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VIDEO | Siria, lo scrittore Saleh: “Parole dall’assedio cercando Samira”

"Non dimenticate i rivoluzionari democratici"

Pubblicato:10-12-2019 16:23
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:44

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ROMA – “Di mia moglie e dei tre amici che sei anni fa sono stati sequestrati con lei, non abbiamo ancora nessuna notizia concreta. Ho trascorso 16 anni in carcere e questo mi ha insegnato che se non permetti alle cose negative di schiacciarti, puoi diventare una persona migliore. Io non smetto di cercare mia moglie e i miei amici: lo faccio per loro e per tutti quelli che nel mondo si battono per la democrazia”.
Yassin Al-Haj Saleh e’ uno scrittore e oppositore politico siriano. L’agenzia Dire lo ha intervistato a Roma a margine della presentazione del libro ‘Diaro di Samira Al-Khalil. Parole dall’Assedio’, edito da MREditori. Il volume raccoglie gli scritti della moglie di Al-Haj Saleh, Samira, in cui racconta gli orrori della guerra, l’attacco chimico sui civili di pochi mesi prima, i morti e i dissidenti arrestati. La donna e’ stata prelevata il 9 dicembre del 2013 assieme ad altri tre colleghi (Razan Zaitouneh, Wael Hamadeh e Nazem Hammadi) a Douma, dal Centro per la documentazione delle violazioni.
Il sospetto e’ che a sequestrarli siano stati uomini del Jaish Al-Islam, la milizia che deteneva il controllo di quella regione.
Oggi Jaish Al-Islam e’ parte della coalizione che combatte al fianco della Turchia nel nord-est a maggioranza curda. Per chiedere chiarezza sulla scomparsa dei “Douma 4” e sulla loro sorte e’ nato un movimento internazionale.
La storia d’amore e di attivismo che lega Yassin a Samira, come spiega lo scrittore intervenendo alla Casa internazionale delle donne, si incrocia con quella della Siria degli ultimi 40 anni: Yassin, militante del Partito comunista siriano inviso dal governo del presidente Hafez Al-Assad, viene arrestato nel 1980, all’eta’ di 19 anni. In carcere trascorrera’ 16 anni.
Una volta uscito, Al-Haj Saleh prosegue i suoi studi e il suo impegno per una Siria piu’ democratica e progressista e allora incontra Al-Khalil, anche lei una dissidente uscita da poco dal carcere. I due si sposano nel 2002, in piena ‘primavera siriana’: dopo la morte di Hafez e l’arrivo al potere del figlio Bashar, nel 2000, la Siria attraversa anni di fermento politico con la speranza di attese riforme.
La situazione pero’ non migliora e nel 2011 scoppia la guerra civile. I due non interrompono il proprio impegno: Yassin continua a scrivere, mentre Samira apre una casa editrice e fornisce sostegno alle famiglie dei siriani arrestati o scomparsi. I suoi scritti politici vengono inviati ad Al-Haj Saleh da amici comuni dopo il sequestro, “il piu’ bel regalo che abbia mai ricevuto” assicura l’attivista, che poi ammette che leggere e dare ordine a quei pensieri “mi e’ costata molta fatica, soprattutto a livello psicologico”. Di lei, Al-Haj Saleh dice: “Samira impersona piu’ di me la complessita’ della lotta dei siriani per la democrazia e la liberta’, che supera i confini settari e identitari. Rappresenta anche il grande ruolo svolto dalle donne per il cambiamento. Ho lavorato a questo libro affinche’ le sue idee continuino a essere ascoltate e di certo lei ne sara’ felice”.
Lo scrittore e’ espressione della militanza pacifica che continua, tra mille ostacoli, a chiedere un nuovo governo per la Siria. Della rivoluzione pacifica che questi movimenti democratici portano avanti dal 2011, secondo l’intellettuale, “bisogna continuare a parlare. Mi ha colpito come l’Occidente liberale non sia stato in grado di capire cio’ che sta avvenendo realmente e che la narrativa a favore del governo di Damasco, che riduce il conflitto alla formula ‘Assad contro i jihadisti’, trovi spazio ovunque, dai partiti di destra a quelli di sinistra”.
Secondo Al-Haj Saleh, “e’ come se la rivoluzione non violenta dei movimenti democratici non sia mai esistita e le vittime fossero morte invano. Bisogna capire che il governo di Assad non e’ una dittatura, bensi’ un governo genocida che ha attaccato il suo stesso popolo”.
Con la Dire lo scrittore chiarisce il punto: “Mi rendo conto che non e’ facile spiegare lo sforzo pacifico dei siriani nel conflitto. Hanno dovuto – e devono tutt’oggi – combattere prima di tutto contro il loro governo. Poi sono arrivati gli eserciti di Russia, Iran, Stati Uniti, Arabia Saudita, Israele. Sono sei milioni i profughi all’estero. La nostra guerra non riguarda piu’ solo i siriani ma il mondo intero”.
Al-Haj Saleh continua: “Mi da’ molto fastidio l’atteggiamento della comunita’ internazionale: almeno 700mila siriani sono stati uccisi in nove anni di guerra. Avevamo bisogno che i governi e le organizzazioni internazionali ci proteggessero ma questo ci e’ stato negato. Ora non mi aspetto piu’ niente da loro, pero’ faccio appello agli amici progressisti e realmente democratici di lottare con noi per un mondo piu’ giusto e piu’ libero”.
Quanto al Consiglio costituzionale, organismo promosso qualche mese fa dalle Nazioni Unite e che riunisce delegati di governo e opposizioni, per Al-Haj Saleh “non e’ niente, nulla di nulla”. Lo scrittore aggiunge: “In Siria serve una soluzione politica, una nuova Costituzione e il rinnovo delle istituzioni. Ma nessun dialogo puo’ essere avviato se si continua a tenere in considerazione il regime del presidente Bashar Al-Assad, che e’ responsabile del 90 per cento delle vittime di questi anni di guerra”.

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