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In Mozambico aumentano gli sfollati, Ruscio: (Avsi): “Da maggio 250mila in più”

La coordinatrice: "Ora sono 950mila. Con la nuova ondata di attacchi, sospeso il piano per il ritorno a casa"

Pubblicato:10-09-2022 12:31
Ultimo aggiornamento:10-09-2022 12:31

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Foto: Fondazione Avsi

ROMA – “Da maggio scorso gli attacchi in Mozambico sono ripresi con intensità e hanno riguardato per la prima volta aree di Cabo Delgado che fino a quel momento erano state risparmiate: si tratta dei distretti di Metoro, Ancuabe e Chiure. Il numero degli sfollati è passato in poco tempo da 700mila ai circa 950mila che si contano ormai oggi”. Miriam Ruscio è coordinatrice dei programmi dei Paesi del Sud Est dell’Africa della Fondazione Avsi basata a Nord del Mozambico per appoggiare la risposta alla crisi, e parla con l’agenzia Dire da Pemba, capoluogo di Cabo Delgado, regione tornata all’attenzione delle cronache dopo l’assassinio di suor Maria De Coppi. La religiosa comboniana è stata uccisa nella sua missione a Chipene, nella provincia di Nampula, da una milizia ribelle che dal 2017 minaccia il nord del Paese. Il luogo dell’assalto conferma le parole di Ruscio: Nampula è a sud di Cabo Delgado, quindi il raggio d’azione dei ribelli sembra essersi allargato ulteriormente.

Qui, come ricorda la stampa locale, dopo la scoperta di un immenso giacimento di gas naturale sono arrivate a stringere accordi col governo multinazionali da tutto il mondo (dall’italiana Eni alla francese Total, fino alla cinese Cnpc e all’americana ExxonMobil), con ben pochi miglioramenti per le popolazioni locali in termini di posti di lavoro e benessere, stando alle denunce della società civile.
Una situazione che ha anche favorito secondo alcuni analisti “l’arruolamento” dei giovani da parte dei miliziani. E quando è scoppiata la guerra in Ucraina, e i Paesi occidentali si sono trovati a cercare fornitori di energia alternativi alla Russia, anche il governo Draghi ha stretto nuovi accordi con Maputo dopo una missione dei ministri degli Esteri e della Transizione ecologica, Luigi Di Maio e Roberto Cingolani di aprile. A maggio poi, la ripresa delle violenze, un fatto che per gli osservatori più attenti potrebbe non essere casuale.


LE NUOVE VIOLENZE CHE OSTACOLANO I RITORNI

“Ciò che più dispiace- dichiara la coordinatrice Avsi- è che a causa di questi nuovi attacchi si è posto fine a un periodo di relativa stabilità che aveva permesso al governo di lavorare a un piano per il ritorno a casa degli sfollati. Sono stati stanziati anche fondi per la ricostruzione in collaborazione con la Banca mondiale e le agenzie delle Nazioni Unite. La gente vuole far ritorno in città e villaggi ma se non trova più una casa, i servizi o modi per lavorare, come fa?”.

IL SOSTEGNO DI AVSI NEI CAMPI PROFUGHI

L’organizzazione tiene il polso della situazione: “Noi di Avsi lavoriamo con gli sfollati per fornire aiuti e servizi di base nei campi – gestione delle strutture, distribuzione di cibo e servizi per la salute – dove la sfida è molteplice: ci sono famiglie che vi risiedono dal 2017, altre che si spostano e altre ancora appena arrivate in seguito agli ultimi attacchi”.

La gente, conclude Ruscio, “ha paura. Periodicamente qualcuno compie sopralluoghi nelle zone d’origine per constatare che non si può ancora tornare. Ma la speranza è forte“.

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