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Influenza, Simit: “Più aggressiva dello scorso anno? E’ Rituale”

Per saperne di piu' abbiamo intervistato il presidente della Societa' italiana di Malattie Infettive e Tropicali, Massimo Galli

Pubblicato:10-11-2017 17:02
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:53

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ROMA – Starebbe facendo rotta sull’Italia un virus influenzale particolarmente aggressivo proveniente dall’Australia. E mentre nel continente rosso ha gia’ fatto 52 vittime, anche tra giovani e bambini, nel nostro Paese promette di mettere a letto per la stagione 2017-2018 circa 5 milioni di persone, oltre agli 8-10 milioni di sindromi provocate da altri virus respiratori. Ma c’e’ davvero da preoccuparsi? Per saperne di piu’ abbiamo intervistato il presidente della Societa’ italiana di Malattie Infettive e Tropicali, Massimo Galli. “Quello di dire ogni anno che l’influenza sara’ peggiore rispetto a quello precedente mi sembra un po’ un rituale- rassicura l’esperto- e non ci sono particolari motivi per sottolineare una maggiore aggressivita’ per questa stagione”.

Sara’ un anno interpandemico con un solo nuovo virus, una variante dell’A/H1N1 detta Michigan, gia’ inserita nel vaccino; gli altri saranno gli stessi dello scorso anno, cioe’ l’A/H3N2 Hong Kong e i due virus B.B/Brisbane e B/Phuket. “Da quanto sappiamo- prosegue Galli- non dovrebbe essere niente di diverso da quello che piu’ o meno e’ atteso rispetto agli anni precedenti. C’e’ solo la possibilita’ di un maggiore impatto dato dal fatto che abbiamo dovuto cambiare anche una componente nel vaccino, perche’ appunto ci si aspetta una variante nuova, non micidiale, che rischia di mettere a letto piu’ persone”.

A vaccinarsi devono essere soprattutto le persone piu’ a rischio, perche’ sta arrivando qualcosa “di un po’ diverso dall’anno prima, tanto e’ vero che ci si e’ attrezzati modificando il vaccino”. Quanto alle previsioni che parlano di 5 milioni di persone che si ammaleranno, secondo Galli dipendera’ anche dal tasso di vaccinazione “in relazione al fatto che, quando circola qualcosa di diverso, che ci da’ una problematica diversa, questo puo’ darci un numero maggiore di persone con influenza”.


Il picco influenzale e’ previsto intorno a febbraio. Spiega infatti il presidente Simit: “Sapete perche’ ‘febbraio’ si chiama cosi’? Perche’ gia’ al tempo dei romani c’era la ‘Dea Febris’, cioe’ la ‘Dea della febbre’. Il piccolo influenzale nel nostro emisfero, in realta’, di solito e’ a gennaio e si sposta tra l’inizio e la fine di quel mese andando talvolta anche verso febbraio”. Ma ogni anno questo puo’ cambiare per una serie di contingenze: l’anno scorso, per esempio, il picco e’ stato nettamente anticipato ad una settimana prima di Natale. “Il che ha bruciato anche un po’ il discorso della vaccinazione- spiega Galli- nel senso che chi l’ha fatta piu’ in ritardo di altri potrebbe essersi trovato a mal partito, in quanto non ancora perfettamente coperto e garantito”.

D’altro canto le vaccinazioni non offrono una copertura totale al 100%, perche’ ci sono fattori individuali “che fanno si’ che una persona sia piu’ o meno riattiva e quindi riesca a beneficiare piu’ o meno della vaccinazione. Le vaccinazioni, ad ogni modo, restano uno strumento valido nella grande maggioranza dei casi- sottolinea l’esperto- e anche il piu’ robusto che abbiamo per rimanere fuori da questo ‘guaio’ dell’influenza”. E quest’anno, se le persone decideranno di vaccinarsi come devono, magari ci potremmo trovare “in una situazione in cui godono meno le pompe funebri”, dice il presidente Simit.

Non si tratta insomma di farsi solo una settimana con il naso che ‘cola’, perche’ ci sono situazioni influenzali che possono essere “veramente molto piu’ gravi”. Il nostro problema maggiore, spiega Galli, e’ che siamo un ‘Paese anziano’ “con molti grandi anziani che d’abitudine non si vaccinano. Ora, un grande anziano oppure una persona portatrice di una qualche comorbosita’ sono a maggior repentaglio e, se si ammalano di influenza, rischiano di andare all’altro mondo”.

 

 


Nel 2015, sempre a causa dell’influenza, abbiamo avuto un numero di morti molto superiore a quello dell’anno precedente, nell’ordine di qualche decina di migliaia, soprattutto fatto da grandi anziani. “Ora e’ anche vero che i grandi anziani sono probabilmente aumentati in assoluto- dice Galli- e questo per molti motivi, soprattutto legati al fatto che quelle generazioni arrivate ad 85/90 anni erano quelle successive al buco demografico avvenuto durante la Prima guerra mondiale, quando e’ nata meno gente e sono morti molti possibili genitori.

Pero’, a maggior ragione, visto che ormai siamo un Paese con molti grandi anziani, se non li vacciniamo sara’ un disastro”. Negli anziani ultra 65enni, nell’ultimo anno, c’e’ stato un tasso di vaccinazione del 52% che, secondo il presidente Simit, fa “veramente pena, tenendo conto che gli obiettivi di massima dell’Organizzazione mondiale della Sanita’ sono fissati al 95% e quelli di minima al 75%. Quindi siamo veramente in una situazione molto lontana da questi obiettivi, in buona compagnia – per carita’ – di tanti altri Paesi occidentali. Allo stesso modo- sottolinea Galli- e’ molto basso il tasso di vaccinazione influenzale delle persone che hanno per esempio patologie croniche, cardiopatici, asmatici, broncopneumopatici, o persone con artrite reumatoide. Anche in questo caso abbiamo una condizione molto bassa in tutta Europa, non solo da noi. Ma se mettiamo insieme tutti questi dati l’indicazione e’ a vaccinarsi e non a sperare di cavarsela”. E invece i bambini? Su di loro il discorso e’ complesso e ci sono discussioni a non finire.

Commenta il presidente Simit: “In molti Paesi danno l’indicazione della vaccinazione anche ai bambini come accesso indicato e diretto. Per quanto riguarda l’Italia, invece, si lascia la decisione e l’orientamento al pediatra e alla famiglia. Ma francamente l’idea di vaccinare i bambini, per quanto mi riguarda, mi trova favorevole”. Anche il bambino puo’ avere una serie di complicanze legate all’influenza, anche se e’ vero che le numerose infezioni delle prime vie aeree virali che interessano i bambini, soprattutto in alcune fasce dell’infanzia, hanno molte volte reso impopolari l’idea della vaccinazione, perche’ tanto, alcuni pensano, il bambino l’influenza la prende lo stesso. Ma non e’ vero: non prende l’influenza, ma purtroppo puo’ prendere tutte quelle altre infezioni virali che, nell’ambito dell’infanzia, possono essere facilmente trasmesse e- conclude infine Galli- sono veramente parecchie nel periodo della scuola materna”.

di Carlotta Di Santo, giornalista professionista

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