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Inps, primo semestre del 2015: i contratti a tempo indeterminato crescono del 36%

Le assunzioni a tempo indeterminato sono aumentate del 36%

Pubblicato:10-08-2015 09:25
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:29

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Le assunzioni a tempo indeterminato sono aumentate del 36% nei primi 6 mesi del 2015. Questo il dato incoraggiante emerso dallo studio che l’Inps ha condotto sullo stato dell’occupazione nel nostro paese, attraverso ‘l’Osservatorio sul precariato giugno 2015’. Mettendo a confronto i dati di questo primo semestre con lo stesso periodo di tempo dell’anno precedente, è emerso un significativo incremento dei nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato nel settore privato (+252.177), mentre rimangono sostanzialmente stabili i contratti a termine. In calo invece le assunzioni in apprendistato, che scendono di 11.500 unità rispetto al 2014.

Guardando i dati più da vicino, si osserva che le trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti di lavoro a termine, comprese le “trasformazioni” degli apprendisti, sono state 331.917, toccando quindi quota più 30,6% nello stesso periodo del 2014. Pertanto, la quota di assunzioni con rapporti stabili sul totale dei rapporti di lavoro attivati/variati è passata dal 33,6% dei primi sei mesi del 2014 al 40,8% dei primi sei mesi del 2015.

Per quanto riguarda il tipo di lavoro, cresce la quota di impiegati e quella di lavoratori full time rispetto al part time. L’indicatore non distingue tuttavia tra la tipologia del contratto stupilato.


“I dati diffusi dall’Inps dicono che siamo sulla strada giusta contro il precariato e che il Jobs Act è un’occasione da non perdere, soprattutto per la nostra generazione”, ha commentato il premier Matteo Renzi, tuttavia non è tutto rose e fiori.

Sebbene tra le regioni italiane si riscontrino numeri positivi tra le regioni del centro nord (tra cui quella a segnalare il maggior numero di assunzioni a tempo indeterminato è il Friuli-Venezia Giulia, con un 82,9% in più rispetto alla media nazionale), il sud arranca: è qui infatti che si individuano i risultati peggiori, con maglia nera alla Sicilia (+12,1%), seguita da Puglia (+18,8%) e Abruzzo (+19,4%).

Anche il salario cresce poco: sebbene i nuovi rapporti di lavoro con retribuzioni mensili inferiori a 1.000 euro diminuisca di 1,0 punti, analoga diminuzione si riscontra nella fascia retributiva immediatamente superiore (1.001-1.250 euro), la cui incidenza passa dall’8,8% del 2014 all’8,1% del 2015. Nessuna variazione significativa riguarda poi la fascia retributiva che partendo dai 1.250 euro mensili, arriva a 3.000. Si osserva infine un aumento dei voucher, il cui uso aumenta del 74,7% con punte del 95,2% e dell’85,3% rispettivamente nelle regioni insulari e in quelle meridionali del Paese.

Di Vittorio Di Mambro – Giornalista Professionista

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