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ROMA – Non è importante dove ma è importante cosa. Bene allora l’hub dell’intelligenza artificiale in Italia al via nel 2025 a condizione che l’Ia sia usata per le persone, creando opportunità, per l’Africa e i suoi giovani. Ne è convinto Tonee Ndungu, fondatore in Kenya di Kitabu, una startup che offre soluzioni tecnologiche per insegnanti, studenti, scuole e università. L’intervista dell’imprenditore con l’agenzia Dire si tiene a Palazzo Brancaccio, a margine di una riunione del G7 segnata dall’annuncio della prossima nascita di un “Ai Hub per lo sviluppo sostenibile”. Un nuovo riferimento a livello internazionale che, secondo Adolfo Urso, ministro per le Imprese e il made in Italy, guarderà anzitutto all’Africa. Autore e conduttore della serie web ‘My African Startup Story’, un viaggio nelle novità imprenditoriali del continente, Ndungu è a Palazzo Brancaccio insieme con altri innovatori del continente, giunti da Paesi differenti, dalla Tunisia come dalla Costa d’Avorio.
“Credo che la location fisica dell’hub per l’intelligenza artificiale, che sia l’Italia o altrove, non sia in realtà decisiva” spiega l’imprenditore. “La cosa importante è piuttosto l’impatto che l’Ia avrà; e credo che l’Africa possa essere sia uno dei beneficiari principali sia un contributore importante, anche sul piano dei dati, relativi a questioni cruciali da affrontare, come la lotta alla povertà e alla disoccupazione, la salute o le esigenze di stabilizzazione di situazioni instabili”. Bene la presidenza italiana del G7, insomma, anche se il punto è un altro. “Ciò che conta sono i dati e il lavoro delle startup dell’Ia, come Kitabu, che è impegnata nelle tecnologie per l’istruzione e fornisce soluzioni per insegnanti, studenti e istituzioni educative che siano economiche e allo stesso tempo abbiano impatto”. Lo startupper continua: “Credo che l’intelligenza artificiale sia una cosa rivoluzionaria, proprio come lo furono le tecnologie dell’informazione negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso; se usata bene, può dare forza e diritti alla maggioranza dei giovani africani”. Nel continente l’età media della popolazione si aggira attorno ai 19 anni. “I giovani devono trarre vantaggio dall’Ia”, sottolinea Ndungu, “sul piano dell’uguaglianza e delle opportunità economiche”.
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Di esempi ne arrivano anche dal Kenya. “Le classi hanno in media un solo insegnante per 30 alunni” calcola il fondatore di Kitabu. “Per aiutare l’apprendimento e ridurre il peso sulle spalle dei docenti abbiamo puntato sul cosiddetto ‘large language model’: con l’Ia forniamo agli studenti tutor personali che dialogano con loro in lingua swahili supportandoli durante le lezioni”. Il risultato? “Gli insegnanti risparmiano la metà del loro tempo, mentre gli alunni fanno sei volte meglio” dice Ndungu. “Garantiamo agli insegnanti il diritto di essere sostenuti e agli studenti il potere di imparare in modo personalizzato, con costi minori”. Secondo il fondatore di Kitabu, gli studenti dell’Africa impareranno non solo lo swahili “ma anche magari il tedesco e l’italiano”.
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