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Giovani, know-how e università: le scommesse di ‘Italia Africa Business week’

Ecco i nodi e gli impegni discussi oggi nel corso di un webinar di Italia Africa Business Week

Pubblicato:10-11-2020 18:44
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:13

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ROMA – Triangolazioni, visione strategica, partenariati: parole chiave, con al centro l’Italia e l’Africa, non guardando solo alla dimensione istituzionale e politica ma anche al ruolo delle imprese e della società civile. Senza dimenticare i giovani e dall’impegno per la formazione. Questi i nodi e gli impegni discussi oggi nel corso di un webinar di Italia Africa Business Week. Anche al di là del titolo: ‘Strategie per l’internazionalizzazione delle imprese italiane verso l’Africa nel post-Covid-19’.

DIOMA (BUSINESS WEEK): “CREARE UN PONTE ITALIA-AFRICA”

L’Africa e’ “davvero interessata” all’Italia, vista come un modello per la sua capacita’ di adattarsi sul piano industriale, per i suoi cluster produttivi e per il suo know-how: lo ha sottolineato Cleophas Dioma, presidente di Italia Africa Business Week, ricordando l’esperienza delle prime edizioni della manifestazione.

Al centro del suo intervento l’impegno a costruire “un ponte” tra due continenti attraverso il Mediterraneo. “C’eravamo gia’ resi conto nelle prime tre edizioni che l’Africa era davvero interessata all’Italia” ha detto Dioma. “Da parte africana si sa che l’Italia ha dato molto a livello di organizzazione delle imprese: ci sono cluster e know-how importanti sia per l’agrobusiness che per la commercializzazione dei prodotti”.


Secondo Dioma, “a sud del Sahara purtroppo tanti beni sono buttati perche’ non esiste una catena del freddo e di stoccaggio”. Anche per questo sarebbe necessario favorire i rapporti e lo scambio di conoscenze, pure in una fase complessa come quella segnata dalla pandemia di Covid-19.

“Come afroitaliani dobbiamo facilitare queste relazioni tra i nostri Paesi d’origine e l’Italia” ha detto Dioma. Convinto che “se l’economia italiana funziona, funziona anche per noi e consente di creare portare sviluppo in Africa”.

In primo piano, nell’intervento, la capacita’ italiana di adottarsi. “Lo hanno confermato imprese come Ferrari e Armani, che hanno cominciato a produrre soluzioni per lottare contro il Covid-19” ha detto Dioma: “E’ proprio questa capacita’ che ha fatto dell’Italia dopo la Seconda guerra mondiale una grande potenza industriale“.

Secondo il presidente, d’altra parte, costruire un ponte non ha un valore solo economico ma e’ anche “un segno di amore” per lo sviluppo e anche i diritti umani.

MARCHETTI (LUISS): “VALORIZZIAMO L’OPPORTUNITÀ AFRICA”

I rapporti economici e politici di lungo termine si costruiscono solo investendo nella mobilita’ giovanile e nella cooperazione universitaria: cosi’ oggi Raffaele Marchetti, rettore aggiunto della Luiss per l’internazionalizzazione, nel corso di un webinar ospitato da Italia Africa Business Week.

Al centro della riflessione la necessita’ di un approccio “strategico” dell’Italia e dell’Europa nei confronti dell’area subsahariana. Marchetti ha evidenziato l’impegno del suo ateneo per l’internazionalizzazione, anche in Africa, con presenze e progetti di collaborazione gia’ attivi dal Ghana al Kenya passando per la Tunisia.

“Abbiamo studenti africani che torneranno poi nei loro Paesi di origine e potranno avere un ruolo come classe dirigente” ha detto il rettore aggiunto della Luiss. Convinto che pero’, in Italia ancora piu’ che altrove in Europa, la strada da percorrere resti lunga. “Abbiamo ancora pochi studenti italiani in Africa e pochi studenti africani in Italia, soprattutto se confrontiamo i nostri dati nazionali con quelli di altri Paesi europei” ha denunciato Marchetti. “Dobbiamo invece fare un grande investimento, con una prospettiva di lungo periodo, per far si’ che i nostri giovani vadano in Africa a studiare e viceversa”.

L’assunto e’ che il sistema accademico puo’ contribuire a elaborare e a mettere a fuoco la visione giusta, anche contrastando rappresentazioni scorrette da parte delle politica o dei media. “Bisogna triangolare con le istituzioni e con le aziende per acquisire una prospettiva a 360 gradi” ha concluso Marchetti. “Solo cosi’ potremo operare in sinergia, su piu’ dimensioni, cogliendo ricchezze e opportunita’ in uno spazio che e’ necessariamente afroeuropeo“.

FELIHO (BENIN): L’ITALIA PUNTI SUL ‘MADE IN AFRICA’

Italia piu’ “Made in Africa” uguale qualita’ ed eccellenze, capaci di conquistare non solo i mercati subsahariani ma anche quelli europei: parola di Albin Feliho, presidente della Confederazione nazionale degli imprenditori del Benin.

Una riflessione, la sua, che ruota attorno alla necessita’ di condividere buone pratiche, tecnologie e know-how. “Le imprese italiane – ha detto Feliho – potrebbero appoggiarsi alla produzione locale del Benin, garantendo know-how e rendendo il ‘Made in Africa’ molto piu’ forte e con le carte in regola per penetrare nella vicina Nigeria, un mercato da 200 milioni di persone”.

Secondo il presidente della Confederazione, il modello potrebbe essere replicato in diversi Paesi dell’area subsahariana. La prospettiva, in Benin come altrove, dal Senegal all’Africa centrale, e’ la realizzazione e la commercializzazione di prodotti interessanti anche per il mercato europeo. “Una mancanza di produzione locale – ha aggiunto Feliho – puo’ essere colmata dalle tecnologie italiane, guardando sia all’Africa che ai mercati Ue”. 

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