun divieto di avvicinamento e Cristina ha paura

Pubblicato:10-12-2024 10:29
Ultimo aggiornamento:10-12-2024 11:43

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ROMA – Una busta verde che sembra una raccomandata, è maggio del 2023. All’interno non c’è nessuna multa o documento, ma foto: Cristina che fuma una sigaretta. Poi ne arriverà un’altra con un uomo nudo preso dal web che si tocca. E altre ancora. Tutte corredate di frasi allusive o pornografiche: ‘Prima vieni, poi fumi’. E in un’altra: ‘Vorrei essere il tuo cane per leccarti’. Mesi e mesi in cui Maria Cristina Bentivenga, militare dell’Esercito di 34 anni, arriva a controllare la sua cassetta della posta fino a dieci volte al giorno. Ormai, come ha raccontato intervistata dalla Dire, ha terrore ad uscire, e persino a stare in casa. Lì dove la prima lettera, corredata di un profilattico usato e annodato, l’ha presa sua madre, che vive da lei in Friuli, nella provincia di Udine, perché in cura ad Aviano, mentre lei si trovava in servizio nella Capitale. Lui, l’autore di queste missive, come dimostreranno i Carabinieri di Palmanova con le indagini, è il Tenente Colonnello D.G., 51 anni: la cartella in cui le ha nominate e salvate gliel’hanno trovata nel pc. Anche lui è operativo in Friuli e con Cristina ha avuto una frequentazione che la donna ha poi deciso di interrompere.

LA CONDANNA A UN ANNO, MA SENZA DIVIETO DI AVVICINAMENTO

Con sentenza del 2 ottobre scorso del Tribunale di Udine il Tenente Colonnello, difeso dall’avvocato Martino Benzoni, è stato condannato a un anno di reclusione, con pena sospesa e senza alcun divieto di avvicinamento alla donna che oggi ha avuto dalla Forza Armata una licenza straordinaria che si riconosce alle donne vittime di violenza. Cristina infatti, difesa dal legale Federico Plaino, è seguita da un cav (centro antiviolenza), ha bisogno di supporto psicologico perché non sono solo le lettere ad averla assediata per mesi e mesi, ma altri episodi gravissimi che però in sentenza non sono stati attribuiti all’uomo. Due anni di inferno e il coraggio di denunciare: “Per i miei principi, per la mia morale, per aiutare altre donne” rivendica Cristina.

Se andavo in bar e vedeva una foto o una storia sui social, lo trovavo lì. Avevo moltissima paura, cercavo di divincolarmi. Alla fine non mettevo foto o dicevo alle mie amiche di metterle dopo e quando venivano pubblicate puntuale ricevevo un messaggio”. Ecco uno dei tanti: “Anche oggi ci siamo sfiorati”. Cristina inizia a vivere nell’incubo: il presagio di saperlo sempre presente, un fantasma che aleggia, un invisibile che può comparire nei luoghi che lei frequenta, all’improvviso, alle spalle. Che si annuncia, che lascia intendere di sapere tutto.


COME È INIZIATA LA CONOSCENZA

La conoscenza tra i due era iniziata nel 2018, quando Cristina con altri colleghi era impegnata in un evento in cui si mostravano in caserma alcuni mezzi dell’Esercito: “Venne con il figlio, non era in divisa”. “Dopo 9 mesi mi aggiunge su fb, inizia un contatto, poi una frequentazione. Era una persona interessante, molto presente”, ma dopo un po’ “non me la sono sentita di avere una storia”, cosi Cristina, anche se l’uomo dice di voler lasciare la compagna, preferisce chiudere. “Lui lo accetta- continua nel racconto- ma dopo mesi si ripresenta con un like ‘partito per errore’ dirà. Poi andrà in missione 7 mesi, facevamo videochiamate, ma al ritorno dall’estero era un’altra persona”.

UNA CATENA DI STRANI EPISODI INQUIETANTI

Lei sente l’esigenza di scappare da quella situazione che la soffoca e accetta un incarico di 6 mesi a Roma. È l’inizio di un periodo di episodi strani e terribili. “Il 7 febbraio del 2023 un incendio nella veranda di casa: lì ci sono la caldaia e i tubi del gas poteva essere una tragedia”: Cristina si rende conto dei danni quando allertata dalla mamma torna su a casa e vede ciò che resta della struttura andata a fuoco. “Poi mi trovo per due giorni consecutivi le ruote della macchina del lato destro forate e il meccanico mi dice: abbiamo trovato delle viti. Mi sentii le gambe tremare”. Cristina poco prima degli eventi aveva messo sui social una foto in cui raccontava di tornare su a casa per il compleanno della mamma.

Dopo questi episodi “rompo il silenzio”, continua nel racconto Cristina che inizia a farsi domande su quella catena di episodi che avevano messo a rischio la sua incolumità, telefona a D.G. per chiedergli: “‘A casa tua tutto bene?’ Ho pensato alla sua compagna e lui mi rispose con una valanga di insulti e offese. ‘Se lo pensi allora tu saresti capace di farlo’, le dice l’uomo, e a quel messaggio non ho nemmeno risposto. Quattro giorni dopo mi scrive per sapere come stessi dopo quegli episodi e torniamo a parlare. Rientro a Roma- ricostruisce la cronistoria- e lui trova tutti i modi per essere nella Capitale, di cui era originario. Ci siamo visti 2 o 3 volte. L’ultima volta in un bar del centro ha provato a baciarmi e l’ho respinto: non volevo, come più volte gli avevo detto, quel tipo di frequentazione. Lui a quel punto mette il muso, torna dal bagno con le lacrime, mi rinfaccia tante cose e all’improvviso chiede informazioni su una foto” che Cristina aveva messo in una storia social tempo prima e che all’uomo, questo ciò di cui l’accusa, aveva fatto pensare ad una frequentazione della donna: quella foto era del 6 febbraio 2023”, va a ritroso Cristina, “meno di 24 ore prima che casa mia prendesse fuoco”.

LE LETTERE ANONIME

“Poi i primi di maggio inizio a ricevere delle lettere anonime: in una delle tante è scritto: “L’ estate sta arrivando, voglio vederti prendere il sole in giardino”. “Inizio a guardarmi le spalle, sempre”, racconta. In sentenza incendio e gomme bucate non saranno attribuite al Tenente colonnello D.G., “ma in tutti gli eventi- vuole ricordare Cristina- le telecamere del semaforo vicino casa lo hanno visto passare e la notte dell’incendio le celle telefoniche lo hanno agganciato. Circostanze che l’uomo ha confermato dichiarando che era lì per passeggiare e perchè gli mancavo, in quel periodo io ero a Roma”.
Non ha avuto nessun divieto di avvicinamento, potrei trovarlo fuori casa libero di passeggiare” ed è questo l’incubo che resta in Cristina ora che “i segni” di questa paura non se li è tolti di dosso, e forse mai accadrà. Di tutte le frasi delle lettere quella peggiore che risuona come un presagio sinistro è “ogni volta che ti incontro”: quasi la promessa di vederla anche quando lui sembra non esserci.
“Il Tribunale militare si deve esprimere- precisa infine Cristina- intanto era un mio dovere non tacere per la mia morale e per i principi”, quelli per cui da 15 anni, come spiega, indossa l’uniforme di militare: “Così ho deciso di aiutare altre donne, tante mi hanno scritto” e tante, quando sono finite nell’incubo, soverchiate dalla paura, non sono riuscite a denunciare. A lei e solo a lei lo hanno confidato.

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