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ROMA – Le violenze e l‘insicurezza che stanno colpendo l’Ecuador, dove in tre province vige uno stato di emergenza, sono figlie “di politiche di austerità assurde in tempi di pandemia e della mancata lettura degli effetti degli accordi di pace nella vicina Colombia”. E adesso il Paese sudamericano “rischia di diventare qualcosa di peggiore di un ‘narco-Stato‘: una ‘narco-società‘”. A scandire queste parole è Pablo José Iturralde, coordinatore generale del Centro de Derechos Económicos y Sociales (Cdes), un’organizzazione della società civile che dal 1997 si occupa della difesa dei diritti umani e della promozione dell’uguaglianza sociale.
Il contesto dell’intervista con l’agenzia Dire è quello delle violenze che a inizio novembre hanno spinto il governo del presidente Guillermo Lasso a dichiarare uno stato di emergenza in due province – Guayas, territorio costiero sud-occidentale il cui capoluogo è la città più popolosa del Paese, Guyaquil, e poi Esmeraldas, nel nord – e poi di estenderlo giorni fa a una terza provincia, Santo Domingo de los Tsáchilas, nel centro-nord. In tutto queste tre aree ospitano un terzo degli abitanti dell’Ecuador.
Da tempo nel Paese sudamericano si assiste a un aumento nel tasso dei furti e degli omicidi: quest’ultimo dato, a esempio, è quasi triplicato in quattro anni, passando dalle 5,8 morti violente ogni 100mila persone del 2018 alle 15,48 dell’anno in corso, stando a numeri della polizia nazionale rielaborati dal quotidiano Primicias.
In modo specifico la misura voluta dall’amministrazione Lasso, la seconda di questo tipo in circa quattro mesi, è stata imposta a partire da una serie di omicidi e attentati esplosivi condotti dalle bande armate e di trafficanti di stupefacenti presenti nel Paese come rappresaglia per il trasferimento di oltre 1000 detenuti da due delle carceri più grandi del Paese, a Guayaquil ed Esmeraldas, capoluogo dell’omonima provincia. La preoccupazione è tale che Lasso ha deciso di rifiutare l’invito alla partita inaugurale del mondiale del Qatar, il 20 novembre, appunto Ecuador-Qatar, per rimanere in patria e seguire la situazione da vicino.
“In questo momento definirei la situazione del Paese come una delle peggiori del mondo, paragonabile a quella di aree critiche di Paesi già molto insicuri come il Messico, come Sinaloa“, afferma Iturralde aprendo la sua analisi. “La crisi colpisce tutti, a partire dai negozianti, che non possono lavorare come dovrebbero, e i giovani, che non possono neanche godere dei divertimenti che offrono le città. Esmeraldas- fa un esempio il coordinatore- chiude completamente i battenti alle sette di sera, tutti i giorni, per la paura che c’è fra la gente”.
Alle origine di questa crisi, secondo il dirigente del Cdes, ci sono una serie di scelte economiche e politiche precise. “Il nostro è stato l’unico Paese ad aver diminuito gli investimenti pubblici durante la pandemia di Covid-19, i cui effetti economici sono stati peggiorati dalle conseguenze globali della guerra in Ucraina. La povertà, che era già in crescita, è aumentata in modo esponenziale”. Sul tavolo degli imputati, afferma Iturralde, “c’è il governo attuale ma anche quello del predecessore Lenin Moreno, oltre che il Fondo monetario internazionale“, che negozia con il nostro Paese misure che fanno diminuire il deficit fiscale a danno dello stato sociale”.
Gli effetti di queste strategie si sono visti soprattutto nei quartieri popolari delle grandi città, e c’è chi ne ha saputo approfittare. “Durante il lockdown imposto per arginare la diffusione del Covid-19 i gruppi criminali davano alle famiglie dieci dollari al giorno per poter arruolare i loro figli. La loro influenza è cresciuta tantissimo”, denuncia l’attivista. Queste organizzazioni sono ritenute le principali responsabili della crisi che sta vivendo il Paese, dai “Choneros“, il gruppo più numeroso secondo stime dei media di Quito, con circa 20mila esponenti, ai “Los Lobos“, circa 8mila membri, o i “Tigurones“.
“Queste bande sono sempre più forti, ramificate e collegate al potere politico”, conferma il coordinatore. “Lo Stato non agisce come dovrebbe, tale è il grado di connivenza, e intanto cresce tutta una cultura popolare sull’appartenenza al mondo del narcotraffico, i ragazzi sognano di diventare criminali. Il rischio è quello di andare verso una ‘narcosocietà“.
Secondo diverse analisi, i gruppi di trafficanti ecuadoriani avrebbero relazioni strette con le organizzazioni più grandi di Messico e Colombia. Rispetto ai rapporti con questo secondo Paese, Iturralde amplia l’analisi: “Gli accordi di pace del 2016 hanno avuto un effetto che era tutto sommato prevedibile: le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (Farc) firmatarie dell’intesa hanno lasciato la foresta e i gruppi paramilitari che vi operavano hanno preso il sopravvento, allargandosi verso il vicino Ecuador“.
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