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A Viterbo ‘La casa come primo luogo di cura’, Donetti: “Cambiare il paradigma della medicina prestazionale”

Due giorni di workshop sul tema. "Serve rendere la casa il primo luogo di cura, dove la persona è consapevole del proprio stato di salute anche attraverso l'assistenza sanitaria e sociale, e gestisce quindi con consapevolezza le cure che riceve"

Pubblicato:10-11-2021 18:44
Ultimo aggiornamento:12-11-2021 11:17

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ROMA – L’invecchiamento della popolazione italiana, il mutato contesto socio-epidemiologico, l’aumento delle fragilità e l’insorgenza di multi-patologie rendono sempre più necessaria la riorganizzazione dell’assistenza territoriale. Anche a seguito della pandemia da SARS.CoV2 – che ha messo a nudo le reali criticità del sistema sanitario – si è resa sempre più evidente e centrale l’importanza delle cure di prossimità e dell’integrazione tra ospedale e territorio anche grazie all’utilizzo dei sistemi di sanità digitale e della telemedicina. Il domicilio del paziente diviene in questo scenario un ambito non più di “fastidiosa complessità” ma privilegiato e interconnesso per quella “continuità di cure di qualità” di cui è stato riscontrato l’estremo bisogno proprio nel pieno dell’emergenza pandemica, luogo dove la persona e il suo più vicino caregiver diventano attori rilevanti del processo di presa in carico. Non a caso anche il Pnrr ha delineato in una delle sue “misure”, la M6C1 un investimento di 4miliardi di euro in “Cure domiciliari e telemedicina” per coordinare i servizi domiciliari e sviluppare coerenti interfaccia con ospedali e con le reti di emergenza-urgenza.

Tutte le ampie tematiche del domicilio inteso come sfida contemporanea della qualità assistenziale sono al centro del workshop “La casa come primo luogo di cura. Proattività, prossimità, prevenzione” un evento della Asl di Viterbo in collaborazione con l’Università della Tuscia e la Regione Lazio, in corso oggi e domani.

DONETTI (ASL VITERBO): “CAMBIARE PARADIGMA MEDICINA PRESTAZIONALE”

L’esperienza del Covid è stato un momento tragico, duro ma anche formativo e importante, perché abbiamo messo insieme procedure e processi per affrontare in modo professionale e altamente performante la pandemia. Il virus ha cambiato il paradigma organizzativo, abbiamo da subito modificato le nostre aziende sanitarie, inserito figure professionali nuove, guadagnando nuove competenze professionali e garantendo valore aggiunto ai processi organizzativi in corso. È emersa però anche la fragilità del territorio, soprattutto perché la medicina lavora ancora sul paradigma prestazionale, per questo abbiamo bisogno di costruire un sistema attivo, pro attivo, mirato alle esigenze del paziente”. Lo afferma Daniela Donetti, direttore generale della Asl di Viterbo intervenendo all’incontro ‘La casa come luogo di cura’, organizzato dall’Azienda sanitaria di Viterbo, presso l’Università della Tuscia.


“Per cambiare il paradigma- prosegue- serve rendere la casa il primo luogo di cura, dove la persona è consapevole del proprio stato di salute anche attraverso l’assistenza sanitaria e sociale, e gestisce quindi con consapevolezza le cure che riceve. Il modello territoriale deve essere coerente, se vogliamo che il domicilio diventi la cura, se vogliamo che sia l’innovazione di cui abbiamo bisogno. Il Pnrr può aiutarci ad intervenire sulla trasformazione di questo paradigma”.

MANTOAN (AGENAS): “CON PNRR RINASCIMENTO MA SERVE CAMBIAMENTO CULTURALE”

“Stiamo vivendo una sorta di Rinascimento della sanità, la sanità era uscita dall’agenda della politica, il Covid ha fatto sì che la sanità si prendesse la sua vendetta. Nel 2024 arriveremo ad avere 28 miliardi aggiuntivi: tutto quello che è stato tolto lo riavremo indietro nella sanità. Ora c’è una grande responsabilità, da un parte il Pnrr mette i soldi e il governo mette le risorse per la spesa corrente, nel mezzo dobbiamo inserire un modello organizzativo. Su tutto questo dovranno entrare in campo i direttori generali, di distretto, per questo investimento che è culturale innanzitutto, oltre che organizzativo”. Così Domenico Mantoan, direttore generale di Agenas, intervenendo all’incontro ‘La casa come luogo di cura’.


