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Lo sfogo di Michela Di Biase: “Basta chiamarmi Lady Franceschini, è misogino e maschilista”

La consigliere regionale del Lazio ripercorre la sua carriera, in vista della candidatura per le prossime Politiche: "Sono sempre stata votata, non nominata"

Pubblicato:11-08-2022 12:43
Ultimo aggiornamento:11-08-2022 12:43

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ROMA – “Descrivermi come ‘la moglie di‘ è in primo luogo ingiusto e, cosa molto più grave, è frutto di una cultura maschilista che vuole raccontare le donne non attraverso il loro lavoro, la loro storia ma attraverso l’uomo (marito, padre, fratello) che hanno accanto”. Michela Di Biase ha detto stop. Dopo giorni in cui si è parlato della sua candidatura in Parlamento per le prossime politiche (al pari di quella di Elisabetta Piccolotti, consorte di Nicola Fratoianni) come di quella “della moglie di Dario Franceschini“, la consigliera regionale del Pd nel Lazio ha deciso di ribattere su Facebook.

“Per molti anni ho scelto di non commentare articoli di giornali e le tante parole spese sul mio conto quando, ad ogni passaggio che ha contraddistinto il mio impegno politico, sono stata descritta come la ‘moglie di’ o ‘Lady Franceschini’ – ha scritto Di Biase sul social – Ora però non posso non farlo, non soltanto perché le reputo profondamente ingiuste ma perché proprio contro questo atteggiamento misogino e maschilista ho sempre lavorato, nelle istituzioni con atti a sostegno delle donne e contro la discriminazione delle nostre ragazze in ogni campo”.

“Non posso tacere – ha proseguito Di Biase – perché sono madre di figlia femmina e l’esempio che voglio dare a lei e alle bambine come lei è che nessuno può permettersi di svilirci, sminuirci, mettere in discussione ciò che siamo, il lavoro che abbiamo fatto, i nostri sogni. Sì, sono la moglie di un uomo che come me fa politica, ci siamo conosciuti grazie alla militanza, come spesso accade a molti sul luogo di lavoro. Non lo conoscevo ancora quando per la prima volta mi sono candidata nel mio Municipio, a 26 anni, unendo all’impegno politico, l’università e il lavoro – ha rimarcato la consigliera regionale dem – Sono stata consigliera municipale per due mandati, prima degli eletti e sono stata la prima capogruppo donna dei miei quartieri: Alessandrino, Centocelle, Tor Sapienza, Quarticciolo, La Rustica”.


Poi “sono stata eletta in Consiglio comunale a Roma, sempre chiedendo alle persone di scrivere il mio nome sulla scheda elettorale – ha continuato Di Biase – Nel 2016, dopo aver ricoperto il ruolo di presidente della commissione Cultura, sono stata la prima degli eletti e sono diventata capogruppo del Partito Democratico nell’Assemblea capitolina mentre era sindaca Virginia Raggi. Da lì, sono stata eletta in Regione Lazio dove sono stata la seconda consigliera più votata. Nominata? No, votata”.

Di Biase ha rivendicato di avere “sempre chiesto la fiducia dei cittadini, che hanno scritto anche in quella circostanza circa 15mila volte Di Biase sulla scheda. Sono 16 anni che rappresento il Partito Democratico nelle istituzioni, 16 anni di incontri, dibattiti, militanza, gioia, condivisione di obiettivi comuni. Ora, descrivermi come ‘la moglie di’ è in primo luogo ingiusto e, cosa molto più grave, è frutto di una cultura maschilista che vuole raccontare le donne non attraverso il loro lavoro, la loro storia ma attraverso l’uomo (marito, padre, fratello) che hanno accanto. Il Partito Democratico sia romano e regionale ha messo il mio nella rosa di nomi per le candidature alle prossime elezioni politiche, di questo sono orgogliosa e grata. Grata perché quella che da sempre è la mia comunità ha riconosciuto il mio lavoro ed il mio impegno di questi anni”.

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