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E a Bologna il giudice ordinò: non imporre al migrante “sacrifici spropositati”

Tar Emilia-Romagna stoppa Prefettura Bologna su restituzione somma chiesta a migrante richiedente asilo: soldi da ridare, ma tutti in una volta non è 'sostenibile'

Pubblicato:10-11-2022 16:53
Ultimo aggiornamento:10-11-2022 17:10

giustizia tribunale
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BOLOGNA – Quei soldi vanno restituiti, ma è ingiusto esigere di farlo tutto in una volta. Perchè, dice il Tar dell’Emilia-Romagna, è sproporizionato, contrario ai principi di “solidarietà e rispetto della dignità umana”, nonchè in contrasto con direttive Ue, pretendere da un richiedente asilo di restituire, in un’unica soluzione, l’equivalente della somma spesa dallo Stato per la sua accoglienza a Bologna nell’arco di due anni. Somma da riconsegnare all’erario perchè, nel frattempo, il richiedente asilo accolto in un centro di accoglienza si era trovato un lavoro quindi anche uno stipendio che ha portato il suo reddito oltre la soglia che fa avere l’assegno sociale da 5.983,64 euro. Il reddito che il migrante ha conquistato trovandosi un impiego, “seppure superiore all’importo annuo dell’assegno sociale”, è comunque “assai modesto”. E questo, riconosce il giudice amministrativo, lo mette nella condizione di “non poter adempiere all’obbligo restitutorio se non a fronte di sacrifici sproporzionati”. Per cui, è corretto esigere che renda l’equivalente delle spese di accoglienza, dato che aveva intanto una sua fonte di sostentamento, ma non è ‘giusto’ imporgli di farlo tutto in una volta. Pertanto l’ingiunzione della Prefettura di Bologna per il “recupero del debito in unica soluzione” è “illegittima” visto che, peraltro, la rateizzazione può “rispondere allo stesso interesse pubblico erariale, agevolandone l’adempimento”.

SENTENZA IN EMILIA-ROMAGNA DOPO RICORSO CONTRO INGIUZIONE DI RESTITUZIONE DI 21.000 EURO

E’ la sentenza emessa dal Tar dell’Emilia-Romagna nei giorni scorsi dopo il ricorso di un migrante giunto dal Ghana, in Italia da diversi anni, a cui la Prefettura ha contestato di continuare a beneficiare di servizi di accoglienza nonostante dal 2020 avesse appunto trovato un lavoro: dunque deve restituire 21.031,97 euro. Dovrà farlo, ma potrà farlo a rate.

I GIUDICI: RECUPERO SOMMA IN UNICA SOLUZIONE COMPROMETTE TENORE DI VITA DIGNITOSO

Il ricorso al Tar non è stato accolto nella parte che chiedeva l’annullamento dell’ingiunzione alla restituzione dei 21.000 euro (cifra relativa al periodo gennaio 2020-febbraio 2022): tutte le obiezioni su questa procedura sono state respinte. E’ stato accolto invece il concetto segnalato con una memoria, depositata poco prima della discussione di merito sul ricorso, in cui si evidenziava che “il recupero integrale preteso dalla Prefettura non garantirebbe un tenore di vita dignitoso al richiedente la protezione internazionale come riconosciuto” dalla direttiva 2013/33/UE. E la stessa cosa è successa nella discussione di un ricorso gemello proposto da un richiedente asilo arrivato della Guinea: un caso praticamente identico, ma questa volta la somma da restituire sarebbe stata di 23.366,08 euro. Anche in questa vicenda, il Tar riconosce che “la previsione del rimborso delle spese sostenute” per l’accoglienza “sia coerente con le disposizioni della direttiva 2013/33/UE” dato che stabilisce che i beneficiari dell’accoglienza sono “tenuti a sostenerne anche integralmente i costi qualora emerga la disponibilità di mezzi economici sufficienti”. Ma esattamente come per il cittadino del Ghana, il giudice amministrativo ritiene “fondate le lagnanze” che contestano “il difetto di proporzionalità, solidarietà e rispetto della dignità umana e della Direttiva 2013/33/UE nella parte relativa alle sole modalità del recupero, effettuate in unica soluzione senza alcuna ponderazione della buona fede” del migrante “sì da incidere in misura eccessiva sulle esigenze di vita”.


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