“Ci siamo lamentati del Dm70 che però ha portato un po’ di ordine nella rete ospedaliera, che ha portato la divisione tra hub e spoke, difficile da concepire all’epoca, c’è stata però la grande incompiuta: il territorio- ammette Mantoan- È stato fondamentale ripensare e colmare l’incompiuta con la casa della comunità, che sarà un hub, intorno vi saranno le case di comunità spoke, e potranno anche esserci gli ambulatori”.

Per il direttore generale di Agenas “questo significherà che la casa di comunità sarà un luogo fisico che i cittadini riconoscono. Quando si chiudeva un ospedale, per quanto scalcagnato, si creavano i comitati dei cittadini contro la chiusura. Adesso abbiamo l’occasione di dare ai cittadini un luogo fisico aperto sette giorni su sette e che si prendono in carico il problema del cittadino anche immediato. Si dovrà prendere in carico una comunità”.

“I medici di medicina generale, peraltro, avranno un aiuto sia organizzativo che burocratico, oltre agli infermieri di famiglia. Una situazione quindi di sviluppo che ci porterà ad un livello ancora più apprezzato. Anche l’agenda dei medici di base deve essere nelle mani dei direttori generali delle Asl, solo così si potrà lavorare sul nuovo modello organizzativo- rimarca Mantoan- Quando avremo avviato il modello ci sarà da fare un grande lavoro culturale, credo siano tutti consapevoli della grande sfida, tutti stanno facendo qualcosa per cambiare ciò che non si è cambiato in venti anni. Bisogna prepararsi, tutti, per attivare il cambio di organizzazione e anche sociale”, conclude Mantoan.

LORUSSO: “STRATEGIA TRASFORMAZIONE DIGITALE ELABORATA CON ALTRI MINISTERI”

“Le sfide sono tante ma il percorso è iniziato con il piede giusto, ci saranno cose da migliorare ma la direzione è corretta. La strategia sulla trasformazione digitale del SSN non nasce tra le quattro mura del ministero della Salute ma con gli altri ministeri proprio perché il disegno è complessivo, non parziale. Un percorso avulso dagli altri progetti o dalla strategia nella sua interezza sarebbe stata una perdita di risorse e di tempo”. Lo afferma Stefano Lorusso, già capo segreteria tecnica del ministero della Salute e ora coordinatore del gruppo che lavora sul Pnrr, intervenendo all’incontro ‘La casa come luogo di cura’.


“Questa è una delle prime iniziative- prosegue Lorusso- che affronta il tema del Dm71 in modo organico e l’organizzazione del convegno riflette la partecipazione con cui si sta contribuendo alla stesura del decreto. Nel modello organizzativo che stiamo scrivendo stiamo recuperando il ruolo delle Usca e in particolar modo le UsCovid, che avete costituito qui a Viterbo. Ricordiamo anche da dove nasce il Dm70, il primo documento che ha differenziato tra hub e spoke, concepito nel 2012 per essere approvato nel 2015. E’ stato però percepito come depotenziamento della sanità perché non è stato accompagnato da misure specifiche per la medicina territoriale- ammette Lorusso- Il Dm71 contiene un nuovo approccio, proprio per invertire la rotta: investimenti sull’assistenza territoriale, per la presa in carico, e rivalutazione del Dm70”.

“Stavolta abbiamo le risorse per intervenire e la consapevolezza degli errori e dei punti di forza- spiega Lorusso- in questo ragionamento si inserisce il Pnrr, con cui le maggiori risorse le investiamo nell’assistenza a domicilio, perchè il target che ci siamo dati è raggiungere il 10% delle persone over 65 a domicilio”.

Per Lorusso, che coordina il gruppo di lavoro sul tema, “Le risorse del Pnrr creeranno una struttura di presa in carico, in questo senso il progetto è in capo all’Agenas. Ma poi c’è il secondo livello che è la casa della comunità, che avrà aspettative nuove rispetto alle case della salute già esistenti-evidenzia Lorusso- La parola comunità ha un senso profondo: quel luogo deve diventare riconoscibile per l’integrazione socio-sanitaria, dove trovare servizi sociali e dare spazio alle associazioni. Non vi sarà solo la medicina ma una valutazione e una presa in carico multidimensionale. Ci sarà altresì un grande investimento sugli ospedali di comunità per i quali servirà potenziare la rete comunitaria dell’assistenza”.

