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“Che gioia Alessia libera, ma ora l’Italia rompa i rapporti con l’Iran”

L'attivista Neguen Bank ammonisce il governo italiano: "Condanni la repressione in modo definitivo"

Pubblicato:10-11-2022 16:27
Ultimo aggiornamento:10-11-2022 16:27
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ROMA – “Siamo molto felici per la liberazione di Alessia Piperno. Ora che questa situazione ha avuto una svolta positiva però è necessario che il governo italiano mostri di stare veramente dalla parte di chi manifesta in Iran, interrompendo qualsiasi relazione diplomatica e commerciale e sospendendo qualsiasi negoziato con Teheran”. A lanciare l’appello è l’attivista iraniana Neguen Bank, che risiede nel nostro Paese da diversi anni e si dice “focalizzata soprattutto sui temi del femminismo e del transfemminismo”.
L’agenzia Dire la contatta per commentare il rilascio di Piperno, reso noto dalla presidenza del Consiglio dei ministri, che ha sottolineato “l’intenso lavoro diplomatico” che ha portato alla liberazione. La donna, blogger e viaggiatrice romana, 30 anni, era stata arrestata a fine settembre, forse anche in relazione a una sua presunta partecipazione alle proteste cominciate in Iran alcuni giorni prima.

MANIFESTAZIONI DA DUE MESI

Da circa due mesi proseguono nel Paese manifestazioni contro il governo della Repubblica islamica, nate in reazione alla morte di una giovane fermata dalla polizia, Mahsa Amini, e diventate poi un più ampio movimento di rifiuto del governo del presidente Ebrahim Raisi e più in generale del sistema teocratico che governa il Paese dalla rivoluzione del 1979.
“Si tratta di una mobilitazione enorme che unisce tante istanze diverse della società iraniana”, sottolinea Bank, che ribadisce la dimensione trasversale delle proteste: “In piazza c’è la classe lavoratrice, ci sono le femministe, ci sono gli esponenti delle minoranze: tutte le componenti del popolo iraniano oppresse politicamente ed economicamente sono scese in strada”.

LA DENUNCIA DELL’ONG

A oggi, secondo l’ong Hengaw Organization for Human Rights, solo nella regione del Kurdistan sarebbero stati uccisi 62 dimostranti, fra i quali 11 minori, mentre le persone arrestate sarebbero più di 4mila.
Bank definisce le autorità iraniane “criminali” e rilancia la centralità del motto “Donna, vita e libertà” che segna le proteste. Tornando alla vicenda che ha coinvolto Piperno, aggiunge: “L’esecutivo di Teheran si concentra deliberatamente sugli attivisti stranieri o con doppia cittadinanza presenti nel Paese per utilizzare il loro arresto come arma di ricatto”. Da qui però la necessità da parte dei governi, secondo Bank, “di non foraggiare il regime: difendere la vita delle persone arrestate o sequestrate è assolutamente fondamentale. Sarebbe da evitare però di insistere su questi canali di comunicazione con Teheran, magari per poter fregiarsi sul momento del merito di aver fatto liberare il cittadino di un proprio Paese”.
L’attivista rivolge un appello al governo italiano: “Condanni la repressione in atto da parte del regime contro i manifestanti e il popolo iraniano in modo definitivo, ovvero interrompendo ogni rapporto con Teheran”.


MONITO AL GOVERNO ITALIANO

Un altro aspetto da evidenziare, secondo Bank, riguarda la “prevenzione”. Stando all’attivista, “a oggi l’Italia non ha informato i suoi cittadini in modo corretto sui rischi di recarsi in Iran, nonostante siano avvenute diverse operazioni simili a quelle che hanno colpito Piperno”. Bank continua: “Anzi, l’Italia ha permesso all’ambasciata di fare promozione turistica del Paese, descritto come meraviglioso e da visitare; concedere questa libertà di azione è da irresponsabili, anche perchè poi i cittadini italiani rischiano una volta in Iran”.
Un ragionamento, questo, che non implica alcun giudizio su quanto fatto da Piperno. “Sui social media sono circolati molti commenti sprezzanti su di lei” denuncia Bank. “Chi diceva che era stata superficiale, chi affermava che ora i suoi danni li dovevano pagare i contribuenti; questo è un tipico esempio di atteggiamento patriarcale, che porta le persone a giudicare e attaccare le donne in ogni circostanza, anche quando sono vittime di violenza e di oppressione“.

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