“Il Pnrr agisce per centri concentrici su cui si innesta un asse trasversale- ricorda Lorusso- gli investimenti per il digitale, che permetterà una rivoluzione copernicana a partire dal fascicolo elettronico, un grande repository nazionale e quelli locali in grado di gestire i dati che dovranno nascere già digitali. Poi c’è il problema del personale: serve superare il tetto delle assunzioni che non hanno alcun razionale. Inoltre servirà fare un intervento di modifica sulla medicina convenzionata, integrando le cure primarie e i servizi messi a disposizione dalle Asl, si deve lavorare nell’ottica di una rivisitazione complessiva. Serve un’integrazione tra sistemi, strumenti e risorse”, conclude Lorusso.

BELLENTANI: “CON LA LEGGE DI BILANCIO SI AFFRONTERÀ IL TEMA DELLA PRIVACY”

“È necessario che chi lavora sul territorio esca dal contenitore unico, la stratificazione del rischio della popolazione ci dice che possiamo identificare dei target di intervento per azioni mirate. Il garante della privacy, l’altro grande tema, ci sta facendo ‘neri’, con la legge di bilancio si affronterà la questione; stiamo lavorando affinché ci sia una linea generale a livello nazionale per la stratificazione ai fini della salute. Dobbiamo chiederci, per esempio, chi è il soggetto fragile, con una valutazione multidimensionale; cercheremo di creare un gruppo di livello nazionale per costruire il percorso graduale sulla valutazione multidimensionale”. Lo afferma Maria Donata Bellentani, direttrice dell’ufficio II del ministero della Salute, Direzione e programmazione sanitaria, nell’ambito della due giorni ‘La casa come luogo di cura’, organizzata dall’Asl di Viterbo, presso l’aula magna dell’università della Tuscia.

DAVOLI (DEP): “STRATIFICARE IL RISCHIO PER I BISOGNI DI SALUTE”

“Ogni territorio può conoscere la stratificazione del rischio nella popolazione della regione attraverso le cronicità e la qualità dell’assistenza. In Regione Lazio valutiamo a livello di distretto, di Asl e di azienda, la complessità clinica della patologia e nel caso di Viterbo misuriamo 300mila persone con multicronicità, con co-morbidità, e a rischio morte nei prossimi cinque anni. La stratificazione è utile per capire quali priorità vogliamo darci e possiamo farlo con una valutazione complessiva che tenga conto delle cronicità, del consumo dei farmaci, dell’indice di complessità, i Lse/istruzione, la composizione della famiglia, l’esposizione ad ambientali. Lo stato di salute del cittadino non dipende solo dal sistema sanitario, ma dal livello economico, sociale e culturale perché la popolazione più svantaggiata si ammala di più essendo soggetta a più fattori di rischio”. È Marina Davoli, direttrice del dipartimento di epidemiologia della regione Lazio, a spiegare il senso della stratificazione del rischio e della necessità di un modello condiviso nella valutazione dei bisogni assistenziali del territorio, nell’ambito della due giorni ‘La casa come luogo di cura’ organizzato dall’Asl di Viterbo, nell’aula magna dell’Università della Tuscia.

“I punti di forza di questo sistema – prosegue Davoli – sono l’integrazione delle informazioni e dei dati tra i vari enti locali e i livelli di assistenza, i sistemi informativi che corrono veloci, ma non tutti. Abbiamo però un problema grande rappresentato dal divieto di fare la stratificazione del rischio imposto dal Garante della privacy. La valutazione degli interventi, quindi, va fatta su alcuni indicatori ma va costruito un sistema che tenga conto dell’assistenza territoriale da più punti di vista, non solo sulla possibilità di ospedalizzazione perchè il Covid ce lo ha insegnato: tante ospedalizzazioni non significano diversificazione dell’assistenza e soddisfacimento del bisogno di assistenza dei pazienti”, avverte la direttrice.

“Un paziente diabetico – prosegue – che si ospedalizza per le complicanze ha un problema che viene da lontano. La stratificazione del rischio ci permette di valutare i bisogni di salute sul territorio, in termine di management ma anche di case management perchè abbiamo bisogno di sapere la vulnerabilità sociale, il livello di multicronicità. Ma resta sullo sfondo il tema della privacy, ovvero l’impossibilità di scandagliare il livello di dettaglio sulla stratificazione”, chiosa Davoli.

STUMBO (LAZIOCREA): “NON DEVE ESSERE IL PAZIENTE A MUOVERSI, MA I DATI”

“Per la prima volta questo Paese ha messo al centro un piano programmatico chiaro, sulla base del Pnrr, e per la prima volta sta lavorando al progetto prima di partire. Finora abbiamo ragionato alla luce della mancanza di operatività e di dati asettici, ora invece partiamo dal paziente e dai dati che si contaminano e si muovono, proprio perchè non deve essere il paziente che si muove ma la medicina che deve essere predittiva, che anticipa i bisogni, che studia con i dati. I dati devono venire prima, non come esito finale, ma come premessa per capire e agire”. Lo afferma Maurizio Stumbo, direttore dei sistemi informativi di LazioCrea, nell’intervento ‘L’evoluzione dei sistemi informativi territoriali’, nell’ambito della due giorni ‘La casa come luogo di cura’, organizzato dall’Asl di Viterbo, presso l’università della Tuscia.

“Per realizzare il fascicolo sanitario – spiega Stumbo – il Pnrr si baserà su una piattaforma unica che mette in contatto l’assistito con l’assistenza territoriale, indipendentemente se il paziente si trova nel luogo di residenza. Due elementi che mi sono molto cari, su cui agiremo: trovare il giusto equilibrio tra mondo fisico e mondo digitale, questa deve essere l’innnovazione. La televisita, per esempio è fondamentale, lo abbiamo visto con il Covid, ma il luogo fisico deve rimanere centrale. Poi c’è il dato ibrido che significa un’informazione che scorre, si contamina e restituisce il contesto di vita del paziente”.

“Se pensiamo alla campagna vaccinale – osserva Stumbo – quello che ci ha permesso di avviare la prenotazione della dose in pochi secondi è dovuto alla capacità di aver intessuto un’assistenza territoriale importante, in cui i dati hanno lavorato non come esito finale ma come punto di partenza”, conclude il direttore di LazioCrea.

FEDERSANITÀ: “COINVOLGERE ISTITUZIONI SU INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA”

“Ieri a Parma nell’assemblea Anci abbiamo parlato proprio di questo: della sensibilità della classe politica di questo Paese per la salute che inizia già nella fase di programmazione urbanistica della città. Tutte le istituzioni devono essere coinvolte su questo: o lo facciamo tutti insieme o non riusciremo”. Lo afferma Tiziana Frittelli, presidente Federsanità Anci nel suo intervento ‘La sinergia progettuale ai tempi del Pnrr tra aziende sanitarie e Comuni’. “Per le due missioni del Pnrr, 5 e 6, abbiamo un impegno di 30 miliardi che sarà una sfida tenere insieme- sottolinea Frittelli- perché la missione 6 è appannaggio del ministero della Salute, mentre la 5 è appannaggio del ministero del Lavoro e delle politiche sociali. La realizzazione del Pnrr è condizionata all’applicazione di una serie di riforme per liberare l’Italia da una serie di vincoli burocratici, a partire dalla legge quadro sulla disabilità. In questi anni abbiamo assistito a un sistema di presa in carico sanitaria assistenziale che pur con molti limiti si è dimostrata davvero universalistica, mentre non è così dal punto di vista sociale: del resto abbiamo i Lea ma non abbiamo i Lep”, osserva la presidente.

“Come Federsanità stiamo spingendo per integrare la missione 5 e la 6, parlando quindi di integrazione socio-sanitaria. Con questo scopo tra Anci e Federsanità abbiamo fatto un accordo per un osservatorio sulle buone pratiche per l’integrazione socio-sanitaria con l’aiuto di Agenas”, annuncia Frittelli. La Regione Toscana “si occuperà delle linee guida perché ha una legge regionale che lavora su questo da diverso tempo, mentre al Veneto abbiamo assegnato il coordinamento. Questa è una garanzia di operatività. Bisogna intervenire sulle riforme settoriali con l’obiettivo di arrivare ad un piano nazionale su questa integrazione- aggiunge- con coordinamento tra patto della salute e patto sociale. I livelli di integrazione attualmente sono diversi ma noi crediamo ad un approccio sistemico, con una dimensione programmatoria, con un’attivazione di rete comunitarie di prossimità. Dovremo muoverci creando un sistema sostenibile nel tempo- avverte la presidente- ma con una leva di cambiamento culturale importante perchè gli investimenti del Pnrr sono strutturali, non possiamo permetterci cattedrali nel deserto. Sarà un lavoro enorme ma è la strada su cui camminare”, conclude Frittelli.

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